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"Possibile la disparità di trattamento"
fonte Il Sole 24 Ore / Sicurezza sul lavoro
06/03/2011 - Il Gup di Firenze ha investito la Corte di Giustizia europea del giudizio di compatibilità del decreto 231/2001 con la disciplina comunitaria sulla tutela delle persone offese da reato. Il provvedimento è stato adottato nell'ambito di un processo penale per omicidio colposo e lesioni personali gravissime, conseguenti all'inosservanza della normativa sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro. All'udienza preliminare le parti lese si sono costituite in giudizio per il ristoro dei danni subiti come conseguenza della violazione del decreto 231/2001 e non, come logico attendersi, come effetto del delitto colposo contestato. Il tema della costituzione di parte civile per violazione degli obblighi organizzativi è oggetto di interesse da parte di studiosi e pratici del diritto ed ha generato un contrasto giurisprudenziale. tra chi ritiene ammissibile la costituzione "diretta" nei confronti dell'ente perviolazione del decreto 231 e chi esclude tale possibilità, ravvisando un limite invalicabile nella disciplina del codice di procedura penale sull'esercizio dell'azione risarcitoria nel processo penale. La recente decisione della Cassazione 2155 ha posto un punto fermo, ritenendo l'inammissibilità della costituzione in giudizio. Nell'ambito di questo dibattito si pone l'ordinanza del Gup di Firenze che, nell'escludere la possibilità di costituzione di parte civile, si pone il problema della carenza di tutela della parte offesa che non potrebbe convenire in giudizio l'ente collettivo con gli ordinari strumenti offerti dal codice di procedura penale. Ritiene infatti il Gup che l'ente debba equipararsi all'imputato che, secondo quanto previsto dal codice di rito, non può assumere la veste di responsabile civile se non in casi espressamente previsti dal codice di procedura. Di qui, dunque, una carenza di tutela delle parti offese nei confronti degli enti collettivi, carenza che il Gup ritiene contrastare con la disciplina europea e, in particolare, con l'articolo 9 della Decisione quadro n. 2001/220/GAI del 15 marzo 2001. Le conclusioni cui perviene il giudice fiorentino postulano la condivisione delle premesse accolte dall'ordinanza: la natura sostanzialmente penale della responsabilità ex decreto 231; l'identificazione dell'ente con la figura processuale dell'imputato. Se non si condividono tali premesse, il tema oggetto di esame torna sulle cadenze del contrasto giurisprudenziale già in atto. Val la pena ricordare, tuttavia, che ammettere la costituzione "diretta" per violazione del decreto 231 significa introdurre una possibile disparità di trattamento tra cittadini. Si ipotizzi che il dipendente di una clinica privata, a cui si applica la disciplina del decreto 231, riporti una lesione personale gravissima causata dall'inosservanza della disciplina sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro. Questo signore avrà nei confronti del proprio datore di lavoro due azioni risarcitorie, fondate su causae petendi diverse: il risarcimento del danno prodotto direttamente dal reato; il risarcimento del danno derivante dalla violazione del decreto. Il dipendente di un ospedale pubblico che abbia subito le stesse lesioni potrà disporre soltanto della prima delle due azioni risarcitorie appena ricordate.
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