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"Rischi biologici: discariche, trattamento rifiuti e depurazione acque"
fonte puntosicuro.it / Sicurezza sul lavoro
01/12/2011 - PuntoSicuro ha intrapreso in questi mesi un approfondimento sui
rischi biologici in ambito lavorativo
attraverso le schede contenute nella pubblicazione Inail dal titolo “ Il rischio
biologico nei luoghi di lavoro - Schede tecnico-informative”. Schede che
contengono per ogni ambiente di lavoro i punti critici, le fonti di pericolo biologico, le vie di
esposizione, gli agenti biologici potenzialmente
presenti negli ambienti di lavoro, gli effetti sulla salute, le misure di
prevenzione
e le informazioni sul monitoraggio ambientale.
Dopo
aver parlato di scuole e uffici, di allevamenti, di cantine vinicole e
frantoi,
di falegnamerie e di vari comparti
industriali, ci soffermiamo su alcuni ambienti che sono tradizionalmente
associati ai rischi biologico: le discariche, gli impianti di trattamento
rifiuti solidi urbani e gli impianti di depurazione delle acque reflue civili.
Rischio biologico
nelle discariche
Ricordando
che l’Inail ha già prodotto diverso materiale per la sicurezza degli
operatori
degli impianti di trattamento e di stoccaggio dei rifiuti solidi
urbani,
ci soffermiamo sulle
principali fonti di
pericolo biologico nelle discariche: rifiuti, superfici e polveri
contaminate, aerosol, roditori, artropodi.
Questi
i
punti critici di questi ambienti
di lavoro:
-
“area di costruzione discarica;
-
ufficio tecnico e pesa;
-
area attiva discarica;
-
sistema collettamento e recupero energetico biogas;
-
sistema recupero e trattamento del percolato;
-
conduzione benne ed automezzi senza filtrazione di aria in cabina;
-
pulizia e manutenzione”.
Ricordando
brevemente gli
effetti sulla salute
(infezioni gastrointestinali e cutanee; infiammazioni vie respiratorie; allergopatie) e le
vie di esposizione (contatto con rifiuti, inalazione di polveri ed aerosol organici, tagli,
punture, abrasioni, contatto, ingestione accidentale), queste sono invece le
idonee
misure di prevenzione e
protezione:
-
“compartimentazione degli ambienti e separazione degli uffici amministrativi;
-
compartimentazione delle strutture igieniche (spogliatoi, docce, lavabi…) per
separare l’ambiente ‘sporco’, in cui sono conservati gli indumenti da lavoro,
dall’ambiente ‘pulito’ per gli abiti civili;
-
pulizia ‘ad umido’ degli ambienti;
-
periodiche campagne di disinfezione, disinfestazione e derattizzazione;
-
divieto di mangiare, bere e fumare nei luoghi in cui sono svolte le lavorazioni
sui rifiuti;
-
minima manipolazione e movimentazione diretta dei rifiuti da parte degli
operatori;
-
minimo tempo di stazionamento dei rifiuti prima del trattamento;
-
attrezzi manuali mantenuti puliti ed in efficienza, riposti nelle apposite
custodie quando inutilizzati;
-
manutenzione e pulizia con uso di idonei DPI;
-
oltre ai DPI necessari per
svolgere tutte le funzioni operative, per il rischio biologico è necessario
ricorrere ad una fornitura individuale che comprenda: facciale filtrante FFP1
per la polvere (a perdere), tuta in tessuto non tessuto (a perdere), guanti,
occhiali;
-
adeguata informazione e formazione degli addetti sul rischi biologico;
Rischio biologico
negli impianti di trattamento rifiuti solidi urbani (RSU)
Come
indicato nel documento Inail “ La sicurezza per
gli operatori degli impianti di trattamento e di stoccaggio dei rifiuti solidi
urbani”
sia negli impianti di trattamento di RSU che in discarica gli agenti di rischio
biologici rendono critici molti luoghi, “compresi gli uffici, gli ambienti
indoor dove non è prevista la compartimentazione e l’interno delle macchine
operatrici, nei quali i livelli di contaminazione
batterica
e fungina sono spesso molto elevati”. E, come si evince dai grafici presenti
nella pubblicazione, “nelle discariche e negli impianti di trattamento di RSU i
picchi di contaminazione sono raggiunti in estate, a causa delle elevate
temperature che favoriscono lo sviluppo dei microrganismi”. In inverno, invece,
“alti valori di contaminazione sono stati misurati soprattutto in aree critiche
come le zone intorno alle vasche di deposito dei rifiuti e negli ambienti in
cui sono trattati i rifiuti (ricezione, selezione, raffinazione)”.
Negli
impianti di trattamento rifiuti solidi urbani le
fonti di pericolo biologico sono i rifiuti trattati, le superfici e
polveri contaminate, nonché aerosol, roditori e artropodi. Invece i
punti critici sono:
-
“fase di ricezione e selezione (inalazione di aerosol);
-
conduzione benne ed automezzi senza filtrazione di aria in cabina;
-
pulizia e manutenzione”.
