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"La gestione del rischio chimico attraverso il metodo ASIA"
fonte puntosicuro.it / Sicurezza sul lavoro
01/12/2011 - Per migliorare la
prevenzione
del rischio chimico nelle aziende è possibile aggiungere alla valutazione
dei rischi, alla sorveglianza
sanitaria,
alla formazione e informazione dei
lavoratori, una periodica e continua verifica di metodi e procedure, verifica
da svolgersi tramite
audit.
Affronta
questo tema una pubblicazione prodotta dall’Istituto Italiano di Medicina
Sociale dal titolo “
Applicazione di
modelli organizzativi originali per la prevenzione del rischio chimico in
aziende di diverse dimensioni: metodo A.S.I.A.” e curata dal Dott. Nicola
Magnavita (Istituto di Medicina del Lavoro - Università Cattolica del Sacro
Cuore, Roma).
La
pubblicazione, che pur essendo del 2004 propone un metodo che ancora oggi può
essere applicato in diversi ambienti di lavoro, affronta diversi temi che hanno
a che fare con la sicurezza e prevenzione nei luoghi di lavoro.
In
particolare il
primo capitolo – come
ricordato nell’introduzione al libro – “delinea i caratteri del
processo di valutazione e gestione dei rischi, alla luce
dell’evoluzione delle normative per la sicurezza sul lavoro e delle
trasformazioni del mercato del lavoro, individuando una serie di definizioni
chiavi e di termini che permettono un corretto ed efficace riconoscimento del
rischio stesso”. Chiaramente tra le normative citate non è presente il Decreto legislativo
81/2008,
emanato successivamente alla stesura del testo della pubblicazione.
Il
secondo capitolo prende invece in
esame l’attività di
medicina del lavoro,
“che se correttamente inserita all’interno del sistema di qualità aziendale e
con il coordinamento del management aziendale, permette una migliore gestione
dei rischi, al fine di integrare le funzioni di sorveglianza
sanitaria
con quelle di prevenzione e protezione, allo scopo di realizzare un effettivo
controllo della salute. Obiettivo finale è quello di ottenere una chiara
visione dei rischi lavorativi che potranno essere prontamente eliminati o
minimizzati”.
Con
il
terzo capitolo si affronta il
tema del
rischio chimico e si
ricorda che una corretta classificazione ed etichettatura
degli agenti chimici negli ambienti di
lavoro “può essere di aiuto nell’identificazione e prevenzione del rischio
stesso”.
Il
quarto capitolo parla dell’
audit nella valutazione e gestione del
rischio: un “processo di verifica, che segue un metodo altamente codificato e
dettagliato, con il quale ci si vuole sincerare che una struttura o una
procedura, oggetto di indagine, sia conforme a determinati standard condivisi e
prestabiliti”.
Il
quinto capitolo affronta invece il
tema della
percezione e della
comunicazione del rischio, parti essenziali
del processo di “risk management” in quanto “informazione e formazione
specifica della forza lavoro rappresentano, unitamente alla comunicazione, le fasi
principali di una corretta gestione del rischio”.
Successivamente
vengono analizzati i
modelli di
valutazione del rischio chimico, “per i quali sono stati proposti numerosi
schemi, dai più semplici ed immediati ai più tecnologici”. La scelta di un metodo è “legata
puramente a considerazioni sulla semplicità, tempestività, grado di
partecipazione delle varie componenti e sui costi da rapportare alle esigenze
delle imprese che sono oggetto della valutazione”.
Al
settimo capitolo, in cui viene analizzato e presentato il
modello ASIA, seguono poi una serie di
capitoli relativi a
esperienze
risultanti dall’applicazione di questo metodo a diversi settori lavorativi:
industriale, agricolo, farmacologico, navale.
Ci
soffermiamo sul settimo capitolo e sulla proposta di gestione del rischio chimico attraverso il
modello A.S.I.A. (acronimo di
assessment/valutazione, surveillance/sorveglianza, information/informazione,
audit).
Si
sottolinea che l’analisi condotta nei precedenti capitoli del libro induce a
confermare l’affermazione “secondo cui la gestione del rischi negli ambienti di
lavoro non può avvenire senza un diretto coinvolgimento del datore di lavoro e
dello staff dirigenziale”. E anche i lavoratori “devono essere coinvolti in
prima persona nel processo di
valutazione,
ciascuno in relazione alla proprie differenti responsabilità, per assicurare la
completezza della valutazione, favorire la
ricerca di soluzioni ai problemi che emergono e garantire l’applicazione delle
misure di protezione ambientale e individuale proposte”. In questo senso “
il processo di identificazione e
valutazione del rischio non può essere disgiunto da quello di formazione;
entrambi devono essere continuamente aggiornati e verificati. Il lavoratore
deve essere educato ad identificare i rischi, a valutarli empiricamente, a
segnalare eventuali disfunzioni, difetti procedurali o necessità di controlli
ambientali o di dispositivi di protezione”. E i tecnici cui sono affidate le
funzioni di SPP o di sorveglianza
sanitaria
“devono fornire le necessarie competenze per eseguire questa valutazione e per ripetere
periodicamente un audit di sicurezza nei luoghi di lavoro”.
