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"Simulazione dinamica del processo di manutenzione basato sul rischio"
fonte www.puntosicuro.it / Sicurezza Macchine ed Attrezzature
13/05/2015 -
Pubblichiamo un estratto della relazione “Simulazione dinamica del processo
di manutenzione basato sul rischio”
presentata
in occasione della VI edizione Safap che evidenzia come la
pianificazione della manutenzione possa contribuire significativamente alla
minimizzazione del rischio e diventare un’attività strategica nella gestione
del rischio di un’organizzazione.
Simulazione dinamica del processo di manutenzione basato sul rischio
L. C. Santillo, M. Gallo, M. Di
Nardo, L. Monica, M. Madonna, F. Giacobbe
Negli ultimi anni si è passati dalla
metodologia Reliability Centered Maintenance (RCM) alla Risk Based Maintenance
(RBM) che prende in considerazione non solo gli aspetti economici e di
affidabilità, ma anche la sicurezza del personale e l'impatto ambientale
attraverso il ricorso a metodi di analisi del rischio. La RBM ha reso possibile
l’integrazione del meccanismo di priorità degli interventi di ispezione nella
pianificazione della manutenzione, focalizzando l’attenzione sui componenti che
necessitano realmente delle azioni manutentive. Il primo vantaggio è sicuramente un decremento
di tutti i costi legati alla gestione della manutenzione, dal costo del
personale a quello di indisponibilità dei macchinari. Il secondo, di gran lunga
più importante del primo, è legato all’aspetto della sicurezza: quest’ultima
non è affatto intaccata dalla riduzione del numero di ispezioni, anzi, credere
di poter ispezionare tutti i componenti con lo stesso grado di priorità non avrebbe
consentito la previsione della totalità dei guasti su una linea di produzione.
Il presente lavoro presenta una
procedura per la pianificazione degli interventi di manutenzione ed ispezione
sulla base della metodologia innovativa definita Risk-based Inspection and
Maintenance (RBIM). In particolare, il valore aggiunto del lavoro consiste nel
correlare gli aspetti ispettivi e manutentivi alle caratteristiche produttive
di un impianto industriale. Partendo dalle caratteristiche della metodologia di
manutenzione/ispezione basata sul rischio, proposta in ambito europeo nel
progetto denominato RIMAP (Risk-Based Inspection and Maintenance Procedures for
European Industry) al fine di armonizzare le disposizioni nazionali di
regolamentazione dell'UE relative ai programmi di ispezione e manutenzione, si
è cercato di strutturare un modello di gestione che integrasse la produzione e
la manutenzione basata sul rischio. Per raggiungere questo obiettivo è
risultato indispensabile, ai fini della semplificazione della trattazione,
partire dalle peculiarità sia del processo produttivo che manutentivo mettendo
in rilievo le relazioni e le interdipendenze esistenti tra tutti i fattori che
influenzano i fenomeni dinamici.
Metodologia per l’ottimizzazione
della manutenzione e delle ispezioni: Risk Based Inspection and Maintenance
(RBIM)
Partendo dal documento proposto
dal CEN riguardante la metodologia RBIM nell'ambito del progetto RIMAP
(Risk-Based Inspection and Maintenance Procedures for European Industry), che
fornisce linee guida per lo sviluppo di un programma di manutenzione/ispezione
basato sul rischio applicabile a diverse tipologie di industrie e a differenti
attrezzature, il presente lavoro si propone di valutare l’impatto che una metodologia
risk based per lo sviluppo del piano manutentivo/ispettivo ha sulla
produttività del sistema. La procedura proposta si articola in cinque macro
fasi (Figura 1):
1.Equipment analysis,
2.Risk analysis,
3.Survival data collection and
analysis,
4.RBM decision making process,
5.Execution, reporting and
performance review.
Equipment analysis
Il primo passo fondamentale del
metodo è la raccolta di tutti i dati tecnici (P&ID, diagrammi logici, lista
dei componenti, manuali, ecc.) necessari per l’analisi successiva, anche attraverso
interviste al personale e consultazione degli archivi storici delle avarie e
degli interventi di manutenzione/ispezione.
