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"Sull’obbligo del committente di coordinare le imprese esecutrici"
di PuntoSicuro / Edilizia
10/10/2011 -
All’artigiano carpentiere infortunatosi i lavori erano stati
affidati da suo padre, giudicato separatamente, il quale li aveva ricevuti da
una ditta che a sua volta li aveva avuti in assegnazione dall’ impresa
affidataria. Nei confronti degli imputati in particolare erano stati
individuati specifici profili di colpa per avere egli stessi omesso: 1) di
coordinare gli interventi di prevenzione e protezione dai rischi cui erano
esposti i lavoratori e di cooperare all'attuazione delle misure di prevenzione
e protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull'attività lavorativa oggetto
dell'appalto (articolo 7, comma 2, lettera A e B); 2) di attuare misure
organizzative e tecniche tali da ridurre al minimo i rischi connessi
all'utilizzo della gru (articolo 35) ed al committente datore di lavoro,
inoltre, per non avere promosso la cooperazione ed il coordinamento
tra le diverse imprese ed il lavoratore autonomo al fine di attuare gli
interventi di protezione e prevenzione dai rischi connessi ai lavori affidati.
Al committente datore di lavoro incombe
l’obbligo di assicurare il preciso rispetto delle norme di prevenzione,
generiche e specifiche per l’attività esercitata, e di curare il coordinamento
degli interventi delle varie imprese che operano in cantiere al fine di garantire
la sicurezza del luogo di lavoro e la incolumità dei lavoratori. La singolarità
del caso posto in questa occasione all’attenzione della Corte di Cassazione si individua
nella lunga catena di appalti
e subappalti posta in essere in cascata in un cantiere edile essendo
l’infortunio in esame occorso al titolare
di una ditta individuale che nella cascata stessa è venuto a trovarsi
nella posizione di sub-sub-sub-appaltatore senza che venisse coordinato dal committente
così come dispongono invece le disposizioni di legge in materia di salute e di
sicurezza sul lavoro la cui applicazione, come è noto, è sempre più
difficoltosa e problematica man mano si allunga la filiera delle imprese
esecutrici che si trasferiscono l’esecuzione delle opere.
L’organizzazione
dei lavori e l’evento infortunistico
Il socio accomandatario di una s.a.s. e l’amministratore unico di
un’altra società a responsabilità limitata sono stati ritenuti responsabili del
delitto di lesioni colpose gravi commesse, con violazione delle norme per la
prevenzione degli infortuni sul lavoro, in pregiudizio del titolare di una ditta
individuale per aver cagionato allo stesso, per colpa generica e specifica
consistita quest'ultima nella violazione dell'articolo 7 comma 2 lettera A e B,
e dell’articolo 35 comma 2 del D. Lgs. n. 626 del 1994 ed inoltre per quanto
riguarda il socio accomandatario dell'articolo 7 comma 3 dello stesso D. Lgs.,
una frattura esposta dell'epifisi distale dell'omero sinistro ed una frattura
biossea della gamba sinistra, guaribili in un tempo superiore ai 40 giorni, da
cui è derivato l'indebolimento permanente degli organi della prensione e della
deambulazione.
L’infortunio in esame era occorso in quanto il titolare
artigiano, dopo avere agganciato una
cesta di ferro ad una gru in dotazione al cantiere, azionata da un dipendente di
una delle ditte operanti nel cantiere stesso, utilizzando solo uno dei quattro
punti di aggancio esistenti, si era posizionato sotto il punto di discesa
finendo travolto dalla cesta che, a causa del forte vento, dopo alcune
oscillazioni si era sganciata dalla gru ed era precipitata da un'altezza di
circa cinque metri. Dalle indagini era emerso che il lavoratore infortunato operava
sotto la direzione ed il coordinamento del responsabile del cantiere
anche per le opere affidate in subappalto e che quest’ultimo aveva dato disposizioni
perché si provvedesse a ripulire una soletta, già completata, per permettere
successive lavorazioni utilizzando per l'asporto del materiale, la cesta sopra
indicata la quale, male agganciata alla gru, era precipitata provocando
l’infortunio. Veniva altresì accertato che in cantiere esistevano altre ceste,
simili a quella utilizzata nell'occasione, ma più sicure perché dotate di ganci
di sicurezza che si chiudevano attorno al punto di aggancio.
