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"L’importanza della comunicazione nella prevenzione del rischio lavorativo "
fonte www.puntosicuro.it / Formazione ed informazione
21/05/2015 -
La comunicazione del
rischio, possiamo definirla come uno "scambio interattivo" di
informazioni, pareri, scoperte della valutazione del rischio stesso, decisioni
in materia di gestione che riguardano gli elementi di pericolo e dei fattori
connessi sia al rischio che alla percezione di quest’ultimo. La comunicazione relativa
ai rischi presenti sul luogo di lavoro, quindi, dovrebbe essere concepita non
tanto come processo unidirezionale attraverso il quale un’informazione di
matrice obiettiva passa da chi è depositario della "verità"
scientifica ad uno che non lo è, bensì come uno scambio interattivo, un
processo essenziale di trasmissione di significati tra individui (o gruppi di
individui), che dovrebbe comprendere momenti di dibattito, dialogo e
informazioni di ritorno, nonché tutte le procedure integrate che coinvolgono le
parti lungo lo svolgersi del processo di analisi del rischio.
Se in antichità comunicare
il rischio non pareva essere un grande problema (bastava semplicemente
ometterlo o minimizzarlo), nel mondo moderno, come noto, il rischio è parte
integrante di qualsiasi atto lavorativo. Informare nella maniera corretta e
senza creare allarme è una parte alquanto difficile e delicata della gestione
della prevenzione dei rischi sul lavoro. In effetti, comunicare
il rischio significa trasmettere in un certo senso l’incertezza,
l’eventualità di subire un danno e non sempre è facile dare al lavoratore
un’idea precisa dell’entità del rischio stesso. Inoltre, la maggior parte delle
persone e di conseguenza dei lavoratori ha poca confidenza con i numeri e con i
termini matematici e statistici che abitualmente vengono utilizzati per
esprimere i rischi.
Chi deve dare
informazioni non certe ha, quindi, un compito particolarmente difficile:
trasmettere conoscenza non assumendo atteggiamenti troppo persuasivi e
paternalistici ma, d’altra parte, nemmeno limitarsi a stilare un freddo elenco
di dati. Frasi come
“...solleva il carico
come ti hanno insegnato al corso!”, “
...evita
comportamenti scorretti e pericolosi!”, “
...in cantiere mettersi l’elmetto è obbligatorio!” ad una prima
lettura ci sembrano familiari e innocue, ma basta immedesimarsi per davvero
nella persona che le riceve per sentire che, probabilmente, ci trasmettano più
disagio e antipatia che indicazioni concrete di comportamento. E’ comunque
fuori dubbio che chi utilizza tali frasi non ha intenzioni malevole e le
pronuncia in perfetta buona fede e con la convinzione di dare le giuste
disposizioni ai propri collaboratori.
Affinché la
comunicazione raggiunga il suo obiettivo e il messaggio sia compreso dal target
verso il quale è rivolto, è fondamentale che la valutazione e la stima del
rischio, ottenuta attraverso l’analisi scientifica ed epidemiologica dei dati,
si colleghino strettamente con la percezione del rischio, individuale e
collettiva, dei soggetti ai quali il messaggio è rivolto. Così, quando si parla
di comunicazione del
rischio, bisogna tener conto delle ripercussioni emotive e psicologiche
degli individui coinvolti.
La fiducia che viene
rivolta al “comunicatore del rischio” dipende in gran parte dalla chiarezza e
dalla correttezza con cui vengono comunicati i rischi stessi, dalla possibilità
di esprimere le proprie preoccupazioni di fronte a chi deve gestire la
situazione e dal grado di partecipazione degli stessi lavoratori nei diversi
livelli decisionali. Il primo step dovrebbe quindi essere quello di operare un
coinvolgimento attivo delle persone nei confronti della tematica: per la
maggior parte delle situazioni lavorative la competenza tecnica non cammina mai
da sola, ma sulle gambe e sulle emozioni delle persone che amano chiarezza
comunicativa e soprattutto essere rispettate, ascoltate e valorizzate.
Mentre in passato la
comunicazione del rischio era vista soprattutto come un processo a senso unico,
in cui “chi sa” informa, a sua discrezione “chi non sa”, oggi si tende
piuttosto a considerarla come un colloquio bidirezionale. Molto spesso, però,
accade che i cosiddetti “esperti” ed il “pubblico” raramente intendono allo
stesso modo il rischio. E’ assodato infatti che le persone sono influenzate nei
loro atteggiamenti nei confronti dei rischi da un certo numero di pregiudizi o considerazioni
per “partito preso” che inducono ad avere delle percezioni personali raramente
confermate da modelli obiettivi di tipo statistico-probabilistico. Le
attitudini di fronte ai rischi evolvono poi secondo cicli precisi che sono in
funzione dell’impressione di familiarità con il rischio, della
sensibilizzazione e della percezione circa la gravità. La percezione dipende
quindi dalle credenze, dal giudizio e dall’attitudine dell’individuo ad
accettare il rischio nonché da valori sociali e culturali.
La comunicazione
efficace in materia di sicurezza sul lavoro dovrebbe quindi nascere dallo
scambio reciproco di informazioni non solo nozionistiche ma personali, nel
senso della persona con la sua identità, volontà e preferenze. Risulta comprensibile,
in questa direzione, come le competenze comunicative siano fondamentali nel
campo della sicurezza, specialmente in quattro
ambiti:
- nella gestione del
proprio ruolo;
- nell’ascolto, nella
gestione della relazione con gli altri, capi, colleghi, collaboratori;
- nel gestire i
disaccordi e i conflitti e quindi nel negoziare;
- nel condurre riunioni
e gruppi di lavoro e nel parteciparvi attivamente.
Un percorso formativo,
rivolto in primis a chi nell’organizzazione è deputato alla gestione del
sistema sicurezza, dovrebbe verosimilmente fornire nozioni e strumenti utili ad
una comprensione dell’intero processo comunicativo, riguardo le mappe/schemi
mentali, in relazione a come il contesto aziendale può influenzare la
comunicazione fra i vari attori e rispetto alle principali differenze comunicative
tra Dirigenti,
Preposti, Lavoratori. E’ necessario inoltre porre l’accento sulla necessità
di una comunicazione assertiva, sulle modalità di coinvolgimento dei lavoratori
e sul creare la motivazione ad essere ascoltati.
Investire energia nella
comunicazione del rischio all’inizio della relazione con il lavoratore,
dovrebbe quindi favorire in maniera concreta lo sviluppo di una relazione
lavoratore-comunicatore del rischio e aumentare al probabilità che il
lavoratore segua accuratamente le indicazioni che gli vengono fornite. In
sintesi puntare fortemente su una comunicazione efficace, magari ad opera di
figure esperte, può aiutare a motivare alla sicurezza in modo duraturo e a
diffondere la visione della Sicurezza come scelta aziendale e a trasformare la
Sicurezza stessa da un adempimento legislativo obbligatorio ad un sistema per
la creazione di un processo lavorativo di qualità fondato su migliori relazioni
interpersonali, che possa condurre alla prevenzione di infortuni e situazioni
rischiose. In definitiva può aiutare a rendere effettivi gli investimenti fatti
sulla sicurezza, aumentandone la comprensione e la diffusione all’interno
dell’azienda e portando la tematica nel vissuto quotidiano.
Massimo Servadio
Psicologo del Lavoro e delle Organizzazioni
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