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"Sul principio della massima sicurezza tecnologica fattibile"
fonte www.puntosicuro.it / Sentenze
16/05/2016 - Torna la Corte di Cassazione in questa sentenza ad occuparsi del
principio della migliore tecnologia fattibile in
base al quale l’imprenditore, al fine di garantire la sicurezza dei
lavoratori dipendenti, deve procedere ad una sostituzione delle
tecnologie precedentemente adottate con quelle più innovative.
Non può però pretendersi, ha aggiunto la suprema Corte,
che lo stesso proceda ad una sostituzione immediata delle tecniche precedentemente adottate con quelle più innovative,
dovendosi pur sempre procedere ad una complessiva valutazione dei
tempi, delle modalità e dei costi dell’innovazione purché ovviamente i
sistemi già adottati siano comunque idonei ad assicurare un livello
elevato di sicurezza. Nel caso di cui alla sentenza la Corte di
Cassazione ha confermata la condanna inflitta dai precedenti gradi di
giudizio ad un amministratore unico di una società perché al momento
dell’evento infortunistico occorso ad un lavoratore dipendente era
disponibile un sistema di sicurezza, rispetto a quello già utilizzato,
più idoneo a prevenire la situazione di pericolo che ha portato
all’infortunio, sistema che il datore di lavoro avrebbe quindi dovuto
adottare per la tutela della sicurezza del lavoratore.
Il fatto e l’iter giudiziario
La Corte di
Appello ha confermata la sentenza di condanna emessa dal Tribunale nei
confronti dell’amministratore unico di una società per il delitto p. e p. dall'
art. 589, primo, secondo e terzo comma cod. pen., per avere per colpa
specifica, consistita nella violazione della disciplina antinfortunistica,
cagionato l'esplosione di un compressore a causa della quale un operaio
dipendente della stessa società, che stava provvedendo ad operazioni di carico
delle autocisterne
aziendali con GPL, ha riportato lesioni personali che lo hanno portato alla
morte ed un altro dipendente della stessa società ha riportato lesioni
personali guarite oltre il quarantesimo giorno, con indebolimento permanente
dell'organo dell'udito, nonché del reato p. e p. dal combinato disposto degli
artt. 4, quinto comma lett. h), 3 primo comma lett. b), 89, terzo comma lett.
a) D. Lgs. 19/9/94 n. 626, per avere omesso di adottare le misure di
prevenzione essenziali per garantire la sicurezza dei lavoratori e più
precisamente per non avere aggiornato le misure preventive in relazione al
grado di evoluzione delle tecnica della prevenzione e della protezione, non
avendo provveduto alla predisposizione di dispositivi per evitare l'ingresso
della fase liquida all'interno del compressore che così esplodeva cagionando
gli eventi citati. L’imputato è stato, pertanto, dichiarato responsabile del
reato ascrittogli e, concessegli le circostanze attenuanti generiche ritenute
equivalenti alle aggravanti contestate, veniva condannato alla pena di mesi 6
di reclusione oltre al pagamento delle spese processuali con pena sospesa,
nonché al risarcimento del danno in favore delle parti civili, da liquidarsi in
separata sede, con una provvisionale immediatamente esecutiva, pari ad €
50.000, per ciascuna parte.
Il ricorso in Cassazione
e le motivazioni
Avverso il provvedimento della Corte
di Appello l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, a mezzo del proprio
difensore di fiducia adducendo diverse motivazioni. Lo stesso ha fatto rilevare
che la sentenza impugnata aveva dichiarata la sua responsabilità per aver
omesso di adottare le necessarie misure di prevenzione e per non aver
aggiornato le misure preventive, mediante l'adozione di dispositivi atti ad
evitare l'ingresso della fase liquida all'interno del compressore. Sarebbe
stata più precisamente valutata negativamente per l'imputato l'omessa adozione
di un meccanismo di sicurezza chiamato "barilotto trappola",
utilizzato in altre aziende, come accertato dalla ASL nel corso delle indagini
ed il cui uso avrebbe impedito l’accaduto. L’affermazione della Corte di
Appello sull'obbligatorietà di munire il compressore del GPL del citato dispositivo
di sicurezza "barilotto trappola" sarebbe stata, secondo il
ricorrente, priva di qualsiasi valore scientifico e sarebbe derivata unicamente
da una ricerca empirica condotta dalla ASL, che ne avrebbe appurato l'uso in
altre aziende.