La metodologia parte quindi, in
un approccio top-down, dall’individuazione dei livelli funzionali più importati
dell’impianto e scende poi al livello di componenti o elementi strutturali da
individuare come oggetto della manutenzione/ispezione. Il livello di dettaglio a
cui la metodologia permette di arrivare dipende solo dalla presenza di dati
affidabilistici sufficientemente dettagliati ed il più possibile personalizzati
per l’impianto in analisi.
I sistemi sono generalmente
definiti sulla base delle funzioni svolte e possono essere suddivisi in
sottosistemi, al fine di creare una gerarchia funzionale che consenta di affrontare
con maggiore facilità le criticità ad essi legate, quali ad esempio
l’individuazione dei meccanismi di degrado dei componenti oppure la
distribuzione della vita residua. Per stabilire il rapporto gerarchico, ogni
sottosistema viene suddiviso in componenti che presentano delle interdipendenze
di tipo strutturale, funzionale o stocastico.
L’individuazione dei componenti
critici, invece, può essere realizzata con l’ausilio di norme specifiche per il
campo di interesse (come ad esempio gli standard internazionali API 580/581 per
le raffinerie petrolifere, o ancora la normativa Seveso III per la sicurezza
degli impianti industriali); oppure con l’ausilio di strumenti largamente
diffusi quali l’analisi FMECA e di Pareto, per quantificare l’impatto del
guasto di un componente sulla produttività, sulla sicurezza e sull’ambiente.
Per i sistemi e sottosistemi in osservazione, l’obiettivo dell’analisi è
determinare le condizioni operative dei componenti e le situazioni eccezionali
che potrebbero comportare guasti o malfunzionamenti del sistema. A tale scopo,
risulta fondamentale identificare le fonti di informazione disponibili che
possano fornire dati inerenti alla progettazione, al funzionamento ed alle ispezioni/manutenzioni.
Prima di raccogliere le informazioni necessarie, sarebbe opportuno stimare la
qualità e la quantità di dati necessari per effettuare una valutazione consistente
della probabilità e delle conseguenze di uno scenario di guasto. I dati possono
provenire da differenti aree: Produzione, Manutenzione e Servizio di
Prevenzione e Protezione. I dati raccolti devono poi essere validati e
successivamente immagazzinati
in database. Il processo di
validazione prevede che le informazioni afferenti ad una stessa categoria
vengano confrontate, controllandone la compatibilità con limiti fisici e
tecnici mediante l’ausilio di standard o di linee guida. Il risultato di tale
processo sarà una valutazione complessiva di tutti i dati rilevanti per la
quantificazione del rischio dei componenti di interesse; definiti “raw
technical data”.
Risk Analysis
Nella seconda fase della
metodologia vengono definiti i parametri fondamentali per la valutazione del
rischio, discriminando un’analisi preliminare da una dettagliata.
L’analisi preliminare dei
componenti viene svolta in maniera rapida, semplice ed economica, esaminando
una popolazione limitata di items. Da questa analisi, generalmente i sistemi e
le apparecchiature vengono suddivisi in due gruppi: gli items ad alto rischio e
gli items a medio/basso rischio. Soltanto per i primi verrà effettuata
l’analisi dettagliata; mentre per i componenti caratterizzati da basso rischio
sarà richiesta la minima sorveglianza, al fine di verificare ed assicurare che
le assunzioni fatte in fase preliminare risultino ancora valide. Invece, per i
componenti a medio rischio è necessario considerare ulteriori caratteristiche
che consentano di decidere se eseguire la fase di analisi dettagliata o
semplicemente un minimo controllo. Di solito, il livello iniziale di analisi è
spesso sufficiente per evidenziare le aree dell’impianto con la più alta
probabilità di guasto, eliminando dalle analisi successive le zone a basso e
medio rischio. Il risultato ottenuto sarà costituito dai seguenti parametri:
- valore o categoria di
probabilità di guasto (PoF) per la parte dell’apparecchiatura esaminata;
- valore o categoria di
conseguenze di guasto (CoF) per la parte dell’apparecchiatura esaminata;
- valore o categoria di rischio
per la parte dell’apparecchiatura esaminata dalla matrice di rischio
preliminare.
L’analisi dettagliata, invece, si
differenzia dalla precedente in termini di profondità richiesta per la
valutazione del rischio. Infatti, per ogni sistema o gruppo di componenti ad
alto rischio, viene identificato il meccanismo di degrado e viene stimata
l’estensione del danno.
