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"Sigarette, il capo rischia grosso"

fonte Italia Oggi, Daniele Cirioli / Sicurezza

11/01/2010 - Fumarsi una «bionda» in azienda può costare pure la galera. Al lavoratore che trasgredisca il divieto fumo negli ambienti di lavoro, infatti, può essere contestata la violazione. del mancato rispetto delle disposizioni e delle istruzioni impartite dal datore di lavoro, da dirigenti e preposti ai fini della protezione collettiva e individuale (articolo 20 del Tu. sicurezza). Violazione per la quale è prevista, appunto, la sanzione dell’arresto fino a un mese o l’ammenda da 600 euro. Peggio può andare gi datore dì lavoro (e ai dirigenti e preposti): la sanzione sul mancato rispetto del divieto di fumo sui luoghi di lavoro, infatti, può arrivare all’arresto fino a sei mesi o all’ammenda fino a 6.400 euro. Ad evidenziano è l’Ispesl che ha pubblicato una guida per la gestione del fumo di tabacco nei luoghi di lavoro. La normativa sul divieto di fumo prima del 2003 riguardava solo alcuni luoghi pubblici (sale corse, cinema, ospedali, scuole,..) e tutelava solo i lavoratori impiegati in particolariattività per le quali il fumare sarebbe stato pericoloso (lavoro in sotterraneo,cassoni ad aria compressa, cave e miniere, esposizione ad agenti biologici, chimici pericolosi e cancerogeni). La svolta si è avuta con la legge n. 3/2003, entrata in vigore nel quando il divieto di firmo è stato esteso a tuttii locali chiusi, con le sole eccezioni dei locali riservati a fumatori e quelli privati non aperti ad utenti e al pubblico. Nell’Accordo 16 dicembre 2004 si raccomanda i datori di lavoro nei luoghi di lavoro pubblici e privati di fornir? anche un’adeguata informazione ai lavoratori sui rischi per la sicurezza e la salute derivanti dal fumo di tabacco attivo e passivo, stile misure di prevenzione del fumo adottate nel luogo di lavoro, sulle procedure previste dalla normativa vigente per la violazione del divieto e sulle modalità efficaci per smettere di fumare, avvalendosi dei servizi competenti in materia. Oltre alle sanzioni di carattere generale, per l’inosservanza del divieto di fumo nei luoghi di lavoro, altre sanzioni sono previste per i lavoratori, datori di lavoro, dirigenti e preposti dal T.u. sicurezza (il dlgs n. .8112008). Cosa deve fare il datore di lavoro. Secondo l’lspesl, il datore di lavoro deve dare segnali chiari ed univoci di divieto di fumo nei locali chiusi non privati ai sensi della legge n. 3/2003, sia posizionando un’idonea cartellonista che istituendo la vigilanza del divieto. In quanto «promotore della salute», il datore di lavoro pub anche elaborare una politica di géstione del fumo di tabacco in azienda coinvolgendo i lavoratori e la altre figure della prevenzione perla salute e sicurezza in azienda. Pur non essendo obbligato, il datore di lavoro ancora può istituire nella propria azienda i locali riservati ai fumatori che devono rispondere alle caratteristiche del dpcm 23 dicembre 2003. L’Ispesl ricorda, al riguardo, che gli impianti di ventilazione non. sembrano in grado di abbattere i rischi per la salute legati alla esposizione a fumo passivo. Anche l’American Society of Heatìng of Refrigerating and Air Conditìoning Engineers (ASHRAE), un organismo internazionale di normazione in materia di qualità dell’aria interna e ventilazione, ha affermato, in un suo documento del 2005 sui mezzi di lotta contro il fumo passivo, che il solò modo efficace di eliminare i rischi per la salute derivanti dall’esposizione al fumo passivo è quello di vietare il fumo negli ambienti interni. Il datore di lavoro, in collaborazione con il responsabile del servizio cli prevenzione e protezione, il medico competente e il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza come previsto dal T.u. sicurezza deve informare i lavoratori sui darmi del fumo attivo e passivo e una relazione coni rischi lavorativi. Deve, inoltre, valutare l’esposizione al fumo passivo dei lavoratori impiegati nei locali riservati ai fumatori come esposizione ‘ad agenti chimici e cancerogeni; individuare le adeguate misure di prevenzione e di protezione ed elaborare il programma delle misure atte a garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di salute e sicurezza. In ogni caso, il datore di lavoro è tenuto a far rispettare il diviéto di fumo: tutti i posti dove si impiegano prodotti infiammabili, incendiabili o esplodenti (articolo 63,Allegato IVdel dlgs n. 8112008); attività in cui vi è esposizione ad agenti biologici (articolo 273, comma 2, del dlgs n. 8112008); attività in cui si utilizzino sostanze cancerogéne (articolo 237, comma i, lettera b, e articolo 238, comma 2, del dlgs n. 8112008); attività in cui si impieghino sostanze radioattive (dlgs n. 24112000); attività con esposizione ad amianto (articolo 252, comma 1, lettera a, del dlgs n. 8112008); lavoro nei cantieri, locali di riposo, locali di refezione (allegato XIII, punto 4, del dlgs n. 8112008); locali chiusi di lavoro (legge n.3/2003). La soluzione migliore per eliminare i danni per la salute dovuti al fluno passivo è il divieto di fumo. Dove ciò non fosse possibile (locali per fumatori) dovranno essere applicate tutte le misure atte a ridurre il rischio ai: più bassi livelli di esposizione ed eventualmente misure di protezione individuale e sorveglianza sanitaria tenendo conto delle donne in stato di gravidanza, dei minori e della suscettibilità individuale.

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