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"Le responsabilità quando non viene nominato un responsabile dei lavori"
fonte www.puntosicuro.it / Sentenze
26/04/2016 - Si fa
sempre più pressante e incisiva la posizione assunta dalla Corte di Cassazione
nei confronti della figura del committente di un’opera edile per quanto
riguarda in particolare la sua responsabilità nell’ambito della organizzazione
e della gestione della sicurezza del cantiere installato per la realizzazione
dell’opera commessa. E’ abbastanza consolidato l’orientamento della
giurisprudenza, ha tenuto infatti a precisare la suprema Corte, secondo cui il committente
è titolare ex lege di una specifica posizione di garanzia e rimane il soggetto
in via principale tenuto all’osservanza degli obblighi imposti nella materia
specifica. Se lo stesso non si sente in grado o non vuole rivestire
personalmente le funzioni di controllo del cantiere ha la facoltà di designare
un responsabile dei lavori cui trasferire gli obblighi in materia di salute e
sicurezza sul lavoro da fare con una nomina formale accompagnata dal
conferimento di poteri decisori, gestionali e di spesa.
Il fatto
La Corte di Appello, in
riforma della sentenza di primo grado che aveva assolto il proprietario di un
immobile e committente
di lavori di ristrutturazione dal reato di cui all'art. 589 c.p. perché il
fatto non costituisce reato, ha dichiarato l'imputato colpevole di un incidente
sul lavoro nel quale aveva perso la vita un lavoratore autonomo e, concesse le attenuanti
generiche equivalenti all'aggravante, lo ha condannato a sei mesi di reclusione
e al risarcimento del danno in favore delle parti civili da liquidarsi in
separato giudizio. All’imputato era stato contestato di non aver verificato le
azioni di coordinamento e controllo del coordinatore per l'esecuzione dei lavori
a garanzia della sicurezza dei lavoratori, violando quindi il disposto
dell'art. 6 comma 2 del D. Lgs. n. 494/96. In particolare la mattina dell’infortunio
il lavoratore, che svolgeva mansioni di carpentiere, nel raggiungere il proprio
posto di lavoro per procedere ad operazioni di getto
del calcestruzzo, forse perché in leggero ritardo, attraversava un fossato
frapposto tra il muro perimetrale dell'edificio ed il bordo di uno scavo
poggiando un piede su un puntello di sostegno che però cedeva. Lo stesso, non
essendovi parapetto a protezione del bordo dello scavo, cadeva sul fondo dello stesso
dove erano presenti dei tondini acuminati privi di protezione, sui quali
rimaneva infilzato decedendo nell'immediatezza per le lesioni riportate.
La corte di Appello,
nel ribaltare la sentenza assolutoria, rilevava che l'attività di getto del
calcestruzzo, cui doveva partecipare anche la vittima, si era resa necessaria
proprio a seguito di una variante in corso d'opera decisa dal committente. Il
lavoratore aveva avvisato telefonicamente un collega di essere in ritardo e
probabilmente proprio a causa di tale ritardo lo stesso, per raggiungere il
solaio, non si è avvalso della scala posta in corrispondenza della parete, ma
aveva scavalcato il fossato. La stessa Corte di Appello ha rilevato che la
situazione del cantiere era oggettivamente pericolosa per la presenza, non
adeguatamente protetta, dello scavo profondo più di tre metri e dei tondini
privi dei cappellotti di protezione. La Corte Territoriale ha rilevato inoltre che
l’imputato era non solo committente dell'opera e della specifica variante ma
anche responsabile dei lavori e che lo stesso frequentava abitualmente il
cantiere, interessandosi dell'andamento dei lavori e fornendo istruzioni, per
cui era evidente in tale situazione la sua colpa in quanto, pur avendo avuto un
ruolo determinante nella creazione di una specifica fonte di rischio, non aveva
provveduto a far adeguare il piano
di sicurezza alla nuova situazione non avvisando neppure il coordinatore
per l'esecuzione.
Il ricorso in Cassazione e le motivazioni
Avverso la sentenza
della Corte di Cassazione l’imputato ha ricorso per cassazione adducendo alcune motivazioni. Con il primo
motivo si è lamentato perché la Corte di Appello non aveva tenuto conto che
l'infortunato era un lavoratore autonomo, incaricato direttamente
dall'appaltatore di svolgere determinati lavori al di fuori dell'orario di
cantiere ed a sua insaputa (l'incidente si era verificato alle 7,45, prima
dell'apertura del cantiere) e comunque fuori dell’area di rischio di sua
competenza in quanto egli era solo il
committente. Con il secondo motivo ha fatto notare che il comportamento del lavoratore
il quale, essendo in ritardo, non si è servito dell’apposita scala, è stato
eccezionale, abnorme ed interruttivo del nesso causale e come altro motivo ancora
ha posto in evidenza che come responsabile dell’accaduto era da considerarsi il
coordinatore per la sicurezza che era a
conoscenza della variante del progetto ed inoltre che a carico del committente
le disposizioni di legge pongono solo una verifica del cantiere di natura
formale. L’imputato si è lamentato altresì per la mancata esatta ricostruzione
della dinamica dell'incidente.
