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"Filiera alimentare Più tutele e garanzie"
fonte Italia Oggi / Sicurezza alimentare
08/07/2009 - Quanta importanza ha la tracciabilità per garantire la sicurezza alimentare e tutelare i prodotti italiani?Susanna Cenni (Pd). Sicuramente moltissima. Da una parte c'è la rintracciabilità, stabilita dalla legge secondo criteri comunitari, dall'altra la tracciabilità, che ci permette di conoscere cosa andiamo a mangiare, seguendone il percorso lungo tutta la filiera. Se la prima consente di ritirare un prodotto dal mercato nel caso di pericoli per la salute, attraverso la tracciabilità informiamo il consumatore, investiamo sull'immagine e la qualità dei nostri prodotti e rafforziamo un legame virtuoso tra cibo, tradizione e territorio. In questo senso, il Made in Italy agroalimentare ha fatto di sicurezza e qualità delle produzioni un elemento di punta della propria competitività.Paolo Scarpa Bonazza Buora (Pdl). La tracciabilità ha un'importanza fondamentale per garantire sia il consumatore in relazione alla sicurezza alimentare e all'effettiva qualità e provenienza degli acquisti sia l'agricoltore per tutelarne gli investimenti volti al miglioramento del prodotto. Sono anche convinto che la stessa industria alimentare italiana ne possa trarre giovamento, elevando ulteriormente la propria capacità di creare margini. È favorevole all'introduzione di una tracciabilità territoriale, così da contraddistinguere maggiormente un territorio per ciò che è geograficamente e produttivamente richiama?Cenni. In generale direi di sì. Vivendo in Toscana posso testimoniare quanto grande sia il valore insito nel legame tra prodotto e territorio. Se a livello nazionale si imboccasse questa strada, il nostro paese dovrebbe però investire molto su regole e indicatori comuni, condivisi e riconoscibili. Se ben coordinata, un'iniziativa che esalta la provenienza territoriale andrebbe a valorizzare tutta la filiera, con positive ricadute intersettoriali.Scarpa Bonazza Buora. Certamente sì. Il legame tra territorio e produzione agroalimentare costituisce un valore aggiunto sempre più riconosciuto. La mia proposta di legge sull'etichettatura delle produzioni agroalimentari attualmente all'esame del senato va esattamente in questa direzione. Sappiamo tutti che esistono problemi avanzati dai nostri concorrenti a livello comunitario, ma non possiamo arrenderci passivamente e colpevolmente. Questa è una battaglia da vincere a Bruxelles, e su questa battaglia si gioca il futuro del nostro sistema agroalimentare anche nella prospettiva della futura Pac e dell'evoluzione delle trattative multilaterali sul commercio.Cosa si può fare per ridurre la filiera?Cenni. Intervenire a partire dalla produzione primaria, sostenendo una maggiore organizzazione tra i nostri agricoltori. Prendiamo l'esempio delle mense scolastiche o aziendali: solo attraverso un coordinamento per garantire le forniture in quantità adeguate e tutto l'anno, i piccoli produttori avranno la meglio sui grandi gruppi organizzati. I mercatali e la vendita diretta sono un altro pezzo, peraltro molto positivo, di risposta, ma da soli non bastano. Se non riusciamo ad accorciare la filiera, e fare in modo che il valore aggiunto torni adeguatamente sul produttore, dobbiamo sapere che avremo ancora conseguenze rilevanti su costi, freschezza e tracciabilità dei prodotti.Scarpa Bonazza Buora. Filiera accorciata significa andare nella direzione dell'aggregazione dell'offerta attraverso lo strumento consortile e cooperativo. Significa inoltre promuovere, utilizzando opportunamente la leva fiscale e la semplificazione burocratica, i farmer's market. Significa realizzare convintamente il progetto della «filiera italiana» lanciato da Coldiretti, che non ambisce all'esclusività, ma a un'opportunità reale per i consumatori e i produttori.È favorevole all'introduzione di un marchio «Made in Italy» per tutelare l'agroalimentare italiano?Cenni. Non si improvvisano qualità e storia di alcuni prodotti, penso al vino in modo particolare. Le rendite di posizione non esistono più per nessuno, le nostre attuali posizioni di mercato non sono intoccabili e paesi emergenti che faranno qualità ci saranno. Questa consapevolezza deve essere uno stimolo per non abbassare la guardia, innanzitutto sui livelli qualitativi, e per crescere in organizzazione e innovazione del contesto produttivo. Sull'introduzione di un marchio a garanzia del Made in Italy dico sì, a patto che sia una severa operazione di sostanza a garanzia dell'origine dei prodotti. Su troppe etichette oggi leggiamo Italia sapendo che non è vero.Scarpa Bonazza Buora. La tutela delle indicazioni geografiche è questione irrinunciabile per gli agricoltori italiani. Diversamente ci troveremmo ancor più esposti alla concorrenza sleale, al dumping sociale e sanitario. Il Made in Italy è fattore di successo per molti comparti produttivi italiani, ma è questione di sopravvivenza per la nostra economia agroalimentare.Come è possibile creare valore aggiunto per tutti gli attori della filiera agroalimentare?Cenni. Costruendo relazioni e accordi di filiera stabili, capaci di valorizzare la qualità delle produzioni e della trasformazione, dando certezza su tutto il percorso al consumatore finale e investendo sulla provenienza territoriale della materia prima. Non mi riferisco solo alla logica del chilometro zero, che io per prima ho sostenuto, ma almeno all'impiego di risorse locali o nazionali nella trasformazione e alla loro valorizzazione nella ristorazione, nel commercio al dettaglio e nella grande distribuzione.Scarpa Bonazza Buora. La valorizzazione del prodotto alimentare non può che trasferirsi a tutte le componenti della filiera. Infatti una corretta etichettatura permette non solo all'agricoltore, ma anche e soprattutto all'industria alimentare di differenziare il prodotto rispetto all'omologazione, alla massificazione, all'appiattimento, e ciò con evidenti vantaggi sui margini. È anche evidente che l'etichettatura, unita a una efficace informazione, permetterà di spiegare perché alcuni prodotti alimentari tipici del made in Italy non possono non utilizzare anche materia prima di importazione, pena un abbassamento della stessa qualità. Insomma, non è proprio comprensibile un'avversione pregiudiziale sull'etichettatura.Quali misure si possono prevedere per aiutare e incentivare le pmi alimentari?Cenni. Diciamo che, in parte, i Piani di sviluppo rurale già lo fanno con alcune misure. Ritengo, però, che sarebbe utile un'azione di carattere nazionale, capace di incentivare relazioni tra produzione primaria e trasformazione artigianale e industriale. Accordi che dovrebbero garantire la trasformazione del prodotto nazionale o locale, magari condizionando ad alcuni criteri di sostenibilità, alta qualità, attenzione agli imballaggi e garanzia di trasporti più brevi. Penso ancora a quanto sarebbe possibile fare tra agricoltura e artigianato tradizionale in un paese a grande valenza turistica come il nostro, puntando su cibo e utensili artigianali o, ancora, su cucina e prodotti tipici anche all'interno della ricettività di carattere internazionale. Sarebbe utile, per esempio, creare incentivi per favorire la costituzione di accordi volontari.Scarpa Bonazza Buora. Le pmi alimentari hanno bisogno di quanto occorre alle pmi in generale. Quindi, credito, sburocratizzazione, semplificazione, norme chiare e applicabili. Ma anche promozione vincente sui mercati esteri, superando finalmente la frammentazione e l'episodicità degli interventi.
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