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"La riduzione dei rischi nelle attività di scavo"
fonte puntosicuro.it / Edilizia
11/01/2012 - PuntoSicuro ha già presentato la
collaborazione
tra l' Osservatorio
Inail/ex Ispesl e la rivista " Ambiente & Sicurezza"
del Sole 24 Ore.
L’Osservatorio
pubblica sulla rivista relazioni e documenti che permettono di conoscere il
parere dell’ Inail/ex Ispesl su alcuni
argomenti di grande attualità nell’ambito della sicurezza sul lavoro, ad
esempio con riferimento alle normative vigenti o allo studio, alle procedure
sicure, alle responsabilità e alle prospettive future della prevenzione.
Un
interessante articolo riportato sul sito dell’Osservatorio e pubblicato sul
numero 10 del 7 giugno 2011 di “Ambiente & Sicurezza” – a cura di Luca
Rossi (ricercatore, Dipartimento Tecnologie di Sicurezza – ex Ispesl) – è
intitolato “
Tecnologie trenchless e riduzione dei
rischi”.
Questo
articolo, redatto con l’aiuto della IATT (Italian Association for Trenchless
Technologies), parte dalla constatazione che “
l’attività di scavo è, dopo i lavori in quota, quella che provoca il
maggior numero di infortuni mortali nei cantieri temporanei o mobili”.
In
particolare per alcune attività, come la
realizzazione
di condotte interrate, è tuttavia possibile l’adozione di
tecnologie alternative denominate no
dig o
trenchless (“senza scavo” o
“senza trincea”) che “consentono più dei sistemi tradizionali (con opere di
contrasto e di sostegno delle pareti) di ridurre e, in alcuni casi, di
eliminare i rischi derivanti dalle lavorazioni”.
Queste
tecnologie consentono di “non eseguire lo scavo o di eseguirlo in alcuni punti
strategici del tracciato, realizzando successivamente nel sottosuolo fori
orizzontali e sub-orizzontali per la posa della tubazione”. Nate per superare
gli attraversamenti di ferrovie, di strade e di canalizzazioni, tali tecnologie
“oltre a ridurre al massimo il rischio
di seppellimento, limitano l’impatto negativo nelle zone urbane dovuto alla
posa dei sottoservizi con tecniche di scavo a cielo aperto e consentono anche
di effettuare manutenzioni e controlli non invasivi sulle reti di servizio,
senza rimuovere i materiali e/o i manufatti che si trovano al di sopra
dell’eventuale tracciato”.
L’articolo,
che vi invitiamo a leggere, entra nel dettaglio delle varie
tecnologie trenchless che si
suddividono convenzionalmente in
cinque
gruppi:
-
indagini conoscitive: ad esempio i
Sistemi Georadar (Ground Penetrating
Radar, GPR), tecnologia che consente di “rivelare, in modo non distruttivo e
non invasivo, la presenza e la posizione di oggetti presenti nel sottosuolo,
fino a una profondità di diversi metri, utilizzando il fenomeno della
riflessione delle onde elettromagnetiche a particolari frequenze”. L’autore
accenna anche all’uso delle
telecamere
(Sistemi CCTV), alle
ispezioni con pig
intelligenti (ispezionare le tubazioni in acciaio con strumenti, i
cosiddetti pig intelligenti, in grado di registrare le condizioni delle
condotte e di evidenziare difetti con un’elevata accuratezza, con precisione
anche millimetrica) e all’uso dei
cercatubi
(individuazione nel sottosuolo di strutture metalliche, sfruttando la proprietà
di generazione di campi magnetici);
-
perforazioni orizzontali guidate: si
accenna alla
trivellazione orizzontale
guidata (Horizontal Directional Drilling), alla tecnologia
rod pusher (particolare tipo di
trivellazione orizzontale guidata con macchinari di piccole dimensioni e per la
posa di tubazioni di diametro compreso tra 50 e 160 mm), al
microtunneling (posa di tubazioni in
acciaio, in calcestruzzo o in gres ceramico di diametro compreso tra 250 e
2.500 mm) e al
tunnel boring machine
(TBM);
-
perforazioni orizzontali non guidate:
si accenna alla tecnologia
Raise borer
(per la realizzazione di pozzi da verticali a molto inclinati), alla
mole (siluro) (tecnologia che consente
la posa di tubazioni di diametro compreso tra 90 e 180 mm realizzata tramite
perforazione a secco, con sistemi di spinta ad aria compressa, da una buca di
partenza fino a una di arrivo), alla tecnologia
spingitubo (consente la posa di tubazioni di diametro compreso tra
600 e 1.500 mm);
-
tecnologie associate: con
riferimento a
minitrincea,
microtrincea e
posa in fogna (questa ultima tecnologia consente lo sfruttamento di
infrastrutture fognarie esistenti ed è utilizzata prevalentemente per la posa
di cavi elettrici o di telecomunicazioni);
-
riutilizzo e sfruttamento di
infrastrutture esistenti: in realtà le tecniche di risanamento delle
infrastrutture esistenti “sono molteplici e possono essere suddivise in
tre gruppi a seconda che l’istallazione
della nuova condotta comporti una riduzione, un aumento o il mantenimento delle
dimensioni originarie della tubazione”: l’installazione di nuove condotte con
diametro inferiore a quello della condotta esistente; il risanamento di
condotte esistenti con sistemi a guaina, resine e cemento; l’installazione di
nuove condotte con diametro superiore a quello della condotta esistente”.
