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"Prevenzione e cause della mancata efficacia degli ancoraggi"
fonte puntosicuro.it / Sicurezza sul lavoro
05/12/2011 -
La legislazione relativa alla tutela
della salute e sicurezza
nei luoghi di lavoro non affronta in maniera organica, diretta ed esauriente tutte
le problematiche relative all’identificazione, qualificazione, progettazione ed
installazione dei
sistemi di ancoraggio.
Per
questo motivo torniamo ad occuparci di una pubblicazione Inail-DTS – già presentata
da PuntoSicuro - dal titolo “Guida tecnica per la scelta, l’uso e la
manutenzione degli ancoraggi” che affronta diversi aspetti relativi agli
ancoraggi: dalla valutazione
del rischio, alla classificazione, scelta, uso, ispezione e manutenzione
degli ancoraggi.
In
particolare, riguardo ai
rischi
prevalenti, abbiamo visto come nei lavori in quota con ancoraggi il
lavoratore è esposto al rischio derivante dalla loro mancata efficacia.
L’ ancoraggio
può infatti non assolvere la propria funzione per:
-
“cedimento e/o rottura dei componenti;
-
cedimento e/o rottura del materiale base;
-
sfilamento dei componenti;
-
eccessiva deformazione dei componenti;
-
eccessiva deformazione del materiale base;
-
danneggiamento dovuto alla corrosione dei componenti e/o del materiale base;
-
danneggiamento dovuto agli effetti dell’incendio;
-
decadimento delle caratteristiche meccaniche nel tempo dei componenti e/o del
materiale base (perdita della durabilità)”.
Cedimento e/o
rottura dei componenti e/o del materiale base dovuto a carichi statici La guida tecnica
ricorda che l’ ancoraggio è
soggetto ad azioni combinate di taglio e
trazione a cui i componenti ed il
materiale base devono resistere. Nel documento – che vi invitiamo a visionare
direttamente – sono indicate specifiche formule e offerte ulteriori
indicazioni utili alla prevenzione di
cedimenti e rotture:
-
rottura a trazione dell’ancorante:
“i metodi di progettazione da utilizzare devono descrivere tutti i modi di
rottura a cui possono essere soggetti l’ancorante ed il materiale base. Ciò
significa che va considerato il cedimento lato acciaio e lato materiale base
(ad es. calcestruzzo) prevedendo coefficienti parziali di sicurezza in base al
meccanismo di rottura considerato. È
importante ricordare che vi sono altri coefficienti che bisogna considerare in
fase progettuale (distanza dal bordo, interasse degli ancoranti,
qualità del calcestruzzo, spessore del materiale base, direzione ed
eccentricità del carico), ma ancor è necessario notare come tutti i valori
caratteristici siano dati nella condizione di fessurazione del calcestruzzo
(presenza di fessura di ampiezza pari a 0,3 mm) e quindi con notevole vantaggio
per la sicurezza”;
-
rottura a taglio dell’ancorante: “la
verifica a taglio segue gli stessi parametri di quella a trazione, analizzando
il valore caratteristico di resistenza per rottura dell’acciaio (fornito dal
produttore) e poi quello di rottura del calcestruzzo,
sulla base della disposizione degli ancoranti. Elemento da considerare è la
superficie di collasso, anche se la superficie coinvolta nel meccanismo di
rottura è diversa dal caso di trazione pura, per confrontare l’area
effettivamente a disposizione con quella che porterebbe a pieno carico e
determinare così il fattore di riduzione ed aumentare la sicurezza. Va posta
attenzione anche allo spessore del calcestruzzo che entra direttamente nella
determinazione dell’area di collasso”.
Cedimento e/o
rottura dei componenti e/o del materiale base dovuto a carichi dinamici
Si
ricorda che “le azioni dinamiche differiscono dalle statiche e dalle azioni
variabili quasi statiche in quanto le accelerazioni indotte attivano forze di
inerzia e di smorzamento (attrito, isolamento/assorbimento)” e viene proposto un
“esempio di classificazione dei carichi dinamici in tre categorie principali:
fatica,
sismici e
shock in
funzione della loro insorgenza nel tempo”. Vediamo molto brevemente alcune
ulteriori indicazioni:
-
carichi dovuti a fatica: “la
resistenza di un ancoraggio per carichi a fatica è fortemente influenzata dalla
forza di pretensione nell’ ancoraggio.