Sulla base di queste informazioni
possono essere determinati gli intervalli per le attività di ispezione e manutenzione,
in accordo con l’esigenza che il livello di rischio sia ancora accettabile.
Tale analisi si articola in cinque compiti fondamentali:
A. identificazione dei pericoli;
B. identificazione dei meccanismi
di degrado rilevanti e dei modi di guasto;
C. determinazione delle
probabilità di guasto;
D. determinazione delle
conseguenze di guasto;
E. valutazione del rischio.
Per l’individuazione dei
pericoli, possono essere utilizzati diversi metodi quali: HAZOP; What-If
Analysis e FMECA. Il compito di identificare i meccanismi di degrado rilevanti
ed i modi di guasto risulta invece più complesso, in quanto è necessaria la
conoscenza della funzione di guasto per poter listare tutti i possibili stati
del componente durante i quali esso non svolge correttamente la performance
richiesta. Inoltre dovrebbero essere inclusi non solo tutti gli eventi connessi
ad uno specifico modo di guasto ma anche il tasso di deterioramento
dell’attrezzatura. Generalmente, lo strumento utilizzato per risolvere tale problema
è la Root Cause Failure Analysis (RCFA), che consente l’approfondimento dei meccanismi
di degrado rilevanti.
Una volta determinati i
meccanismi di degrado per i componenti critici, è possibile determinare le
probabilità di guasto necessarie per la scelta delle strategie manutentive da implementare.
La procedura RIMAP prevede l’utilizzo di tre differenti sorgenti di informazioni:
i. analisi statistiche dei dati
storici;
ii. modellazione e previsione dei
modi di guasto dei componenti;
iii. giudizio degli esperti.
Pertanto, la migliore stima della
probabilità di guasto di un componente è fornita dalla combinazione di questi
tre elementi.
Terminato il calcolo delle
probabilità di guasto, si passa alla determinazione delle conseguenze di
malfunzionamento considerando gli aspetti della salute, della sicurezza e della
produzione. La quantificazione delle CoF per gli aspetti sopramenzionati
richiede calcoli di diversi parametri quali: le proprietà dei materiali, la
presenza di persone nell’area a rischio etc. Ai fini dell’elaborato è opportuno
soltanto evidenziare che i riferimenti metodologici per l’effettuazione di
questa fase sono riportati nel dettaglio nella procedura RIMAP. Infine,
calcolate le PoF e le CoF, è possibile valutare il rischio ed inserire i
risultati nella relativa matrice.
In questa macro fase si è
determinato il rischio per ciascun componente critico, sulla base delle
informazioni dei componenti ad alto rischio e dei dati relativi ai meccanismi
di degrado; attraverso i quali è possibile determinare gli intervalli di
ispezione e manutenzione teorici.
A questo punto si innesta la fase
di Risk-Based Inspection, ricordando che l’attività di ispezione consiste nella
“verifica della conformità mediante misurazione, osservazione, prova o
rilevazione dimensionale delle caratteristiche relative ad un’entità”. Dunque
le attività ispettive consistono principalmente nella stima dell’integrità
strutturale delle attrezzature, mediante esami visivi o tecniche di controllo
non distruttive, a supporto sia delle revisioni periodiche a cui i componenti
pericolosi devono essere sottoposti, sia dell’adempimento alle verifiche di
legge previste. In quest’ottica, le ispezioni rappresentano un sostegno per le
attività manutentive in quanto consentono di valutare se l’attrezzatura è in
grado di eseguire la funzione richiesta, mediante la misurazione del suo stato
prestazionale. Con
l’ausilio delle ispezioni si valutano quindi in maniera effettiva le condizioni
dei componenti critici, correggendo le stime effettuate a priori senza la conoscenza
del reale stato del componente, con le nuove informazioni raccolte nella fase RBI.
