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"La differenziazione fra datore di lavoro giuslavoristico e sostanziale"
fonte puntosicuro.it / Sicurezza sul lavoro
23/01/2012 -
Commento a cura di Gerardo Porreca.
Più volte la Corte suprema ha affrontato il tema delle responsabilità
del datore di lavoro in materia di sicurezza sul lavoro nel caso che non
venissero applicate nelle aziende che conducono le misure finalizzate alla
prevenzione degli infortuni ed alla tutela della salute dei lavoratori in esse
occupati. E’ ormai consolidata la posizione della Corte di Cassazione nel
distinguere la figura del datore di lavoro cosiddetto “giuslavoristico” da
quella del datore di lavoro “sostanziale” o “prevenzionistico”. In questa
sentenza vengono ribadite in particolare dalla suprema Corte gli elementi di
differenziazione fra queste due figure e messi in evidenza gli elementi per una
loro esatta individuazione nonché i limiti delle loro rispettive responsabilità
in materia di salute e sicurezza dei lavoratori.
Il caso
e il ricorso alla Corte suprema
Il
datore di lavoro e legale rappresentante di una società è stato condannato dal
Tribunale in composizione monocratica alla pena di mesi tre di reclusione per
il reato di lesioni colpose in seguito ad infortunio sul lavoro
in danno di una lavoratrice dipendente. Secondo il giudice l'imputato era
responsabile di avere messo a disposizione dei propri lavoratori dipendenti attrezzature
inadeguate e di aver adottato in particolare una macchina denominata
"strettoio", assimilabile ad una pressa pneumatica a pedali, che benché
fosse prevista per il suo utilizzo la presenza di due operatori, non disponeva
né di dispositivi di sicurezza quali barriere fotoelettriche o altro, né di un
doppio comando che imponesse ad entrambi i lavoratori di avere le mani
impegnate durante il ciclo di pressatura per cui per colpa aveva cagionato ad
una lavoratrice lesioni guarite in 61 giorni. La donna infatti, mentre operava
allo "strettoio", veniva colpita da una pressa per un errore di
coordinamento con un collega il quale dava il comando di serraggio mentre la
stessa stava ancora agendo in una zona pericolosa della macchina.
Avverso
la decisione del Tribunale l’imputato ha fatto ricorso alla Corte di Appello che
ha però confermata la sentenza di primo grado emessa dal Tribunale. L’imputato
si è quindi rivolto alla Corte di Cassazione alla quale ha chiesto
l’annullamento della sentenza di condanna, adducendo quale motivazione una contraddittorietà
laddove la Corte di Appello non aveva attribuito rilevanza alle dichiarazioni rilasciate
da un teste, già dipendente della società, il quale aveva chiarito il ruolo
ricoperto dall’imputato nell'ambito dell’azienda e quello svolto da un suo socio
al 50% il quale si occupava dell'area produttiva, dell'acquisto degli impianti
e della manutenzione con autonomia decisionale ricoprendo lo stesso la funzione
specifica di responsabile del servizio prevenzione e di protezione aziendale.
Secondo il ricorrente pertanto la Corte di appello, allorquando aveva ritenuto
che il suo socio non aveva una delega chiara e comunque non disponeva di
autonomia decisionale e di spesa necessarie per svolgere il compito di delegato
alla sicurezza, non aveva tenuto in alcuna considerazione le dichiarazioni
del teste e non aveva considerato inoltre che, secondo la giurisprudenza della
Corte di Cassazione, non era necessaria una delega in forma scritta.
Le decisioni della Corte di Cassazione
La
Corte di Cassazione nel rigettare il ricorso ha osservato che la Corte di
Appello nella sentenza impugnata aveva ritenuto sussistente la responsabilità
del ricorrente principalmente sulla base di una mancata sussistenza di una
prova sicura dell'esistenza di una delega scritta ovvero di una delega non scritta
e sulla considerazione che il socio responsabile
del servizio di prevenzione e protezione non poteva essere considerato
"datore di lavoro" dal momento che non era stato rigorosamente
dimostrato che, nell'ambito delle funzioni che gli sarebbero state delegate,
egli avesse un potere di spesa idoneo a consentire al delegato la gestione
completa ed efficiente del settore antinfortunistico.
Secondo
la suprema Corte, quindi, correttamente la Corte territoriale aveva evidenziato
che non era stato sufficiente la nomina da parte del datore di lavoro del socio
quale responsabile del servizio di prevenzione e protezione della società affinché
lo stesso datore di lavoro fosse esonerato dai propri obblighi in materia
antinfortunistica fra i quali quello di mettere a disposizione dei propri
lavoratori macchine in regola con le norme di sicurezza. Ma anche a voler ritenere sussistente una
delega al socio da parte del datore, ha quindi proseguito la Sez. IV, tale
circostanza comunque non avrebbe esclusa la responsabilità penale del ricorrente
dal momento che non è risultato dimostrato dalla documentazione agli atti che, nell'ambito
delle funzioni delegate, il socio avesse anche una piena ed autonoma capacità
di spesa, tale da consentirgli una gestione completa ed efficiente del sistema
antinfortunistico.
“
Il Decreto Legislativo n. 626 del 1994,
articolo 2, lettera b) 1 periodo, così come modificato dal Decreto Legislativo
n. 242 del 1996”, ha quindi proseguito la suprema Corte, “
considera infatti datore di lavoro ‘il soggetto
titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore’ o comunque ‘il soggetto che,
secondo il tipo e l'organizzazione dell'impresa, ha la responsabilità
dell'impresa stessa ovvero dell'unità produttiva, quale definita dalla lettera
i) in quanto titolare dei poteri decisionali di spesa’”. “
Con l'avverbio ‘comunque’”, ha ancora
sostenuto la Sez. IV, “
il legislatore ha
inteso dare netta preminenza al criterio sostanziale che deve essere in ogni
caso rispettato e che prevale quando vi è discordanza tra la situazione formale
e quella reale. Secondo la univoca giurisprudenza di questa Corte sul punto
(cfr., tra le altre, Cass., Sez. 4, Sent. n. 49819 del 5.12.2003) il dato
normativo consente di distinguere un datore di lavoro in senso giuslavoristico
da uno o più datori
di lavoro (sussistendo distinte unità produttive) in senso prevenzionale”.
“
E evidente”, ha ancora proseguito la
Sez. IV, “
che la responsabilità del
soggetto preposto alla direzione dell'unità produttiva è condizionata alla
congruità dei suoi poteri decisionali e di spesa rispetto alle concrete
esigenze prevenzionali. Egli pertanto sarà qualificabile come datore di lavoro
ai fini della sicurezza solo se gli saranno attribuiti poteri e disponibilità
finanziarie adeguate ad effettuare gli adempimenti prescritti dalla legge e
solo entro quei limiti, mentre, per tutti gli altri adempimenti per i quali non
dispone dei mezzi e dei poteri per realizzarli, le eventuali violazioni (e
relative conseguenze) non saranno a lui ascrivibili”.
“
Pertanto”, ha concluso la suprema Corte,
“
nella fattispecie di cui è processo la
indicazione del socio quale responsabile del servizio di prevenzione e
protezione della società, in mancanza di un suo autonomo potere di spesa, non è
sufficiente ad esonerare il datore di lavoro dai propri doveri ed obblighi in
materia antinfortunistica”.
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