Se,
come indicato nel Decreto
legislativo 81/2008, la
valutazione
dei rischi presuppone
l’eliminazione
dei rischi e, ove ciò non sia possibile, la loro riduzione al minimo in
relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico, con
l’adozione delle tecnologie trenchless è possibile, nella maggior parte dei
casi, “eliminare il rischio perché non è effettuata l’attività pericolosa, lo
scavo. È il caso delle perforazioni orizzontali guidate (tranne il
microtunnelling e il tunnel boring machine) e delle perforazioni orizzontali
non guidate (se i diametri delle tubazioni da posare sono piccoli)”.
Inoltre
le “tecniche per il riutilizzo e lo sfruttamento di infrastrutture esistenti
prevedono quasi sempre la creazione dei pozzi le cui dimensioni dipendono da
una serie di fattori, tra i quali la profondità della condotta esistente, il
tipo di tecnologia, la consistenza dei terreni, la pressione della condotta da
cui dipende lo spessore del tubo che si utilizza come liner (nuova condotta),
il tipo di pavimentazione ecc.”. E “non esistono formule assodate che
consentono di stabilire a priori le dimensioni dei pozzi; queste variano in
relazione al tracciato della condotta e alle condizioni di superficie.
Generalmente, i volumi degli scavi che devono essere effettuati, utilizzando queste
tecnologie, rappresentano il 10% circa di quelli necessari per sostituire la
stessa condotta con metodi tradizionali (ossia, con scavi a cielo aperto)”.
Dunque
le tecnologie trenchless rappresentano un
esempio
concreto di come sia possibile effettuare una corretta valutazione
dei rischi. “Una volta individuata l’attività pericolosa (la posa della
tubazione con l’effettuazione dello scavo) la stessa deve essere sostituita con
un’altra che non lo è o lo è meno (la posa della tubazione senza
l’effettuazione dello scavo o con scavo di modesta entità). In questo modo è
stato eliminato il rischio (non è effettuato lo scavo) o è stato ridotto al
minimo (è effettuato uno scavo di ridotte dimensioni)”. Infatti le altre
attività - per esempio, microtunnelling, tunnel boring machine, spingi tubo,
pipe bursting, pipe splitting – “prevedono comunque lo scavo, non per tutta la
condotta, ma solo per una parte di essa (pozzo di partenza, pozzo di arrivo,
pozzi intermedi), per cui il rischio legato all’attività c’è ma è stato
ridotto, è presente, quindi, un rischio residuo”.
Ricordando
che i
rischi residui possono esser
classificati come prevalenti, concorrenti e legati all’attività lavorativa
(dove i
rischi prevalenti sono il
rischio di seppellimento e il rischio
di caduta dall’alto all’interno dello scavo), l’autore sottolinea che i
rischi residui devono essere ridotti attraverso l’individuazione e l’adozione
dei dispositivi
di protezione collettiva (
DPC).
Ad
esempio i DPC normalmente utilizzati, realizzati completamente con componenti
prefabbricati, possono essere distinti in:
-
sistemi di puntellazione per scavi:
“definiti dalla UNI EN 13331-1: 2004, devono assicurare la stabilità delle
pareti verticali e sono composti da diversi componenti prefabbricati assemblati
fra loro che creano un sostegno blindato dello scavo”;
-
sistemi di sostegno e di contrasto
mediante infissione di palancole prefabbricate: sono sistemi “costituiti da
elementi in acciaio (le palancole, appunto), di opportuno profilo, provvisti di
incastri (guida metallica o gargame) maschio-femmina che, collegati fra loro e
infissi nel terreno, formano un pannello continuo resistente alla spinta
laterale del terreno”.
Si
ricorda che nelle attività di scavo “deve essere impiegato
personale formato, informato e addestrato e deve essere evitata la
presenza di personale non formato” e particolare attenzione “deve essere posta
nei confronti del rischio legato al fattore umano”.
Infatti
la corretta applicazione dei sistemi di prevenzione e di protezione “presuppone
la competenza e la professionalità degli operatori di settore e, in
particolare:
-
l’informazione e la formazione
adeguate e qualificate del lavoratore, in relazione alle operazioni
previste;
-
l’addestramento qualificato e ripetuto del lavoratore sulle tecniche operative,
sulle manovre di salvataggio e sulle procedure di emergenza”.
Infine
l’autore indica, come ulteriore elemento per la riduzione del rischio, la “
corretta valutazione geologica e geotecnica”
e, quando la consistenza del terreno non dia sufficiente garanzia di stabilità,
la scelta e l’utilizzo di idonei sistemi di protezione.
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