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"Linee guida per un uso corretto dei videoterminali"
di PuntoSicuro / Sicurezza sul lavoro
14/10/2011 -
Videoterminali e computer sono strumenti con cui si trovano
a che fare oggigiorno sempre più lavoratori, anche se per un numero
diversificato di tempo. E di conseguenza in questi anni sono stati prodotte
molte guide, manuali e opuscoli, ad esempio dalle varie Università per
prevenire i vari disturbi che i computer possono determinare. Non è inusuale
per uno studente, come per un lavoratore che passa molto tempo seduto al
videoterminale (VDT), avvertire infatti
sintomi
di fatica muscolare, visiva o nervosa.
Il
documento, che segue altri documenti e opuscoli prodotti in questi anni
dall’area Ambiente e Sicurezza dell’Università pavese, specifica le precauzioni
generali che devono essere adottate in funzione “dell’utilizzo sistematico ed
abituale di un videoterminale, con particolare riferimento agli aspetti ergonomici e sanitari ad esso connessi”.
Per
prevenire questi disturbi PuntoSicuro torna a presentare alcuni documenti
specifici sul rischio dei VDT, ad esempio un documento prodotto dall’ Università di Pavia dal titolo “
Linee
guida per il corretto utilizzo dei videoterminali - Requisiti ambiente di
lavoro”, un documento aggiornato al Decreto legislativo 81/2008.
Vediamo
alcune delle indicazioni offerte in merito alle
attrezzature di lavoro:
-
schermo: “i caratteri sullo schermo
devono avere una buona definizione e una forma chiara, una grandezza
sufficiente e vi deve essere uno spazio adeguato tra i caratteri e le linee;
l’immagine sullo schermo deve essere stabile; la luminosità ed il contrasto tra
i caratteri devono poter essere facilmente regolabili da parte
dell’utilizzatore del VDT; lo schermo deve essere orientabile ed inclinabile
liberamente. Il videoterminale deve avere dimensioni, ed essere
posizionato sul tavolo di lavoro, in modo tale che il margine superiore
dell'apparecchio non si trovi ad un livello più elevato dell'occhio
dell'utilizzatore, al fine di non causare indebiti movimenti di estensione del
collo”;
-
tastiera: “la tastiera deve essere
tale da favorire una posizione delle mani e delle braccia che non affatichi
l'operatore. A tal fine la tastiera deve essere indipendente dagli altri
componenti, essere inclinabile rispetto al piano di lavoro, consentire posizioni intermedie,
possedere un bordo anteriore sottile al fine di permettere un corretto appoggio
del polso sul tavolo, possedere una superficie opaca al fine di evitare possibili
riflessi, fastidiosi per l’operatore”;
-
piano di lavoro: “il piano di lavoro
deve avere una superficie poco riflettente, essere di dimensioni sufficienti e
permettere una disposizione flessibile dello schermo, della tastiera, dei
documenti e del materiale accessorio”;
-
sedile di lavoro: “deve essere
stabile, a cinque razze, permettere all’utilizzatore una certa libertà di
movimento ed una posizione comoda; il sedile deve poter essere regolabile in
altezza e deve possedere uno schienale regolabile in altezza e facilmente
inclinabile”;
-
poggiapiedi: “un poggia piedi potrà
essere messo a disposizione di coloro che lo desiderino. L’impiego del poggia
piedi risulta necessario allo scopo di alleggerire la compressione del bordo
della sedia sulla superficie posteriore delle cosce, quando l’operatore è di
statura inferiore alla media e utilizza una sedia non regolabile in altezza”;
-
filtri: “non sembra esistere ancora
un filtro, o un trattamento delle superfici, in grado di eliminare le
riflessioni senza contemporaneamente influire in modo negativo sul contrasto e
sulla definizione dei caratteri. Per quanto riguarda i problemi ottici,
infatti, è spesso sufficiente cambiare la posizione del videoterminale o modificare il sistema di
illuminazione ambientale senza ricorrere all'utilizzo del filtro,
caratterizzato inoltre dall'estrema sensibilità alla polvere, alle abrasioni ed
alle impronte digitali. In sostanza, contrariamente a quanto si riteneva, l'uso
del filtro non sembra, allo stato attuale delle conoscenze, apportare benefici
reali e documentati”.
Veniamo
all’
ambiente di lavoro e, in
particolare, all’
illuminazione.
Il
documento ricorda che la luce naturale “dovrebbe costituire parte integrante
della illuminazione ambientale; la vicinanza di finestre, però,
potrebbe comportare fenomeni di abbagliamento, se l'operatore è rivolto verso
le stesse, oppure la presenza di riflessi sullo schermo, se l'operatore volta
le spalle alla finestra”. Ed è evidente che “a distanza maggiore di 3-4 metri
la luce naturale diventa insufficiente ai fini di una buona visione del
videoterminale”.
Dunque
“un illuminamento artificiale diurno potrebbe risultare necessario, anche in
uffici dotati di buona finestratura”.
