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"Malattie tante, indennizzi pochi. L'Italia sconta il gap con l'Europa"

fonte La Repubblica / Sicurezza sul lavoro

19/07/2010 - Milano Malattie vere, indennizzi immaginari. L'italia che punta a risalire la china nella sicurezza sui luoghi di lavoro, sconta invece un gap profondo con gli altri paesi europei in tema di malattie professionali. E' infatti nella Penisola dove è più ampia la forbice tra dichiarazioni e riconoscimenti: nel 2008, a fronte di 29.704 dentrnce, solo 9.326 sono state accenate dall'Inail, contro le 40 mila approvate dai francesi. Da qui si sta muovendo una campagna, che coinvolge patronati, associazioni d'impresa e consulenti per la Csr, per far emergere un lato oscuro del mondo dellavoro. Specialmente nei casi dove sono pi bassi i casi indennizzati, come le tendiniti (22% dei casi denunciati) e le siodromi del tunnel carpale (19%), seguite, a valori veramente irrisori, dalle ipoacusie (6%), dalle malattie dell'apparato respiratorio (5%). «Ma le statistiche pubblicate dagli Istituti assicuratori non rappresentano in pieno l'entità del problema - spiega Marco Bottazzi, medico legale dell'Inca, patronato della Cgil - la sotto - dichiarazione delle malattie professionali è un fenomeno comune a tutti i paesi europei e interessa l'insieme delle patologie da lavoro». E poi precisa: «La sottonotifica ri schia di diventare sempre più significativa a fronte dell modificazioni del mercato del lavoro che stanno producendo nuove patologie in rapporto all'accelerazione generalizzata dei ritmi di lavoro (flessibilità, prolungamento, intensità, diversificazione e precarietà del lavoro), di una variazione della composizione della forza lavoro (con proporzioni più elevate di lavoratori anziani, di donne e di migranti) ecl in rapporto al maggior carico mentale del lavoro e allo stress». Per prevenire malattie sempre pùi gravi, così come gli infortoni, lnca, in collaborazione con le unioni industriali locali e l'Inail, si è messa a setacciare il territorio. E il caso del distretto calzaturiero di Fermo, popolato da piccole e piconlissime imprese, con una media di dipendenti che raramente, escluso il caso di Tod's, supera le 20 unità. «Grazie a una campagna di sensibilizzazione degli imprenditori - spiega Valerio Zanellato, dell'area danni di Inca - il numero delle denunce di malattie professionali, prima quasi nascosto, oggi sta emergendo. E ora le imprese si stanno attrezzando per arginare questi fenomeni, cambiando i ritmi dilavoro, migliorando la tecnologia. Spesso si tratta di piccoli accorgimenti che tutelano la salute dei lavoratori e diminuiscono i rischi di infortuni. E in questo modo, in prospttiva, si aumenta anche la produtlività». Come è il caso di Padova, dove unaver senza sindacale promossa da Inca, ha convinto l'azienda municipalizzata dei trasporti a sostituire i sedili degli autisti che erano privi di ammortizzatori ed erano causa di patologie muscolo scheletriche. Lo scarso riconoscimento delle malattie professionali è dovuto principalmente alla mancanza di informazione da parte dei lavoratori, combinata a una bassa motivazione e timore di ripercussioni sull'impiego in caso di denuncia, e secondo Marco Bottazzi «anche per via dell'insufficiente conoscenza dei medici di base o non interesse a individuare una correlazione della patologia con i rischi lavorativi». Su questo tema Confindustria scommette molto sulla formazione, con percorsi dedicati in particnlar modo alle Pmi. «Con la presidenza Marcegaglia l'associazione ha inaugurato una nuova stagione di politica sulla sicurezza creando un comitato che comprende 60 persone», spiega Samy Gattegno, presidente del comitato tecnico sulla sicurezza di Confindustria. Spiega Gatiegno: «Abbiamo lanciato diverse iniziative per sensibilizzare le imprese. Una su tutte è un workshop a tappe, dal nord al sud, fatto di 22 incontri, 19 già realizzati, per spiegare ad oltre 300 imprenditori il valore della sicurezza. Gli investimenti in sicurezza sono ammortizzabili in un anno. In caso cli infortuni invece c'è anche un costo economico, oltre che umano, che risulta più elevato per le imprese. Formazione che deve partire anche dal banchi di scuola: a Roma, Milano Napoli, infatti abbiamo realizzato percorsi formativi e una mostra per i bambini, figli di dipendenti e non, cercando di sensibilizzarli sull'argomento. Questi percorsi mirati sono molto utili che una politica di sole sanzioni». E dove non arrivano le leggi e le sanzioni, è la respnosabilità sociale di impresa il volano adatto a cambiare le cose. Ne è convinto Ugo Castellano, consigliere delegato di Fondazione i Sodalitas. La fondazione nata nel 1995 per la pruomuovere la Csr nelle aziende. «Normative sempre più stringenti e ammende più dure non sempre servono, La responsabilità sociale di impresa è un percorso che deve fare l'azienda per migliorare laddove non c'è nessuna legge che la obbliga a farlo. E questo è il caso anche delle malattie professionali. Noi organizzianio dei laboratori, dove le imprese si scambiano le buone pratiche e know how per implementare misure sulla sicurezza».

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