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"Il privato è responsabile degli infortuni in casa"

fonte Il Sole 24 ore, Patrizia Maciocchi / Sicurezza sul lavoro

02/12/2010 - Se l'operaio muore lavorando in casa di un privato, scatta la condanna per omicidio colposo a carico di chi lo ha fatto lavorare nella propria abitazione senza le dovute misure di sicurezza. La Corte di cassazione, con la sentenza n.42465, ribadisce la posizione di garanzia ricoperta anche dal privato cittadino che si avvale di manodopera. E specifica l'ampia portata dei principi del decreto legislativo 626 estensibili ai lavoratori autonomi. Gli ermellini hanno così respinto il ricorso, contro le sentenze di primo grado e secondo grado che disponevano una pena di otto mesi di reclusione, per U proprietario di un appartamento, considerato responsabile della morte di un operaio contattato per dipingerei soffitti del suo appartamento. La vittima, senza cintura di sicurezza e senza casco,era precipitata, da oltre 3 metri, dove lavorava su assi inchiodate, raggiungibili con una scala e prive di parapetto. La Cassazione evidenzia la posizione di garanzia ricoperta dal committente che, in assenza di un direttore dei lavori, si era assunto interamente il rischio dell'organizzazione, senza però preoccuparsi né di verificare l'idoneità del lavoratore che aveva ingaggiato non iscritto ad alcun albo artigiano o camera di commercio - né di dotarsi dei sistemi "anticaduta" previsti dalla normativa in materia in caso di lavori fatti ad altezze superiori ai due metri. Il Supremo collegio individua nel decreto legislativo 626, del 1994, il sistema più esteso di tutela a garanzia della salute dei lavoratori e specifica il raeeio d'azione di una norme che, seppure tarata su diversi modelli di lavoro subordinato, esplica la sua funzione anche al di là del lavoro dipendente, come chiaramente indicato dall'articolo 7. La normativa, per quanto riguarda i suoi effetti anti-infortunio, mette in atto una sorta di equiparazione tra lavoratori autonomi e subordinati. Alla legislazione, fa notare comunque la Corte, si affianca in ogni caso la giurisprudenza che supera il limite del lavoro dipendente prevedendo, per esempio, un obbligo non solo nei confronti di chi lavora nei cantieri ma anche di chiunque a vario titolo acceda agli impianti. Il diritto alla salute, affermato anche dall'articolo 32 della Costituzione, è dunque indivisibile e non da tempi recenti. Già con il Dpr 547/55 era stato, infatti, sottolineato l'errore della tesi di diritto in base al quale l'ordinamento positivo italiano garantirebbe solo i lavoratori subordinati. Il Supremo collegio smentisce anche il principio di diritto che considera il lavoratore autonomo l'unico responsabile della sua sicurezza. Gli ermellini considerano, infine, provato il nesso di causalità, tra la morte e le omissioni addebitate al ricorrente. Non c'è dubbio, secondo il collegio, che le misure di protezione, come un'"indagine" sull'idoneità del lavoratore, avrebbero evitato l'incidente.

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