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"Sulla responsabilità del dirigente in materia di sicurezza"
fonte puntosicuro.it / Sicurezza sul lavoro
05/12/2011 - Le norme antinfortunistiche prevedono nella
organizzazione di una azienda la figura del datore di lavoro e di altre figure
intermedie quali il dirigente ed il preposto i quali nell’ambito dei poteri
gestionali di cui concretamente dispongono e nella loro sfera di competenza
possono essere chiamati a rispondere del controllo della applicazione delle
disposizioni in materia di salute e di sicurezza sul
lavoro. La figura intermedia la cui posizione è stata sottoposta
all’esame della suprema Corte in questa sentenza è il dirigente di un
albergo nel quale si è verificato un incendio
per non aver controllato l’attuazione del piano di emergenza che se
messo in atto poteva impedire le conseguenze
letali di alcuni ospiti dell’albergo stesso.
Il caso
e le imputazioni
Il Tribunale, a seguito di un giudizio abbreviato,
ha individuata la responsabilità dell’amministratore e legale rappresentante di una società
proprietaria di un albergo presso il quale è avvenuto un incendio, di un
amministratore di fatto della stessa società e del direttore dell’albergo nonché
capo della squadra di emergenza aziendale, tutti imputati in ordine ai reati di
incendio colposo e di omicidio colposo plurimo e li ha condannati alla pena di
due anni di reclusione con i benefici della sospensione condizionale della pena
e della non menzione della condanna, sentenza poi confermata dalla Corte di
Appello.
Era accaduto che nel corso di una notte
due giovani donne ospiti dell'albergo inavvertitamente svuotavano nel cestino
dei rifiuti un portacenere con alcuni mozziconi accesi, generando fiamme che
innescarono l'incendio dell'edificio. Mentre la maggior parte degli ospiti
riuscirono a salvarsi attraverso le uscite di sicurezza, un uomo perse la vita
nel tentativo di calarsi a terra dal balcone della sua stanza facendo uso di
lenzuola annodate; ed altre due persone vennero meno all'interno del bagno nel
quale si erano rifugiate. Il fuoco sviluppatosi dalla stanza delle ragazze era
stato alimentato dall'apertura delle porte delle stanze e dalle correnti
d'aria; e sia era propagato in modo diffusivo ed aveva altresì dato luogo alla
propagazione di fumo attraverso i cavedi destinati al passaggio
dell'impiantistica.
Il ricorso
alla Corte di Cassazione
Tutti gli imputati hanno fatto ricorso in Cassazione
adducendo varie motivazioni. Il legale rappresentante ed amministratore della
società, alla quale veniva mosso l'addebito
di non aver svolto opera di vigilanza sul rispetto e l'attuazione concreta
delle misure previste nel piano di
emergenza, compresa l'organizzazione del personale inserito nella stessa
squadra e di aver consentito che in orario notturno la vigilanza fosse
espletata da due dipendenti non facenti parte della squadra di emergenza, a sua
discolpa ha sostenuto di non essere imputabile giacché non aveva assunto su di
sé l'obbligo di sovrintendere e coordinare l'impiego del personale addetto
all’emergenza gravando tale obbligo interamente sul direttore dell'albergo
coordinatore della squadra stessa. D'altra parte, lo stesso ha sostenuto, non è
concepibile che potesse essere gravato di un controllo giornaliero delle
turnazioni del personale, adempimento non afferente alla veste di legale
rappresentante della società tanto più in una struttura complessa come quella
in esame.
Il direttore dell’albergo, da parte sua, precisando che spettava
al datore di lavoro ogni onere in merito alla valutazione dei rischi ed alla
individuazione delle misure di prevenzione e protezione, ha sostenuto che nella
sua veste di capo squadra
antincendio, era solo deputato a coordinare gli addetti alla lotta
antincendio in caso di emergenza ma esclusivamente durante i suoi turni di
lavoro e poiché al momento dell’accaduto non era in servizio non gli si poteva di
conseguenza muovere alcun addebito ed ancora che eventuali carenze
organizzative andavano imputate al responsabile del servizio di prevenzione e
protezione, destinatario delle deleghe in
materia di sicurezza ed al quale non era stato fatto invece alcun riferimento
e non ad un addetto alla gestione delle emergenze, anche se con compiti di
caposquadra. Il direttore stesso ha fatto altresì osservare che il
comportamento sia del portiere che quello del facchino presenti in albergo al
momento dell’incendio non è stato conforme
a quanto previsto dal piano di emergenza, come evidenziato dai consulenti della
difesa e che una notevole rilevanza nel determinismo dell'evento ha avuto il
ritardo dell'intervento dei vigili del fuoco.
Le decisioni
della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’amministratore
di fatto della società proprietaria dell’albergo mentre ha rigettato quello del
rappresentante legale della società medesima e del direttore della struttura
alberghiera.
La Sez. IV ha fatto osservare che l’incendio è stato
indiscutibilmente determinato dal comportamento gravemente imprudente delle due
giovani cittadine statunitensi ospiti dell’albergo in quanto incongruamente
svuotarono il portacenere nel cestino portarifiuti e che era stato redatto un
piano di emergenza sottoscritto dall'amministratore unico e legale
rappresentante B. nonché dal responsabile del servizio di prevenzione e
protezione in attuazione di quanto previsto dalla normativa ministeriale in
ordine alla sicurezza antincendio delle strutture ricettive, piano che prevedeva
la costituzione di una squadra di emergenza antincendio composta da 24 persone
munite di apposito patentino, rilasciato dopo la frequentazione di corso di
addestramento antincendio il cui caposquadra era il direttore dell'albergo. La
suprema Corte ha messo altresì in evidenza che la notte in cui accaddero i
fatti non era però in servizio alcuno dei componenti della squadra di
emergenza, bensì solo il portiere ed un facchino e che dunque il piano era
stato sostanzialmente disatteso, che sia il portiere che il facchino erano però
privi delle cognizioni e dell'addestramento posseduti dai componenti della
squadra di emergenza e che ancora la presenza di personale qualificato avrebbe certamente
consentito di utilizzare tempestivamente gli strumenti in dotazione dell'albergo
cioè gli idranti e gli estintori, tanto più che l'albergo era conforme ai
requisiti di sicurezza previsti dalla legge. In altri termini, ha proseguito la
Corte, vi erano tutte le condizioni per neutralizzare l'avvio delle fiamme
impedendo così che il fuoco si sviluppasse e coinvolgesse l'intero edificio.