Survival data collection and
analysis
I risultati derivanti dalla
metodologia RBI consentono di stimare la probabilità di rottura di un’apparecchiatura,
in funzione della distribuzione della vita media residua e dei possibili meccanismi
di degrado; mentre le conseguenze di un guasto possono essere correlate alle
condizioni operative in cui l’attrezzatura opera. Nella pratica, i nuovi dati
resi disponibili mediante le ispezioni, consentono di effettuare una
rivalutazione della vita residua di un componente e di conseguenza di
migliorare la stima dell’affidabilità dello stesso. I principali approcci
utilizzati per valutare l’affidabilità sulla base dei dati collezionati sono
generalmente due: il primo approccio deriva direttamente dalle funzioni
empiriche di sopravvivenza riguardanti il tempo al guasto del dispositivo e
vengono definite funzioni empiriche correlate ai dati (Empirical Function
Direct to Data). Il secondo approccio, chiamato di Ricerca di Distribuzioni
Teoriche (Theoretical Distribution Research), è il più complesso ma anche il
più appropriato in quanto considera distribuzioni quali: Weibull, Esponenziale,
Normale etc. Tale approccio è preferibile poiché fornisce maggiori informazioni
e soprattutto una valutazione migliore dell’affidabilità dei componenti. È opportuno
osservare però che si potrebbe iniziare l’analisi con la procedura EFDD e successivamente
considerare la TDR. Sulla base delle nuove informazioni legate alla distribuzione
della vita media residua e all’affidabilità, è possibile effettuare una rivalutazione
del rischio, necessaria per le attività di RBM, attraverso le quali si
definisce la programmazione degli interventi manutentivi. La schedulazione dei
suddetti interventi si fonda sul concetto di stabilire una priorità in base al
livello di rischio dei componenti, analogamente a quanto fatto per le
ispezioni; con l’unica differenza che per la determinazione del livello di
rischio viene calcolata una matrice di tipo qualitativo, in cui le valutazioni
si basano essenzialmente sull’esperienza ed sul know-how di esperti del settore.
Controllare il livello di rischio
consente di variare le politiche manutentive a seconda dello stato dei
componenti più critici, avendo ben chiaro quali sono le probabilità di
accadimento di ogni singolo modo di guasto di ogni singolo componente, sempre correlato
con le relative conseguenze economiche e di sicurezza.
La gestione delle priorità
diventa, dunque, una fase preliminare alla preparazione ed alla pianificazione
dei lavori
di manutenzione ed è frutto di una valutazione collegiale di un gruppo di
lavoro multidisciplinare, costituito da esperti del reparto produzione,
ispezione, manutenzione e sicurezza. In base agli accordi tra le diverse
funzioni coinvolte nella definizione delle priorità, vengono stabilite sia le
date entro cui gli interventi manutentivi devono essere completati, che i
criteri di accettazione dei livelli di rischio, sulla base delle norme vigenti.
Quindi, il rischio di ciascun componente viene confrontato con il rispettivo
livello di accettazione e se qualora non fosse accettabile si impostano
specifiche misure mitigative.
Qualora il livello di rischio
risultasse accettabile, si passerebbe alla fase successiva.
RBM Decision making process
Nel momento in cui il rischio
risulta accettabile, è possibile implementare la quarta fase della metodologia,
in cui viene proposto un piano di
manutenzione che tenga conto, in prima istanza, dell’aspetto legato alla
sicurezza ed all’ambiente, e che successivamente consideri l’aspetto economico;
attraverso la stima dei costi relativi alle azioni manutentive da intraprendere
ed alle politiche scelte. Sicuramente, nell’ambito del processo decisionale, il
fattore economico assume un ruolo rilevante; per tale motivo, per ciascun componente
critico analizzato, gli ingegneri della manutenzione, in collaborazione con lo staff
di contabilità, reperiscono le informazioni legate ai costi degli interventi
manutentivi, che ovviamente variano a seconda della politica adottata.
Se si volessero perseguire
concomitantemente tutti i suddetti obiettivi, i costi legati al processo di
manutenzione risulterebbero elevatissimi. Per questo motivo, si richiede un’analisi
di fattibilità che consideri non solo il budget a disposizione, ma la totalità
delle risorse tangibili ed intangibili da impiegare nel ciclo ispettivo e
manutentivo.
Execution, reporting and performance review
Nel momento in cui il piano di
manutenzione proposto rispetta i vincoli di budget e di disponibilità delle
risorse, esso viene eseguito. Normalmente gli interventi manutentivi coinvolgono
tre tipologie di attività:
1. Interventi preventivi definiti
sulla base delle valutazioni RBIM (manutenzione su condizione o programmata);
2. Azioni correttive eseguite in
seguito a guasti improvvisi;
3. Guasti identificati mediante
il condition monitoring.