Il ricorrente ha richiamata la sentenza
della Corte di Cassazione Sezione IV n. 41944 del 19/10/2006 riferita alla massima
sicurezza tecnologica esigibile dal datore di lavoro. L'esatta applicazione
delle prescrizioni tecniche non esimerebbe il datore di lavoro da
responsabilità laddove l'evoluzione tecnologica le abbia di fatto superate. Nel
caso di specie, però, ha sostenuto l’imputato, il compressore in uso era
perfettamente funzionante, così come il dispositivo di sicurezza, sistema della
stessa natura del "barilotto trappola", per cui nessun addebito
sarebbe stato configurabile a suo carico in quanto il macchinario era munito di
un sistema di sicurezza del tutto idoneo. Non poteva venirgli contestato di non
aver adottato un sistema di sicurezza diverso ma del tutto analogo nei fini a
quello di cui era effettivamente munito il macchinario oggetto dell'incidente. Il
ricorrente ha aggiunto, inoltre, che il comportamento del lavoratore, anche
qualora non potesse essere ritenuto abnorme e tale da interrompere il nesso di
causalità e da porsi come causa sufficiente a determinare l'evento, sarebbe stato
nel caso in esame esorbitante e quindi assolutamente
imprevedibile per il datore di lavoro.
Secondo poi quanto sostenuto dalle
parti civili è risultato indubbio nel caso in esame che il datore di lavoro,
sebbene in possesso delle certificazioni di regolarità, avrebbe dovuto
informarsi dei sistemi di sicurezza esistenti sul mercato ed adeguare il
proprio impianto con una spesa estremamente contenuta ed ancora che
l’applicazione del barilotto avrebbe certamente impedito l’accaduto. La
condotta del lavoratore, altresì, non poteva essere considerata abnorme e tale da
esonerare il datore di lavoro da responsabilità penali.
Le decisioni della Corte
di Cassazione
La Corte di Cassazione ha ritenute
infondate le motivazioni del ricorso che è stato pertanto rigettato. La stessa
ha messo in evidenza che é vero che il compressore era dotato di un sistema di
sicurezza funzionante ma è vero anche che dalle dichiarazioni rese dai periti era
emerso chiaramente che lo stesso non era sufficientemente idoneo per cui il
Tribunale prima e poi Corte territoriale avevano maturato il convincimento secondo
il quale la presenza del “barilotto trappola” avrebbe impedito la causazione dell'infortunio.
A proposito della "
massima sicurezza tecnologica"
esigibile dal datore di lavoro, la Corte di Cassazione ha ribadito che, in
materia di infortuni sul lavoro, è onere dell'imprenditore adottare
nell'impresa tutti i più moderni strumenti che offre la tecnologia per
garantire la sicurezza dei lavoratori e però anche che “
qualora la ricerca e lo sviluppo delle conoscenze portino alla
individuazione di tecnologie più idonee a garantire la sicurezza, non è
possibile pretendere che l'imprenditore proceda ad un'immediata sostituzione
delle tecniche precedentemente adottate con quelle più recenti e innovative,
dovendosi pur sempre procedere ad una complessiva valutazione sui tempi,
modalità e costi dell'innovazione, purché, ovviamente, i sistemi già adottati
siano comunque idonei a garantire un livello elevato di sicurezza”. Con
riferimento però al caso in esame la Corte territoriale aveva posto in evidenza
che il sistema di sicurezza costituito dal così detto "barilotto
trappola" "non costituiva una novità, essendo in uso in aziende
analoghe secondo il perito e almeno dagli anni 1990 secondo uno dei testi
dedotti dalla parte civile, e quindi avrebbe potuto essere utilizzato. Il datore
di lavoro in definitiva, sebbene in possesso delle certificazioni di regolarità
dell'impianto, era tenuto ad aggiornarsi circa i sistemi di sicurezza esistenti
sul mercato e ad adeguare l’impianto stesso con una spesa tra l’altro estremamente
contenuta.
In merito,
infine, alla tesi sostenuta dal ricorrente della interruzione del nesso di
causalità tra l'accertata carenza del sistema di sicurezza e la morte del
lavoratore, dovendo la stessa attribuirsi al comportamento
abnorme dei lavoratori ed essendo l'evento stesso imprevedibile e
inevitabile, la Corte di Cassazione ha ribadito quanto più volte sostenuto e
cioè che il comportamento negligente del lavoratore infortunato che abbia dato
occasione ad un evento,
quando questo sia da ricondurre
comunque all'insufficienza di quelle cautele che, se adottate, sarebbero valse
a neutralizzare proprio il rischio derivante dal richiamato comportamento
imprudente, non vale a escludere la responsabilità del datore di lavoro.
Gerardo Porreca
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