Si
specifica che i
valori raccomandati di
illuminamento per gli uffici “sono compresi tra 200 e 500 lux, con le
seguenti ulteriori specifiche (UNI 10380):
-
illuminamento prossimo a 200 lux in postazioni con uso esclusivo di VDT;
-
illuminamento prossimo a 350 lux per la battitura di testi con macchina da
scrivere”.
Si
ricorda che “nel caso in cui siano necessari livelli di illuminamento maggiori
(fino ad un massimo di 1000 lux) per applicazioni particolari (lettura di
documenti, controlli su circuiti stampati, disegno, ecc.) occorre installare lampade da tavolo orientabili”.
Non
bisogna tuttavia dimenticare che “l’
eccessivo
illuminamento delle superfici orizzontali può provocare, anche in tempi
brevi, una riduzione dello stato di benessere e di rendimento; divengono
inoltre più evidenti i fenomeni di riflessione con conseguente perdita di
definizione di immagine (tipico è il caso di abbagliamento da foglio bianco)”.
Il
documento – a cui vi rimandiamo per una lettura più esaustiva di questi temi e
per la presenza di utili immagini in accompagnamento al testo - si sofferma poi
sulle
sorgenti artificiali (le
lampade fluorescenti ottimali per il lavoro al VDT sono quelle cosiddette
"bianche a tonalità calda" che emanano una luce tendente al giallo) e
sulle
sorgenti naturali.
Nell’ambiente
di lavoro bisogna tener conto anche del
rumore.
Si
indica che il rumore “emesso dal VDT e dalle
apparecchiature ad esso connesse (in normali condizioni di efficienza) risulta,
in fase di digitazione alla tastiera e di stampa generalmente inferiore a quello
delle macchine per scrivere, sia a nastro che a testina rotante”.
Questi
il
confronto di alcuni valori di
riferimento, dedotti da rilevazioni fonometriche:
-
“macchina per scrivere elettrica a nastro: 70-75 dB(A);
-
macchina per scrivere elettrica a testina rotante: 70-75 dB(A);
-
video + digitazione tastiera: 56-58 dB(A);
- stampante a getto di inchiostro: circa 50
dB(A);
-
stampante ad aghi: circa 60 dB(A);
-
conversazione normale a un metro di distanza: 60-75 dB(A)”.
Il VDT, anche se pur dotato di stampante ad
aghi, ha dunque “un livello di emissione di rumore nettamente inferiore a quello che
usualmente si registra in un ufficio ove operano più persone”.
Non
bisogna poi dimenticare l’importanza del
microclima.
In
questo caso il microclima è “in funzione di una serie di parametri fisici
(temperatura, umidità relativa, velocità dell’aria) più correlate alle
caratteristiche costruttive dell’ambiente che alla potenza termica dissipata
dal VDT stesso; un microclima incongruo è spesso indicato dagli
operatori addetti al VDT quale principale fonte di disagio”.
In
particolare la temperatura nei locali di lavoro “deve essere adeguata
all’organismo umano durante il tempo di lavoro, tenuto conto dei metodi di
lavoro e degli sforzi fisici imposti ai lavoratori”.
In
riferimento al cosiddetto “
benessere
termico” vengono indicati alcuni
valori
di riferimento:
-
“umidità relativa dell’aria: 40-70%;
-
portata d’ aria fresca: almeno 25 m3/ora per persona;
- temperatura dell’aria: 20-22 °C d’ inverno; 23-26°C d’
estate;
- velocità dell’aria: non inferiore a 0,05 m/s;
non superiore a 0,15 m/s in inverno; non superiore a 0,25 m/s d’estate”.
Il
documento si conclude con alcuni
aspetti
sanitari connessi all
’utilizzo
del VDT.
In questa parte si indica che l’analisi dei
risultati delle numerose
indagini compiute sugli operatori addetti all’uso professionale,
continuativo e sistematico dei VDT ha consentito di evidenziare “come anche i
principali quadri
sintomatici più frequenti negli operatori al VDT non siano
mai univocamente attribuibili al VDT stesso, ma vadano certamente interpretati nel contesto di tutte le
variabili in gioco”.
Le
indicazioni dell’Università di Pavia, alle quali vi rimandiamo, in particolare
si soffermano su:
-
disturbi visivi, con particolare
riferimento all’ astenopia
(l’insieme dei disturbi
visivi provocati dall’eccessivo affaticamento dell’apparato visivo);
-
disturbi all’apparato locomotore: “i
sintomi caratteristici sono dolori, rigidità, parestesie localizzate per lo più
alle braccia, alle gambe ed alle estremità (polsi e
dita)”;
-
disturbi attribuiti all
’irraggiamento:
ricordando che ad oggi, dalla documentazione disponibile, “non risulta che
l'esposizione a radiazioni
ionizzanti e non ionizzanti, prodotte dal videoterminale,
possa essere
pregiudizievole alla salute
dei lavoratori" che vi sono addetti.
Università
di Pavia, “ Linee guida per il corretto
utilizzo dei videoterminali - Requisiti ambiente di lavoro” (formato PDF, 95 kB).
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