In questo contesto si utilizza
generalmente la Risk Based Work Selection (RBWS), per assegnare le priorità di
intervento su scala giornaliera o settimanale, sia per le azione correttive che
per quelle preventive. Ciò è possibile perché nella pratica circa il 40% dei suddetti
compiti può essere posticipato per diverse settimane. Perciò, lo strumento proposto
consente di selezionare non solo la politica manutentiva ottimale, bensì anche
il tempo in cui effettuare l’intervento, tenendo presente che l’allungamento
dei tempi di ripristino o di controllo può incrementare il livello di rischio.
L’esecuzione dei lavori invece si articola in diverse fasi:
- richiesta di intervento,
- emissione di un ordine di
lavoro,
- esecuzione,
- controllo del lavoro eseguito,
- evasione dell’ordine di lavoro,
- registrazione dell’ordine nel
sistema informativo.
Per quanto riguarda quest’ultimo
punto, le organizzazioni moderne adottano un sistema di gestione della
manutenzione computerizzato (CMMS) come strumento chiave per il coordinamento
della funzione manutenzione con le altre funzioni aziendali. Tale sistema è costituito
tipicamente dai seguenti moduli:
- gerarchia dei guasti delle
apparecchiature che costituiscono l’impianto;
- informazioni tecniche;
- piani di manutenzione;
- ordini di lavoro;
- reportistica sugli interventi
eseguiti.
In particolare, la registrazione
degli interventi eseguiti risulta di primaria importanza per diverse ragioni:
- conoscere la condizione
dell’attrezzatura prima e dopo l’intervento manutentivo, in quanto tale
informazione consente di migliorare il modello di degrado utilizzato e dunque correggere
le stime future in fase di pianificazione;
- controllare i tempi e i costi
del lavoro permettendo l’aggiornamento dei parametri riguardanti le risorse
impiegate quali: ore di lavoro svolte, parti di ricambio utilizzate, strumenti
adottati etc.
Dunque, una reportistica accurata
rappresenta la chiave per analizzare ed aggiornare i piani di manutenzione,
attraverso una serie di dati riguardanti:
- backlog – ordini non ancora
evasi,
- guasti improvvisi,
- disponibilità delle
attrezzature oppure perdite legate alle azioni di manutenzione,
- affidabilità dei sistemi di
sicurezza,
- tendenze di parametri chiave
del processo produttivo e manutentivo connessi all’affidabilità, alla
disponibilità ed all’integrità.
A valle del processo di
reportistica, è necessario poi considerare le attività di monitoraggio, che
consentono di valutare l’efficienza e l’efficacia sia del sistema manutentivo
che del sistema produttivo; individuando le criticità che limitano di fatto le
prestazioni del sistema nel suo complesso. Dunque, attraverso i risultati del
monitoraggio, si possono identificare le aree critiche suscettibili al
miglioramento, che possono essere rintracciate sia nel piano manutentivo,
compresa la sua esecuzione, che nel piano di produzione. Generalmente la fase
di monitoraggio può essere realizzata mediante attività di audit oppure
attraverso la definizione di una serie di indicatori di prestazione (Key
Performance Indicator). Nel primo caso, gli audit possono essere di tipo
interno od esterno; quelli esterni forniscono, come valore aggiunto, la
possibilità di avere un giudizio oggettivo sullo stato dell’arte del sistema produttivo.
I KPI’s rappresentano invece degli strumenti di misurazione degli scostamenti rispetto
agli obiettivi prefissati e possono essere di natura economica, tecnica ed organizzativa.
Inoltre possono essere definiti da diversi attori quali: top management, maintenance
management o ancora dai tecnici della manutenzione. Poiché l’obiettivo dell’elaborato
è quello di valutare gli effetti delle azioni manutentive sulle prestazioni del
processo produttivo, risulta importante valutare dei KPI’s che perseguano tale
scopo.
VI edizione Safap 2014 - Simulazione
dinamica del processo di manutenzione basato sul rischio - a cura di
L. C. Santillo, M. Gallo, M. Di Nardo,
L. Monica, M. Madonna, F. Giacobbe (Formato pdf, 285 kB).
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