Con
il termine ASIA si indica “un
approccio
alla gestione del rischio che integra le competenze dei servizi di
prevenzione e protezione e di sorveglianza
sanitaria,
nonché di altre strutture incaricate di attività di formazione/informazione o
della realizzazione di audit, nella prospettiva di un controllo sempre migliore
e di una progressiva riduzione del rischio negli ambienti del lavoro”.
Il
modello, come indicato anche dall’acronimo, si compone di
quattro momenti che non sono tuttavia in ordine gerarchico né
temporale: “in ciascuna situazione saranno le circostanze contingenti a
suggerire se iniziare l’azione preventiva con uno piuttosto che con un altro”.
Inoltre
una volta avviato, “il processo potrà essere migliorato nei successivi audit di controllo e
potrà automantenersi con un apporto limitato di competenze specialistiche
esterne”.
In
particolare la
valutazione del rischio
– assessment - si svolgerà secondo le procedure tradizionali: l’identificazione
del rischio “origina dalla ricostruzione del ciclo produttivo, con
l’elencazione di tutti i rischi presenti durante le normali attività di lavoro
e l’ipotesi circa i rischi che potrebbero presentarsi durante operazioni di
manutenzione o disfunzioni del ciclo. L’elenco degli agenti nocivi può essere
ricavato sulla base di un esame delle materie prime, di una attenta analisi del
processo che consenta di identificare i prodotti intermedi e quelli finiti, di
un sopralluogo e di informazioni raccolte direttamente dai lavoratori in
specifiche aree produttive”.
La
valutazione dei livelli di esposizione dei lavoratori si potrà basare, a
seconda dei casi, su “semplici sopralluoghi, o su indagini tossicologiche e di
igiene industriale”.
La
sorveglianza sanitaria “dovrebbe
essere prevista anche nei casi in cui il rischio ambientale risulti di entità
modesta, e può essere omessa solo nel caso di un rischio assolutamente
trascurabile. Essa ha un valore di controllo epidemiologico della validità
della valutazione dei
rischi”.
E nel caso che “da una attenta opera di sorveglianza mirata ai rischi
professionali emergano aspetti patologici non prevedibili sulla base della
valutazione dei rischi, ciò deve essere stimolo per un approfondimento delle
ragioni del fenomeno (eventualmente mediante audit), per un impegno maggiore al
controllo del problema (anche mediante un rinnovato sforzo di informazione e formazione) e per un
aggiornamento del documento di
valutazione del rischio”.
Veniamo
alla
formazione/informazione/educazione
dei lavoratori che “deve essere un processo continuo, mirato a fornire ai
lavoratori la concreta possibilità di interagire con l’ambiente in cui
lavorano, conoscendone i rischi e adottando misure e comportamenti che possono
collocare il rischio al livello più basso ragionevolmente possibile. Un
lavoratore efficacemente formato sarà in grado di segnalare tempestivamente
eventuali disfunzioni o carenze e di intervenire in caso di emergenza”.
Infine
l’
audit “assume un ruolo chiave nel
processo di formazione permanente,
consentendo la verifica dell’adesione alle norme di sicurezza, alle leggi in
vigore e alle corrette pratiche di lavoro”: “rappresenta la tecnica più
efficiente ed economica per verificare gli errori di gestione e quindi per
ri-orientare periodicamente il sistema di prevenzione”.
Si
ricorda infine che la
ciclica
ripetizione dei momenti di Assessment/Sorveglianza/ Informazione/ Audit “non deve essere
intesa come una vuota ritualità, ma come la modalità più logica per raggiungere
progressivamente livelli di salute sempre più elevati. Alla conclusione di ogni
ciclo di ASIA sarà possibile ordinare i fattori di rischio e stabilire un
ordine di priorità nelle misure da prendere, rendendo quindi la gestione del
rischio sempre più efficiente in termini costi/benefici”.
NB: Il documento
presentato è precedente all’entrata in vigore del Decreto legislativo 81/2008
per cui la normativa indicata non è più vigente. Tuttavia offre ancora utili
suggerimenti per la prevenzione del rischio chimico nelle aziende.
Istituto
Italiano di Medicina Sociale, “ Applicazione di
modelli organizzativi originali per la prevenzione del rischio chimico in
aziende di diverse dimensioni: metodo A.S.I.A.”, a cura del Dott.
Nicola Magnavita - Istituto di Medicina del Lavoro - Università Cattolica del
Sacro Cuore, Roma (formato PDF, 1.57 MB).
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