Le decisioni della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione
non ha accolto il ricorso presentato. Come già rilevato dalla Corte di Appello
la Corte suprema ha messo in evidenza che il committente dei lavori e della
variante degli stessi durante la cui realizzazione si è verificato l'incidente,
non si è avvalso della facoltà di nominare un responsabile dei lavori, cui
trasferire gli adempimenti in materia di sicurezza del lavoro per cui è rimasto
obbligato in proprio. Infatti, secondo la giurisprudenza della Corte di
Cassazione, ha sostenuto la Sez. IV, “
in
tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il committente, che è il
soggetto che normalmente concepisce, programma, progetta e finanzia un'opera, è
titolare ‘ex lege’ di una posizione di garanzia che integra ed interagisce con
quella di altre figure di garanti legali (datori di lavoro, dirigenti, preposti
etc.) e può designare un responsabile dei lavori, con un incarico formalmente
rilasciato accompagnato dal conferimento di poteri decisori, gestionali e di
spesa, che gli consenta di essere esonerato dalle responsabilità, sia pure
entro i limiti dell'incarico medesimo”. Più volte infatti dalla Corte di
Cassazione è stato affermato che “
in
materia di infortuni sul lavoro in un cantiere edile, il committente rimane il
soggetto obbligato in via principale all'osservanza degli obblighi imposti in
materia di sicurezza, ex art. 6 del D.Lgs. 14 agosto 1996 n. 494, come
modificato dal D.Lgs. 19 novembre 1999 n. 528 (attuale art. 93 del D. Lgs.
n. 81/2008 e s.m.i.)
, atteso che
l'effetto liberatorio si verifica solo a seguito della nomina del responsabile
dei lavori e nei limiti dell'incarico conferito a quest'ultimo”.
Spettava dunque all’imputato,
secondo la Sez. IV, in qualità di committente la verifica dell'adempimento
degli obblighi in materia di sicurezza sul lavoro e cioè in concreto il
controllo sulla redazione del piano di sicurezza
e il suo costante adeguamento, controllo che nel caso in esame avrebbe dovuto
comportare l'eliminazione della situazione di rischio derivante dalla presenza
dello scavo pericoloso, controllo che, a differenza di quanto sostenuto nel ricorso,
non è di natura meramente formale ma implica una effettiva e ragionata verifica
circa le soluzioni da adottare come è dimostrato dal fatto che il committente,
ove non sia in condizione o non voglia assumere direttamente tale ruolo, può
nominare un responsabile dei lavori sul quale trasferire la responsabilità nei
limiti dell'incarico e dei poteri conferiti, controllo che ovviamente può
portare ad un intervento attivo del committente, soggetto nel cui interesse è
svolta l'opera e dunque certamente vero dominus della stessa, e che deve essere
esercitato a prescindere dalla presenza di altri soggetti, ad altro titolo
investiti di funzioni di garanzia, essendo ben noto che il vigente sistema di
tutela della sicurezza del lavoro prevede una pluralità di figure di garanti
tutti autonomamente responsabili in relazione agli obblighi a ciascuno di loro
imposti.
Con riferimento poi al
fatto che l’infortunato rivestiva la figura di lavoratore
autonomo nonché al fatto che si fosse recato in cantiere fuori dell'orario
di lavoro ed al suo comportamento ritenuto abnorme, la suprema Corte ha
ricordato che in materia di prevenzione degli infortuni nei luoghi di lavoro,
il soggetto beneficiario della tutela è anche il terzo estraneo
all'organizzazione dei lavori, sicché dell'infortunio che sia occorso
all'"extraneus" risponde il garante della sicurezza, sempre che
l'infortunio rientri nell'area di rischio definita dalla regola cautelare violata
e che il terzo non abbia posto in essere un comportamento di volontaria
esposizione al pericolo. In applicazione della pacifica giurisprudenza della
Corte di Cassazione, ha aggiunto la Sez. IV, la colpa del lavoratore,
concorrente con la violazione della normativa antinfortunistica ascritta al
datore di lavoro ovvero al destinatario dell'obbligo di adottare le misure di
prevenzione esime questi ultimi dalle loro responsabilità solo allorquando il
comportamento anomalo del primo sia assolutamente estraneo al processo
produttivo o alle mansioni attribuite, risolvendosi in un comportamento
del tutto esorbitante ed imprevedibile rispetto al lavoro posto in essere,
ontologicamente avulso da ogni ipotizzabile intervento e prevedibile scelta del
lavoratore, cosa che nel caso in esame non si è verificata.
Risultando quindi in
conclusione correttamente accertata e motivata la responsabilità dell'imputato,
la Corte di Cassazione ha rigettato il suo ricorso condannandolo al pagamento
delle spese del procedimento oltre alla rifusione delle spese in favore delle
parti civili liquidate in complessivi euro 3500,00 oltre accessori come per
legge.
Gerardo Porreca
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