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"Turni massacranti, su rischia il carcere "

fonte Italia Oggi, Debora Alberici / Sicurezza sul lavoro

09/06/2010 - Rischia una condanna per omicidio colposo il titolare della ditta di trasporti che costringe i suoi autisti a turni così massacranti da provocare incidenti autostradali mortali. Lo ha stabilito la Corte di cassazione che, con la sentenza n. 21810 di ieri, ha confermato la responsabilità penale dell'amministratore e del titolare diuna ditta che avevano costretto uno dei loro autisti a turni così massacranti da provocarne il crollo fisico. In particolare, l'uomo si era addormentato in autostrada causando un incidente mortale, nel quale era rimasto ucciso un automobilista che sopraggiungeva. Inutile il ricorso in Cassazione della difesa contro la condanna confermata dalla Corte d'appello di Perugia. Secondo il legale, infatti, le responsabilità affermate dalla quarta sezione penale sarebbero quasi oggettive (gli addetti ai lavori sanno che non esiste responsabilità penale oggettiva perché è personalissima). Ma secondo gli Ermellini il nesso causale fra l'incidente mortale e la turnazione degli automobilisti, spesso costretti a guidare per 50 ore di seguito, era esistente. In altri termini secondo la Cassazione, i soci e gli amministratori di una ditta di autotrasporti rispondono di omicidio colposo qualora il conducente di uno degli autocarri di loro proprietà provochi un incidente mortale determinato dalla stanchezza, perché non sono stati rispettati i tempi massimi di guida dei cdnducenti loro sottoposti, così creando condizioni tali da rendere «prevedibile» il verificarsi di incidenti, determinati da colpi di sonno o da inefficienza fisica del conducente, Insomma, la difesa dei vertici aziendali non è riuscita a smontare l'impianto accusatorio e la condanna della Corte territoriale. In proposito la Cassazione si riferisce spesso in sentenza a «una posizione di garanzia» a cui il datore di lavoro è tenuto per tutelare i suoi dipendenti e terzi da incidenti. «Posto, dunque», si legge in motivazione, «che correttamente si è ritenuta far capo all'amministratore, quale datore di lavoro, una posizione di garanzia in relazione a quella attività lavorativa che egli, concretamente, sia pure di fatto gestiva, ha rilevato la Corte territoriale che quel viaggio, cui doveva nella circostanza attendere l'autista, non diversamente dai precedenti viaggi che solevano ripetersi in quel percorso e per quelle forniture alimentari, era organizzato con tempi e modalità talida rendere praticamente impossibile, in caso di unico autista, l'osservanza di regolari tempi di guida nel rispetto delle norme sulla velocità e dei tempi di percorso: e di tanto ha dato specifica contezza, ricordando i termini del viaggio programmato, le tappe da percorrere, i carichi - da effettuare, su un percorso di circa 2.200 chilometri che imponeva di sottoporsi alla guida per oltre 25 ore continuative, inframmezzate solo da brevi soste o fermate». Anche la procura generale della Suprema corte aveva sollecitato in udienza lo stesso epilogo. Infatti aveva chiesto che uno dei ricorsi fosse dichiarato inammissibile e l'altro respinto.

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