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"Infortuni sul lavoro, «Il rischio è alto per giovani e stranieri»"

fonte Maria Carla Cebrelli / Sicurezza

02/03/2007 -

Quattordicimila infortuni sul lavoro in un anno sono un numero allarmante e che fa discutere. Un nostro lettore ci invita a tornare sull'argomento  per “sensibilizzare e responsabilizzare molto di più i committenti e i tecnici, gli uffici, le Asl”. Nella lettera inviata alla redazione racconta il suo caso, quello di una piccola impresa edile che sta attraversando un momento difficile dovuto anche alla "non volontà di accettare il compromesso di far lavorare dei lavoratori in nero, i lavoratori autonomi. Sempre senza alcuna formazione". 

I casi come il suo sono molto frequenti, tanto che l'analisi dell'Inps, riproposta dalla Cisl varesina, mette tra le più a rischio le imprese di piccola dimensione, quelle che contano meno di dieci dipendenti. Per capire cosa si sta muovendo sul fronte della prevenzione abbiamo contattato Crescenzo Tiso, responsabile dell'ufficio lavoro dell'Asl. Da tempo si occupa della sicurezza sui posti di lavoro e lotta per trovare rimedio al tragico bilancio che Inps e Inail presentano ogni anno.

Tiso, cosa sta facendo l'Asl per affrontare il problema?
«Stiamo lavorando per guardare il fenomeno da dentro. Le cifre sono allarmanti è vero ma devono essere analizzate nel dettaglio.  È utile capire di che tipo di infortuni si tratta. Tra gli incidenti sul lavoro ad esempio sono compresi anche quelli del traffico avvenuti durante gli orari lavorativi. Per quanto ci riguarda abbiamo ultimato la “gestione dei flussi informativi”, un’analisi redatta in collaborazione con l'Inail che sarà pubblicata tra poco».

Ci può anticipare qualche risultato?
«Sì, abbiamo registrato una diminuzione in valore assoluto del numero degli incidenti ma dobbiamo precisare che ad abbassare questo dato ha contribuito l’aumento del numero dei lavoratori presenti in provincia. Quindi non si può parlare di effettiva diminuzione del fenomeno».

Ci sono però delle categorie di lavoratori che hanno visto crescere il numero di incidenti.

«È vero alcune sono in controtendenza. Un esempio è l’edilizia dove, complice la forte presenza di lavoro nero e la mancanza di una protezione adeguata, il numero di infortuni tende ad aumentare. Ci sono poi altre situazioni preoccupanti. In particolare quelle dei giovani lavoratori che il precariato spinge a saltare da un lavoro all’altro e che non hanno modo e tempo di ricevere una formazione adeguata. Ma t
ra le vittime ci sono anche i lavoratori esperti, persone che da anni svolgono le stesse mansioni e che proprio per l'“eccesso di confidenza” rifiutano le norme di sicurezza, le sottovalutano e diventano soggetti a rischio».


È possibile avere un'indicazione sulla gravità degli infortuni registrati?
«È difficile fare una stima. Come indicatore dell'entità dell'episodio noi osserviamo il numero di giorni di assenza del lavoro. Quelli che prevedono un allontanamento di più di quaranta giorni – gli stessi che assumono anche rilevanza penale – sono considerati gravi. In provincia si parla di 2000 episodi di questo tipo ogni anno. Una tendenza stabile nel tempo».


Esiste, secondo lei, un modo efficace per affrontare il problema?
«Ne esistono molti. Penso che non ci sia soluzione unica ma che il rimedio debba essere adattato a seconda della situazione. Nelle piccole imprese potrebbe essere utile insistere sulla formazione, nelle grandi imprese che solitamente hanno una politica della sicurezza efficiente si deve prestare attenzione ai lavori di manutenzione dei macchinari, sui cantieri edili i controlli giocano un ruolo cruciale».


Gli incidenti a carico di lavoratori stranieri sono aumentati del 20 per cento in un anno, come interpreta questo dato?
 
«I lavoratori stranieri sono tra i soggetti più esposti al rischio, sia per il tipo di lavoro svolto che per la mancanza di formazione sulla sicurezza. Riteniamo che una preparazione sui rischi che si possono correre debba essere garantita in ogni occupazione e per questo motivo stiamo portando avanti un progetto per avvicinare i lavoratori stranieri alle politiche sulla sicurezza partendo da azioni semplici come la diffusione di opuscoli facili da comprendere e redatti in diverse lingue straniere»

 

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