"Resistenza al fuoco: quali opportunità offre il Codice al progettista?"
di / Rischio incendio
La resistenza al fuoco delle strutture, rappresenta una importante misura antincendio di protezione passiva. E infatti il “ Codice di prevenzione Incendi” - presente nel Decreto del Ministero dell’Interno del 3 agosto 2015 recante “ Approvazione di norme tecniche di prevenzione incendi, ai sensi dell'articolo 15 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139” – tratta la problematica della resistenza al fuoco delle strutture nel cap. S.2. E le possibilità che vengono presentate al progettista della sicurezza antincendio “spaziano dal consueto approccio tipo semi-prestazionale, ovvero prestazionale guidato, fino alle opportunità offerte dalla Fire Safety Engineering (FSE) utilizzabili per affrontare questioni di ingegneria strutturale più complesse”.
A ricordarlo è il documento “ La resistenza al fuoco degli elementi strutturali. Focus sulla misura S.2 del Codice di prevenzione incendi - Resistenza al fuoco”, realizzato – in collaborazione con l’Università di Roma “Sapienza”, il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco e il Consiglio Nazionale degli Ingegneri - dal Dipartimento innovazioni tecnologiche e sicurezza degli impianti, prodotti e insediamenti antropici (DITSIPIA) dell’Inail.
Quali sono le opportunità offerte al progettista dal Codice riguardo alla resistenza al fuoco?
Per rispondere presentiamo il capitolo 8 del documento Inail soffermandoci sui seguenti argomenti:
- Le opportunità per il progettista offerte dal Codice
- La questione del tempo minimo di resistenza al fuoco
- Cambiare passo e superare gli ostacoli
Le opportunità per il progettista offerte dal Codice
Nel documento si sottolinea che la maggiore sfida per il progettista offerta dal Codice è “il ricorso alla modellazione diretta dell'incendio in caso di soluzioni alternative”, cioè di soluzioni progettuali alternative alle soluzioni conformi “suggerite” dal Codice.
Si indica che il settore è “assolutamente nuovo per i progettisti strutturali ma offre numerose opportunità di progettazioni più spinte in quanto meglio rispondenti agli effettivi, possibili, scenari di incendio”. E la semplificazione normativa “aiuterà sicuramente a dirigersi verso questo nuovo settore ancora poco esplorato in Italia a differenza di quanto già si fa da anni all'estero”.
Veniamo a quanto indicato riguardo alla resistenza al fuoco.
Il Codice dedica, riguardo alle misure di prevenzione e protezione dagli incendi, due capitoli alla resistenza al fuoco delle strutture ed alla compartimentazione antincendio ed offre ai progettisti “numerose nuove possibilità di ricorrere alla FSE per affrontare e risolvere i più complessi problemi di ingegneria strutturale in caso di manufatti esposti al rischio di incendio”.
La questione del tempo minimo di resistenza al fuoco
Ci soffermiamo, ad esempio, sulla definizione del tempo minimo di resistenza al fuoco.
Il documento indica che la questione del tempo minimo durante il quale le opere da costruzione debbono garantire requisiti minimi di resistenza al fuoco “è stata tradizionalmente risolta, in Italia, con il cosiddetto approccio prescrittivo: si attribuisce una classe R, REI, RE o EI minima, in termini di minuti, stabilita dal normatore per attività o in funzione del carico di incendio”. In particolare la simbologia "REI" implica “l'impiego di curve nominali (convenzionali) per il riscaldamento delle membrature quali la tradizionale ISO 834, prescritta per l'impiego di forni sperimentali di resistenza al fuoco: da qui la denominazione di approccio prescrittivo”.
Si segnala che la possibilità di ricorrere a “ modelli fuoco differenti, più aderenti alla realtà e quindi più adatti a strutture ben modellabili come quelle in acciaio, è da sempre stata lasciata a soluzioni in deroga da studiare ad hoc”.
Si ricorda che il DM 9 marzo 2007 “ha rappresentato un’evidente apertura nei confronti di approcci ingegneristici al calcolo strutturale in caso di incendio e lo ha fatto con una comprensibile prudenza. In esso, infatti, si stabilisce che, nel caso si ricorra a modelli di incendio naturali (dunque differenti dal modello ISO 834 o da altri modelli nominali), si è tenuti a verificare il mantenimento della capacità portante della struttura per tutta la durata dell'incendio. Il medesimo decreto impone anche l'ulteriore doppia verifica della capacità portante con riferimento alla ISO 834 per classi ridotte. L'estensione della verifica a tutta la durata dell'incendio e la doppia verifica, dal punto di vista tecnico, e la necessità di ricorrere all'istituto della deroga, dal punto di vista amministrativo, hanno di fatto limitato la possibilità di ricorrere ad approcci non prescrittivi nel settore della resistenza al fuoco ed in particolare all'acciaio: approcci prestazionali, basati sui metodi di modellazione naturale degli incendi, sono stati di fatto relegati a pochissimi casi particolari”.