Riconosciuti responsabili dell’accaduto il Tribunale ha condannato
i due imputati alla pena di venti giorni di reclusione ciascuno, sostituita con
la corrispondente pena pecuniaria, nonché, in solido, al risarcimento del
danno, da liquidarsi in separato giudizio, in favore della parte civile
costituita, alla quale ha assegnato anche una provvisionale di 15.000 euro. Su ricorso
proposto dai due imputati la Corte d'Appello ha successivamente confermata la
decisione del Tribunale avendo individuato l’obbligo da parte degli stessi, in
ragione delle rispettive qualità, di garantire la sicurezza dei lavoratori
impegnati a svolgere le mansioni affidategli attraverso il necessario
coordinamento dei singoli interventi nel rispetto degli obblighi imposti
dall'articolo 7 del D. Lgs. n. 626/1994.
Il
ricorso in cassazione e le decisione della suprema Corte
Avverso la sentenza della Corte di Appello il socio accomandatario
ha proposto ricorso in Cassazione sostenendo innanzitutto che gli strumenti
messi a disposizione dei lavoratori in cantiere erano perfettamente regolari, e
tale doveva ritenersi anche la cesta utilizzata dall’infortunato certamente
idonea, a giudizio dello stesso, all'uso cui era destinata, cioè al trasporto
di materiale. Nel cantiere inoltre, ha tenuto a precisare il ricorrente, erano
peraltro presenti altre ceste ancor più adatte a tali trasporti in quanto
munite di ganci di sicurezza, per cui lo stesso ha addebitato alla parte offesa
sia la scelta non ottimale della cesta che la sua non corretta utilizzazione in
quanto aveva provveduto ad assicurarla utilizzando solo uno dei quattro ganci di
cui essa era dotata, oltre al fatto di aver fatto ricorso all’uso della gru che
era stato vietato e di essersi posizionato proprio sotto la cesta in movimento.
La Corte di Cassazione ha ritenuto infondato il ricorso presentato
dall’imputato che ha pertanto rigettato. Secondo la stessa Corte giustamente i
giudici di merito avevano ritenuto che si doveva riconoscere nell’imputato una
precisa posizione di garanzia, mai formalmente delegata ad altri e dunque allo
stesso direttamente riconducibile, in quanto socio accomandatario della ditta
appaltatrice dei lavori in corso di esecuzione, nonché subappaltante di parte
degli stessi, e titolare del cantiere nel cui ambito egli ricopriva un ruolo
direttivo. Proprio in ragione di tale posizione, ha confermato la suprema
Corte, “
al ricorrente incombeva l'obbligo
di assicurare il preciso rispetto delle norme di prevenzione, generiche e
specifiche per l'attività esercitata, e che a lui stesso spettava di curare il
coordinamento degli interventi delle varie imprese che operavano in cantiere,
al fine di garantire la sicurezza del luogo di lavoro e l'incolumità di tutti i
lavoratori. Coordinamento che non risulta esser stato curato dal (committente),
donde la corretta individuazione, in capo
allo stesso, da parte della corte territoriale, di uno specifico profilo di
responsabilità”.
E’ stato proprio a causa della mancanza di norme di coordinamento,
ha così concluso la suprema Corte, che il capo cantiere, dipendente
dell'imputato, ha potuto ordinare al titolare artigiano infortunato di
provvedere alla pulitura della soletta già completata e di affidare allo stesso
un incarico del tutto estraneo, non solo alle sue specifiche competenze ma
anche al rapporto di subappalto, estraneità ed incompetenza che avrebbero
dovuto quantomeno indurre, da un lato, a fornire al lavoratore le necessarie
informazioni circa il lavoro da espletare, gli strumenti da adoperare e le
norme di sicurezza da rispettare, e dall'altro a vigilare affinché l'incarico
fosse eseguito nel rispetto delle norme di sicurezza.
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