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"Infortuni sul lavoro, alta la mortalità sotto i 35 anni"
fonte agi / Sicurezza sul lavoro
12/04/2011 - Un morto sul lavoro su tre è giovane, non aveva cioè compiuto ancora 35 anni. È quanto emerge da una ricerca condotta dall'Ires sulle condizioni di lavoro dei giovani e relativa al 2009. Nel rapporto dell'istituto di ricerca della Cgil si rileva come in cinque anni, dal 2005 al 2009, sono stati 44.478 i lavoratori sotto i 35 anni che hanno subito un danno permanente a causa di un incidente sul lavoro, un'invalidità che li segnerà per il resto della loro vita. E proprio i giovani hanno il tasso infortunistico più elevato: secondo le elaborazioni Ires si registrano 5,06 infortuni ogni 100 occupati per chi ha fino a 34 anni e 3,72 infortuni ogni 100 occupati per chi ha più di 34 anni. Il sindacato rileva che "sono dati che forniscono una prospettiva diversa della condizione dei giovani e offrono una motivazione in più per scendere in piazza sabato 9 aprile nelle manifestazioni promosse dal comitato "Il nostro tempo è adesso - La vita non aspetta". Inoltre, la ricerca dell'istituto dimostra che "la dura realtà del lavoro per i giovani è la ragione principale della loro elevata esposizione ai fattori di rischio". Osservando il carico da lavoro dal punto di vista fisico, dalle interviste fatte dal sindacato per un sondaggio emerge che molti giovani lavorano sotto sforzo e in situazioni di rischio. "Un dato utile - denuncia l'Ires - anche per smascherare la retorica di una generazione che fugge dal lavoro di fatica": più di un giovane lavoratore su tre solleva carichi pesanti o fa degli sforzi fisici considerevoli (35,2%) e quasi un giovane lavoratore su cinque ammette di lavorare in condizioni di effettivo pericolo (17,8%). Considerando il carico di lavoro dal punto di vista organizzativo, emerge l'elevata intensità dei ritmi di lavoro che caratterizza sia le mansioni operaie che quelle concettuali: circa due lavoratori su tre hanno un ritmo di lavoro eccessivo (60,5%); la metà del campione lavora con scadenze rigide e strette (il 48%) e non ha abbastanza tempo per svolgere il lavoro (47,5%)". I risultati rilevano anche il ridotto margine di autonomia dei giovani, "nonostante un aumento dei contratti a progetto che invece promettevano di garantirlo". Due lavoratori su tre non possono scegliere o cambiare i metodi di lavoro (64,2%) e questa costrizione è più forte, paradossalmente, per chi ha un contratto di collaborazione occasionale o a progetto (per il 65,7% di loro) piuttosto che per chi ha un tempo indeterminato (55,4%) svelando come la flessibilità favorisca più la subordinazione che l'autodeterminazione. Del resto, più della metà dei collaboratori non può nemmeno cambiare la velocità con cui svolge il lavoro (55,6%) o scegliere con una certa libertà i turni di lavoro (54,7%) e nemmeno decidere quando prendere i giorni di ferie (57%), due su tre non possono cambiare i metodi di lavoro (65,7%) e nemmeno cambiare l'ordine dei compiti assegnati (70,7%), uno su cinque non può nemmeno prendere una pausa quando ne ha bisogno (20,6%).
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