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" L’obbligo di origine? Frutto di un baratto"
fonte Italia Oggi / Agroalimentare
05/02/2009 - «È risultato straordinario. Non si può non ricordare come questa partita sia iniziata tanto tempo fa, direi dal primo dicastero De Castro governo 1998-99». Così l’ex ministro alle politiche agricole, Paolo De Castro, commenta (non senza un pizzico un primo avviso dimessa in mora da parte di Bruxelles. «Ma era un d’orgoglio) a ItaliaOggi l’ok europeo all’obbligo di indicare in etichetta l’origine dell’olio d’oliva. «La novità vera», chiosa De Castro, «è che questo provvedimento Ue diventerà caso di scuola, un precedente che potrà servire per future battaglie sull’obbligo di etichettatura d’origine dei prodotti». Oggi componente della commissione agricoltura al Senato, De Castro spiega che: «la decisione Ue non deriva da un intervento nazionale, figlio di una iniziativa parlamentare, come si fece nel 2002 e ultimamente si è fatto con le iniziative di Zaia e Scarpa Bonazza. Ma», avverte l’ex ministro, «è il risultato di un’opera di convincimento svolta verso la commissione europea sulla necessità di agganciare il prodotto al territorio, lì dove questo abbia senso». La battaglia, spiega De Castro, «iniziò con l’introduzione dell’ipotesi di etichettatura d’origine nella riforma dell’ocm ortofrutta. Ma la partita si spostò sull’olio quando Bruxelles contestò la legge che prevedeva l’obbligo di etichettatura generalizzata dei prodotti agricoli (204/2004). Allora», ricorda De Castro, «promettemmo alla commissione di cancellare l’obbligo generalizzato di etichettatura,ma, in cambio proponemmo subito l’etichettatura d’origine dell’olio d’oliva. Così, in Europa partì il lavoro per la modifica del regolamento orizzontale dell’olio, il 1019/2002. In Italia, subito dopo, feci un decreto ministeriale, che reintrodusse l’obbligo di etichettatura d’origine dell’olio. Era il 10 ottobre 2007». 11 decreto De Castro venne poi raggiunto da un primo avviso di messa in mora da parte di Bruxelles. « Ma era un atto pro forma della commissione che giocava la sua partita», spiega il senatore Pd. Che, poi aggiunge «a Bruxelles vennero presentati dati Ismea, che rilevarono la presenza di una distorsione di mercato, derivante dal fatto che il consumatore è disposto a pagare di più l’olio se in etichetta compare la dicitura made in Italy». La commissione non potè non prenderne atto e ciò, secondo De Castro, «spiega il cambio di rotta del commissario Ue all’agricoltura, Mariann Fischer Boel, emerso, ad aprile 2008 all’accademia dei Georgofili, poco prima della caduta del governo Prodi». In quella sede il commissario rinunciò la sua disponibilità all’etichettatura d’origine obbligatoria dell’olio d’oliva. Poi seguirono i tre mesi necessari al Wto per esaminare e approvare la proposta e «il buon lavoro di supporto al dossier fatto da Zaia e dai tecnici Mipaaf riconosce De Castro. Morale? L’ex ministro la spiega così: «adesso dobbiamo lavorare per l’obbligo di etichettatura della passata di pomodoro e delle carni avicole, ma bisogna lavorare su singoli prodotti. E spiegare a Bruxelles, con i dati, perché queste etichettature d’origine sono necessarie. Non dobbiamo fare battaglie generalizzate e generiche».
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