Veniamo
direttamente alle
indicazioni di
prevenzione e protezione:
-
“compartimentazione degli ambienti e separazione degli uffici amministrativi;
-
captazione, aspirazione, depurazione e ricambio adeguato dell’aria inquinata;
-
contenimento della polverosità;
-
compartimentazione delle strutture igieniche (spogliatoi, docce, lavabi…) per
separare l’ambiente ‘sporco’, in cui sono conservati gli indumenti da lavoro,
dall’ambiente ‘pulito’ per gli abiti civili;
-
pulizia ‘a umido’ degli ambienti;
-
periodiche campagne di disinfezione, disinfestazione e derattizzazione;
-
divieto di mangiare, bere e fumare nei luoghi in cui sono svolte le lavorazioni
sui rifiuti;
-
formazione ed informazione sul rischio biologico;
-
oltre ai DPI necessari per svolgere tutte le funzioni operative, per il rischio
biologico è necessario ricorrere ad una fornitura individuale che comprenda:
facciale filtrante FFP1 per la polvere (a perdere), tuta in tessuto non
tessuto (a perdere), guanti, occhiali;
-
sorveglianza sanitaria”.
Diamo,
in questo caso, qualche cenno relativo al
monitoraggio
ambientale con riferimento a:
-
“
principali parametri biologici da
ricercare: carica batterica mesofila e psicrofila, carica fungina (muffe e
lieviti), enterobatteri;
-
aspetti correlati da valutare:
microclima, captazione polveri,
compartimentazione /separazione area impianto, fasi lavorative;
-
matrici/substrati ambientali: aria,
superfici, polveri, filtri condizionatori/captazione polveri, indumenti
lavoratori;
-
analisi di laboratorio:
determinazione delle cariche microbiche totali aerodisperse e delle superfici;
identificazione di specie batteriche; identificazione di specie/generi fungini
allergenici o tossigenici.
Rischio biologico
negli impianti di depurazione di acque reflue civili
Anche
a questi ambienti di lavoro l’Inail ha dedicato in passato un volume dal titolo
“ La sicurezza per
gli operatori degli impianti di depurazione delle acque reflue civili”, con l’obiettivo
di analizzare i rischi presenti nell'attività di esercizio e manutenzione di
questi impianti, presentare i sistemi di prevenzione e protezione e fornire le
indicazioni idonee per eventuali interventi migliorativi dei luoghi e delle
condizioni di lavoro.
Veniamo
ai
punti critici di questi ambienti
come riportati nelle schede sul rischio biologico:
-
“movimentazione, pompaggio e insufflazione d’aria nel refluo;
-
punto di sollevamento-grigliatura;
-
vortici e salti di livello dei reflui;
-
immissione a gravità del refluo in vasca;
-
pressatura fanghi;
-
pulizia manuale;
-
mancata compartimentazione delle aree pulite;
-
mancanza di procedure di ingresso nelle aree pulite”.
Concludiamo
questo approfondimento riportando le possibili
misure di prevenzione e protezione relative al rischio biologico negli impianti di
depurazione di acque reflue civili:
-
“inserimento di setti paraspruzzi ai terminali delle tubazioni o installazione
di terminali sommersi o protetti;
-
copertura degli stramazzi (lo ‘stramazzo’ è un termine utilizzato
generalmente in ingegneria idraulica,
ndr);
-
copertura dei punti di immissione dei liquami e di tutti i dispositivi;
-
creazione di zone filtro prima degli accessi a sale controllo, uffici e
spogliatoi;
-
compartimentazione ed isolamento degli ambienti chiusi con adeguata
ventilazione;
-
compartimentazione delle strutture igieniche (spogliatoi, docce, lavabi…) per
separare l’ambiente ‘sporco’, in cui sono conservati gli indumenti da lavoro,
dall’ambiente ‘pulito’ per gli abiti civili;
-
aspirazione da posizione sicura o filtrazione dell’aria immessa nei locali di
riposo;
-
manutenzione regolare dei sistemi di climatizzazione;
-
installazione di germodepuratori d’aria nelle sale comandi e negli uffici;
-
installazione di tappetini con superficie adesiva trattata con sostanza
battericida, all’ingresso di sale comandi e degli uffici;
-
procedure per accessi nelle aree ‘pulite’ da parte di operatori provenienti da
aree di lavoro potenzialmente contaminate: pulizia e disinfezione di mani e
scarpe; deposizione, controllo e disinfezione di DPI in zone lontane da uffici;
-
cura dell’igiene personale con doccia al termine di ogni turno di lavoro;
-
divieto di mangiare, bere e fumare nei luoghi in cui sono svolte le lavorazioni
sui reflui;
-
periodiche campagne di disinfezione, disinfestazione e derattizzazione;
- manutenzione e pulizia con uso
di idonei DPI;
-
formazione ed informazione sul rischio biologico;
-
oltre ai DPI necessari per svolgere tutte le funzioni operative, per il rischio
biologico è necessario ricorrere ad una fornitura individuale che comprenda: facciale filtrante
FFP1
per la polvere (a perdere), tuta in tessuto non tessuto (a perdere), guanti,
occhiali paraschizzi o visiera;
-
sorveglianza sanitaria”.
Inail,
“ Il rischio
biologico nei luoghi di lavoro - Schede tecnico-informative”, curato da
Liliana Frusteri (CONTARP Inail) – Edizione 2011 (formato PDF, 15.37 MB).
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