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"Macchinari pericolosi, il marchio CE non esonera da responsabilità"

fonte Redazione Ambiente & Sicurezza sul Lavoro / Sicurezza sul lavoro

28/01/2011 - Nella recente sentenza 1226/2011, la Corte torna a confermare gli orientamenti precedentemente espressi in materia di responsabilità del datore di lavoro per infortuni ai dipendenti, in caso di macchinari pericolosi. Ancora una volta il marchio CE apposto sul macchinario non esonera completamente il datore di lavoro da responsabilità: egli deve comunque accertarsi che le macchine messe a disposizione dei lavoratori siano in possesso di tutti i requisiti di legge relativi alla sicurezza. Nel caso di specie si dibatteva della colpa del datore di lavoro per infortunio occorso ad un lavoratore adibito alla pulizia di una macchina monoblocco, privo di copertura nell'area di riavvolgimento del filo: pur utilizzando il guanto di protezione, la mano dell'operaio si è incastrata nel macchinario, procurando la frattura di un dito. In primo grado, il Tribunale, confermato poi nelle conclusioni dalla Corte d’Appello, aveva condannato il datore di lavoro per non aver fornito al lavoratore le necessarie istruzioni d'uso e per l'imprudenza di aver messo a disposizione dei dipendenti un macchinario con difetto. A nulla è valsa l’opposizione che la macchina presentasse un’anomalia in fase di costruzione, spostando la responsabilità sul costruttore. Quanto poi all’eventualità che il progresso abbia apportato miglioramenti alla sicurezza del macchinario, la Corte afferma che per esimere da responsabilità il datore di lavoro non è sufficiente che questi provi di aver munito la macchina di tutti gli accorgimenti di sicurezza conosciuti al tempo dell’acquisto ma “deve ispirare la sua condotta alle acquisizioni della migliore scienza ed esperienza” rapportandola al tempo presente. Inoltre, il datore di lavoro non deve solo limitarsi ad assolvere il compito di informare i lavoratori sulle norme antinfortunistiche previste, ma deve attivarsi e controllare sino alla pedanteria, che tali norme siano assimilate dai lavoratori nella ordinaria prassi di lavoro, un impostazione già supportata in altri precedenti giurisprudenziali.

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