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"Il tribunale reintegra un operaio licenziato Legittimo il rifiuto di lavorare a un macchinario pericoloso"

fonte Diario-prevenzione.it / Sicurezza sul lavoro

28/01/2009 - IL LAVORATORE ben può rifiutarsi di azionare un macchinario che ritiene pericoloso per la propria incolumità e quindi rifiutarsi di effettuare il lavoro ordinato dall’imprenditore e, conseguentemente, è illegittimo il licenziamento intimato. Non solo: il lavoratore, per protestare contro l’ordine di svolgere il lavoro pericoloso ben può alzare la voce e definire ‘dittatore’ il datore di lavoro. E’, in estrema sintesi, la decisione adottata dal tribunale civile di Ravenna, in sede di reclamo, contro l’ordinanza con cui invece il licenziamento era stato confermato dal giudice Antonella Allegra cui era stato presentato il ricorso d’urgenza. Il collegio era presieduto dal giudice Alfredo Giani e dai giudici Giangiacomo Lacentra e Roberto Riverso. La sentenza, che ribalta completamente la precedente decisione, è stata stesa dal giudice del lavoro Riverso e, come impongono le più avanzate frontiere del diritto moderno, si richiama prioritariamente alla Costituzione. E tanto più questa sentenza del tribunale è aderente alla realtà anche sociale della vicenda se solo si tiene presente che dopo la protesta del lavoratore licenziato, l’azienda — del Conselicese — ha messo a norma il macchinario cui le «protezioni erano state disattivate». AL DIPENDENTE era stato ordinato di seguire contemporaneamente due linee lavorative consistenti nella produzione di bobine di cavo ‘Twin’ da 500 metri, con contestuali operazioni di taglio finale del cavo e di conseguente imballaggio. Il taglio del cavo nella linea due doveva avvenire con il macchinario in movimento con grave rischio del lavoratore in quanto le ‘gabbie’ di protezione di cui originariamente il macchinario era dotato, erano state disattivate. Al rifiuto di eseguire il lavoro c’erano stati diversi interventi della linea gerarchica del personale, il dipendente alzò anche la voce, pronunciò una frase che il collegio definisce ‘infelice’ (del tipo ‘se sei un uomo vieni fuori’) e infine l’operaio bollò come ‘dittatore’ il datore di lavoro.

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