Cambiare passo e superare gli ostacoli
Il documento sottolinea che il Codice di prevenzione incendi vuole superare gli ostacoli indicati.
In particolare la possibilità di adottare modelli fuoco naturali “è considerata soluzione alternativa e quindi adottabile dal progettista senza ricorrere ad alcuna istanza di deroga: la nuova sfida per lo strutturista è ovviamente quella di modellare l'incendio adottando uno dei metodi suggeriti dall'Eurocodice UNI EN 1991-1-2 e di definire gli scenari di incendio più significativi per la sicurezza strutturale”.
Si auspica, dunque, un cambio di passo “da parte di progettisti di strutture ad oggi abituati a confrontarsi solo con il calcolo di caratteristiche della sollecitazione o spostamenti. Il ricorso ad una norma consolidata quale la parte fuoco dell'Eurocodice EN 1993-1-2 nonché l'impiego del Codice costituiscono un percorso di studio solido”.
Si segnala che il Codice “non impone la doppia verifica di resistenza al fuoco: il progettista confronta le performance strutturali solo durante il lasso di tempo minimo imposto dal normatore. Tale lasso di tempo minimo è funzione del livello di prestazione dell'opera da costruzione, come richiamato dalla tab. S.2-1 del Codice”. Il progettista “attribuisce il livello minimo di performance strutturale a caldo più idoneo in funzione di criteri di attribuzione e verifica le strutture per tempi coerenti con i livelli. Tale operazione è guidata dalla tab. S.2-2 del Codice”.
Riprendiamo dal Codice le due tabelle citate:
Come si evince poi dalla tab. S.2-1, “i primi livelli tre forniscono un crescendo in termini temporali (ovviamente il crescendo in termini di performance generale aumenta passando dal livello I al V). Gli ultimi due livelli (IV e V) restano facoltativi come da tradizione. Il livello II prevede un tempo di resistenza al fuoco commisurato al tempo di evacuazione degli occupanti con un minimo di 30 minuti che adotta un coefficiente di sicurezza pari a 2: il progettista calcolerà e raddoppierà il tempo di evacuazione con riferimento al peggiore scenario di incendio credibile per l'esodo (in generale non coincidente con lo scenario di incendio peggiore per le strutture) avendo cura di non effettuare verifiche strutturali inferiori a 30 minuti”.
Si indica inoltre che la soluzione conforme per il livello II “prevede la classe standard di 30 minuti. Il livello III prevede (come peraltro anche i livelli IV e V) assenza di crollo strutturale durante l'incendio: le verifiche strutturali saranno condotte per tutta la durata dell'incendio o, equivalentemente per una classe di resistenza al fuoco funzione del carico di incendio specifico di progetto come da tab. S. 2-3 del Codice”.
Da osservare che “suddetta tabella si differenzia dall'analoga tabella del d.m. 9 marzo 2007 per un raddoppiato valore del carico di incendio specifico di progetto (200 MJ/m2 contro i precedenti 100 MJ/m2) al disotto del quale non viene richiesto alcun requisito di resistenza al fuoco”.
Il livello I del Codice, non ammesso dalla normativa tradizionale – continua il documento - è “volutamente lasciato per ultimo: è ammesso il collasso strutturale a seguito di incendio a condizione che tale evento non determini conseguenze esterne ad altre opere da costruzione. L'assenza di dette conseguenze esterne può essere verificata sia con soluzioni geometriche prescrittive legate al distanziamento esterno e quindi senza alcuna modellazione di incendio o con metodologie dell'ingegneria della sicurezza antincendio. In tale ultimo caso, riconducibile a soluzioni alternative, il progettista deve progettare assicurando un meccanismo di collasso sicuro, ossia non impattante verso altri manufatti e deve controllare i livelli di irraggiamento su edifici bersaglio a valle del collasso”. Il tempo di analisi non è noto a priori in questo caso: “dipende dall'istante di collasso”.
Si ricorda, infine, che la disamina dei tempi minimi di resistenza al fuoco è completata dalle “ Regole Tecniche Verticali” (RTV), cioè quei “documenti normativi sintetici contenenti integrazioni alla RTO” (Regole Tecniche Orizzontali) per alcune attività ritenute significative dal normatore (scuole, autorimesse, uffici, ecc.).
Le prescrizioni delle RTV “rappresenteranno un minimo da garantire comunque. Esse potranno essere espresse come minimi alle soluzioni conformi (in termini di REI) o minimi per le soluzioni alternative (ad esempio, in termini di scenari di incendio predefiniti)”.
Il livello I – conclude il documento - è particolarmente “adatto al caso dei depositi intensivi automatizzati realizzati, in genere, con struttura portante metallica. Il livello II, invece, ben si adatta ai casi di depositi od opifici con un limitato numero di occupanti posti nelle migliori condizioni per un rapido esodo. Anche in questo caso si intravvedono benefici per le costruzioni a struttura portante metallica”.
Rimandiamo, in conclusione, alla lettura integrale del capitolo 8 del documento Inail che si sofferma anche sulle novità in termini di “ingegneria strutturale”.
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