Se si verifica una fessura nel calcestruzzo, la forza di pretensione
rapidamente andrà a zero. Il primo approccio per un corretto dimensionamento a
fatica dovrebbe essere condotto trascurando la forza di pretensione. Con
frequenti variazioni del carico, la resistenza dell’acciaio e del calcestruzzo
diminuisce”;
-
carichi sismici: “i carichi sismici
possono essere visti semplicemente come eventi
che causano un’accelerazione del terreno; essa viene trasferita agli edifici
che a loro volta la trasmettono agli elementi da ancorare. Gli ancoraggi
devono dunque sostenere i carichi indotti dalle accelerazioni degli elementi
da ancorare. L’elevato numero di fattori che intervengono nella definizione
dell’azione sismica rende praticamente impossibile un’accurata definizione
preventiva dei carichi sismici che possono essere solo stimati”. Nel documento
si riportano altri significativi dati, esempi e requisiti degli ancoranti;
-
fessurazione: “il DM 14/1/2008
prevede che il calcestruzzo sia progettato in modo che le fessurazioni restino
contenute durante la vita della struttura. L’apertura delle fessure di progetto
si verifica quando la tensione nel calcestruzzo raggiunge il valore della
resistenza media a trazione divisa per un coefficiente pari a 1,2. La norma
prevede inoltre che, in funzione delle condizioni ambientali e della
sensibilità delle armature alla corrosione, le fessure debbano aprirsi al
massimo tra valori compresi tra 0,2 e 0,4 mm. In presenza di ancoranti
installati nel calcestruzzo, è possibile che le linee di fessurazione del
calcestruzzo interessino la zona dell’ancoraggio”;
-
duttilità: “la duttilità non è una
caratteristica intrinseca di un elemento, ma risente del contesto in cui è
installato, della geometria, del tipo di sollecitazione agente e del meccanismo
di collasso. Il progettista può dimensionare una struttura in calcestruzzo a
sisma (sebbene il calcestruzzo sia notoriamente un materiale fragile) a patto
di studiare le armature e le condizioni di vincolo. Non è possibile affermare
dunque a priori se un ancorante sia duttile o fragile”. Anche in questo caso
vengono proposti esempi e presentati ulteriori indicazioni utili al comparto
edile;
-
carichi d’urto: “i carichi d’urto
(shock) sono caratterizzati da un numero ridotto di cicli (da 1 a 10) ed
elevati valori di picco che si verificano durante un lasso temporale molto
breve. Per esempio possono essere causati da urti di veicoli su barriere guard
rail o altre strutture, caduta di oggetti, esplosioni o altro. La natura
insolita di questa tipologia di carichi ( esplosioni,
impatti) consente di accettare un danno delle strutture (o degli ancoraggi)
purché non si abbia il collasso. In funzione dei livelli di sicurezza
richiesti, il coefficiente parziale di sicurezza per i carichi a shock può
essere al minimo pari a 1. I dati per il progetto degli ancoraggi soggetti a
carichi da shock possono essere ottenuti ad esempio dalle certificazioni
svizzere (approvals from the Swiss Office for Civil Protection)”.
Eccessiva
deformazione dei componenti e/o del materiale base dovuta ai carichi
In
talune applicazione è necessario non solo che i componenti e/o il materiale
base resistano ai carichi statici o dinamici ma che essi non subiscano
deformazioni eccessive in quanto l’elemento da fissare può essere soggetto a
vincoli di tale tipo. In tutte le applicazioni riguardanti l’ancoraggio di opere
provvisionali è richiesto che esse non subiscano eccessive deformazioni se
soggette a determinati carichi. È evidente che questo requisito è direttamente
connesso alle prestazioni dell’ancoraggio”.
Danneggiamento
dovuto alla corrosione dei componenti e/o del materiale base
La
guida tecnica ricorda e descrive in modo dettagliato le varie forme di
corrosione alle quali sono generalmente soggetti gli elementi costruttivi in
acciaio. Ad esempio:
-
la “vaiolatura” (pitting corrosion);
-
la “corrosione interstiziale”;
-
la “corrosione galvanica”;
-
la corrosione da “fatica”.
Tra
le varie indicazioni offerte si ricorda che “quando un ancorante viene in
contatto con una barra di armatura, il meccanismo di corrosione da contatto può
iniziare se non vengono prese adeguate misure di isolamento galvanico”.
Danneggiamento
dovuto agli effetti dell’incendio dei componenti e/o del materiale base
In
alcuni luoghi particolari “definiti a maggior rischio in caso d’ incendio
gli ancoraggi devono resistere all’azione dell’incendio per un tempo tale da
garantire l’evacuazione delle persone coinvolte e possono essere richieste
certificazioni specifiche che richiedono una progettazione differente come ad
esempio per ancoraggi resistenti al fuoco”.
Il
documento ricorda che le prove di laboratorio hanno permesso di stabilire che:
-
“i materiali base alle alte temperature si danneggiano;
-
la lunghezza degli ancoranti deve essere adeguata per tener conto del carico
d’incendio e prevenire così danni permanenti in modo che vi sia sempre una
capacità portante residua a sostenere il carico applicato, nonostante il
danneggiamento della parte esposta al fuoco;
-
sarebbe preferibile impiegare acciai inossidabili in quanto resistono meglio di
quelli tradizionali al carbonio”.
Decadimento delle
caratteristiche meccaniche nel tempo dei componenti e/o del materiale base
(perdita della durabilità)
Il
documento indica che “le sollecitazioni agenti sull’ancoraggio, il rilassamento
dell’acciaio costituente l’ancorante e la viscosità del calcestruzzo, possono
ridurre nel tempo la forza di pretiro. Per ripristinare le condizioni iniziali
e garantire la necessaria tenuta dell’ancoraggio, è necessario procedere al
riserraggio dell’ancorante dopo pochi giorni dall’avvenuta installazione”.
In
particolare negli
ancoranti chimici “la
diminuzione di resistenza può essere provocata dalla sola viscosità del
calcestruzzo ed eventualmente da quella della resina. La maggior parte dei
fabbricanti effettua prove di viscosità sulla resina per verificare che
l’entità di tale diminuzione sia ininfluente rispetto alla resistenza globale.
La durabilità degli ancoraggi chimici viene inoltre testata verificando la loro
resistenza a cicli gelo-disgelo ed alla resistenza in particolari condizioni
ambientali, a contatto per esempio con numerosi agenti
chimici potenzialmente aggressivi per la resina”.
Concludiamo
ricordando che per tutte queste problematiche, che possono rendere inefficaci
gli ancoraggi e che noi abbiamo riassunto brevemente, la guida tecnica offre
molte informazioni spesso corredate anche da disegni esplicativi.
Inail
- Dipartimento Tecnologie di Sicurezza - ex Ispesl, “ Guida tecnica
per la scelta, l’uso e la manutenzione degli ancoraggi”, pubblicazione
curata da Luigi Cortis e Luca Rossi (Dipartimento Tecnologie di Sicurezza - ex
ISPESL) con la collaborazione di Michele Di Sario e Francesco Giancane (formato
PDF, 5.13 MB).
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