Quanto alla posizione del direttore dell’albergo la Corte di Cassazione, così come aveva fatto
la Corte territoriale, ha sostenuto che lo stesso, nella duplice veste di
direttore dell'hotel e di responsabile del coordinamento della squadra di
emergenza, avrebbe dovuto assicurare la vigilanza antincendi nell'arco
dell'intera giornata mediante la predisposizione dei relativi turni diurni e
notturni e che quindi gravava in sostanza sullo stesso un obbligo di garanzia
volto ad affrontare il prevedibile verificarsi di situazioni di pericolo. “
Il direttore di una struttura ricettiva”,
ha rimarcato la suprema Corte, “
è tenuto
a garantire l'incolumità fisica degli utenti mediante idonea organizzazione dell'attività
di vigilanza rispettando così oltre alle regole legali anche quelle imposte
dalla comune prudenza”. Con riferimento poi all’osservazione fatta dal
direttore secondo la quale lo stesso non era destinatario di una posizione di
garanzia in qualità di dirigente della struttura alberghiera la Sez. IV ha
tenuto a precisare che “
il sistema
prevenzionistico nell'ambito della sicurezza del lavoro, si fonda da sempre su
tre figure cardine: il datore di lavoro, il dirigente, il preposto. Tali figure
incarnano distinte funzioni e diversi livelli di responsabilità e sono tenute
ad adottare, nell'ambito dei rispettivi ruoli, le iniziative necessarie ai fini
dell'attuazione delle misure
di sicurezza appropriate; nonché ad assicurarsi che esse siano costantemente
applicate”. “
In particolare”, ha
proseguito la Corte di Cassazione, “
già
ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 547 del 1955, articolo
4, e del D.lgs. n. 626 del 1994, articolo 1, comma 4 bis, ed infine nell'ambito
del Testo unico sulla sicurezza, il datore di lavoro è colui che esercita
l'attività, ha la responsabilità della gestione aziendale e pieni poteri
decisionali e di spesa. In connessione con tale ruolo di vertice, l'ordinamento
prevede numerosi obblighi specifici penalmente sanzionati. Tali norme
individuano altresì un livello di responsabilità intermedio, incarnato dalla
figura del dirigente, che dirige appunto, ad un qualche livello, l'attività
lavorativa, un suo settore o una sua articolazione. Tale soggetto non porta le
responsabilità inerenti alle scelte gestionali generali; ma ha poteri posti ad
un livello inferiore. Il terzo livello di responsabilità riguarda la figura del
preposto, che sovrintende alle attività (per ripetere il lessico del predetto
Decreto del Presidente della Repubblica n. 547, articolo 4) e che quindi svolge
funzioni di supervisione e controllo sulle attività lavorative concretamente
svolte”.
“
Il dirigente,
dunque”, ha quindi concluso la Sez. IV, “
ai sensi della normativa richiamata, nell'ambito del suo elevato ruolo
nell'organizzazione delle attività, è tenuto a cooperare con il datore di
lavoro nell'assicurare l'osservanza della disciplina legale nel suo complesso;
e, quindi, nell'attuazione degli adempimenti che da ultimo l'articolo 4, comma
5, dello stesso Decreto n. 626 demanda al datore di lavoro. Tale ruolo,
naturalmente, è conformato ai poteri gestionali di cui dispone concretamente”.
Ed è in conseguenza del detto ruolo dirigenziale che il direttore dell’albergo avrebbe
dovuto senza dubbio attuare il piano antincendio, assicurando la costante
presenza nella struttura di personale qualificato, in grado di far fronte
all'emergenza per cui tale omissione ha determinata la responsabilità colposa individuata
dal giudice di merito.
Per quanto riguarda la posizione del responsabile
del servizio di prevenzione e protezione chiamato in causa dalla difesa la
suprema Corte ha tenuto a precisare in merito in questa circostanza che si è
equivocato fra tale figura e quella del responsabile per la sicurezza, che è il
soggetto cui il datore di lavoro può delegare incombenze demandategli dal
sistema normativo. “
Il responsabile del
servizio di prevenzione e protezione”, ha concluso, “
non ha un ruolo operativo che possa fondare una autonoma posizione di
garanzia. Il servizio di prevenzione e protezione, deve essere composto da
persone munite di specifiche capacità e requisiti professionali, adeguati ai
bisogni dell'organizzazione; ed ha importanti compiti, previsti dall'articolo
33 del Testo Unico sulla sicurezza (ma già delineati nella precedente
normativa), che consistono nella individuazione e valutazione dei rischi,
nonché nel proporre le misure preventive e protettive di cui all'articolo 28.
Tale figura ha quindi importanti funzioni di supporto informativo, valutativo e
programmatico ma non ha poteri gestori che possano fondare un'autonoma sfera di
responsabilità” per cui non si può riversare impropriamente sullo stesso responsabilità
istituzionali che fanno capo ad altri soggetti.
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