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"Rischio stress: gli strumenti operativi, la valutazione e il mobbing"
fonte puntosicuro.it / Formazione ed informazione
24/01/2012 - PuntoSicuro ha presentato nei giorni scorsi una parte del secondo Working
Paper
di
Olympus, l’ Osservatorio
per il monitoraggio permanente della legislazione e giurisprudenza sulla
sicurezza del lavoro costituito presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università
degli Studi di Urbino “Carlo Bo”. Il documento, dal titolo “ La valutazione
del rischio da stress lavoro-correlato ai sensi dell’art.28 del d.lgs. 81/2008”
e a cura di Marco Peruzzi, ha l’obiettivo di analizzare il quadro normativo che
disciplina la
prevenzione dello stress
lavoro-correlato.
Nel primo
articolo di presentazione abbiamo visto come l’autore affronti il tema partendo
da una
prospettiva pre-giuridica,
ricostruita attraverso i rapporti dell’Eu-Osha, e soffermandosi, ad esempio,
sui rischi psicosociali emergenti.
Tuttavia
il saggio affronta il tema dello stress nei luoghi di lavoro anche nella
prospettiva giuridica con riferimento alla definizione di stress
lavoro-correlato ai sensi del Decreto
legislativo 81/2008 e alla definizione nell’accordo europeo del 2004.
Nell’
accordo europeo del 2004 lo stress
lavoro-correlato è qualificato come
una
condizione che può essere accompagnata da disturbi o disfunzioni di natura
fisica, psicologica o sociale ed è conseguenza del fatto che taluni individui
non si sentono in grado di corrispondere alle richieste o alle aspettative
riposte in loro. E l’accordo specifica che se un individuo è
assolutamente in grado di sostenere una
esposizione di breve durata alla tensione, che può essere considerata positiva,
esso ha
maggiori difficoltà a sostenere
una esposizione prolungata ad una pressione intensa.
Inoltre,
continua l’accordo,
lo stress non è una
malattia ma una situazione di prolungata tensione può ridurre l’efficienza sul
lavoro e può determinare un cattivo stato di salute. E ancora
non tutte le manifestazioni di stress sul
lavoro possono essere considerate come stress lavoro-correlato.
L’autore
si sofferma sul fatto che l’accordo pur
riconoscendo
che le molestie (vessazioni, persecuzioni) e la violenza nel posto di lavoro
sono potenziali elementi di stress lavoro-correlato, chiarisce che
questo accordo non si occupa
specificatamente della violenza, delle molestie […] e dei disturbi
post-traumatici da stress, rinviandone la regolamentazione ad un accordo
successivo, poi sottoscritto a livello europeo dalle parti sociali il 26 aprile
2007.
E,
come vedremo, il “
rapporto tra stress
lavorocorrelato e mobbing nella dimensione prevenzionistica, reso
problematico dalla delimitazione d’ambito dell’accordo europeo, se può già
essere risolto dal richiamo al principio di onnicomprensività dei rischi, è
stato d’altra parte rivisto ed evidenziato nel suo articolarsi biunivoco dalle
indicazioni della ccp (Commissione Consultiva Permanente, ndr), approvate il 17
novembre 2010 ed adottate il giorno seguente con circolare ministeriale”.
Infatti
l’autore, dopo essersi soffermato sull’obbligo di valutazione dei rischi connessi
allo stress lavoro-correlato e sulle proposte metodologiche antecedenti
l’intervento della Commissione consultiva permanente, presenta le indicazioni della Commissione e
ritorna sul rapporto biunivoco tra stress lavoro-correlato e mobbing.
Tali
indicazioni, che si pongono come “livello minimo di attuazione dell’obbligo”,
localizzano “l’identificazione dei fattori di rischio sul versante
collettivo-organizzativo”:
la valutazione
prende in esame non singoli ma gruppi omogenei di lavoratori che risultino
esposti a rischi dello stesso tipo”. È dunque solo partendo dalla
“effettiva organizzazione aziendale” che il datore può “in altre parole
stabilire la griglia di analisi dei rischi”.
Nelle indicazioni
della Commissione consultiva la dimensione dei “conflitti interpersonali al
lavoro” ritrova ora “la propria sede originaria venendo inclusa espressamente
dalla ccp tra i fattori di contesto del lavoro da valutare. Identificata tra i potenziali fattori di stress
lavoro-correlato nell’analisi pre-giuridica dell’Osha, e ivi declinata nella
sottocategoria della violenza sul luogo di lavoro, essa era stata invece
esclusa dall’oggetto dell’accordo europeo del 2004, a cui l’art. 28
tecnicamente rinvia, o quantomeno alleggerita nel mero riferimento a ‘fattori
soggettivi’, come le pressioni sociali ed emotive, la sensazione di
inadeguatezza, la percezione di mancanza di sostegno, fattori a cui risultava
appunto difficile ricondurre la categoria della violenza psicologica”.
Insomma,
continua l’autore, “le indicazioni della ccp ricostruiscono in altre parole il
tessuto connettivo che collega la dimensione dello stress lavoro-correlato con
il fenomeno mobbing, individuando nel secondo un potenziale indicatore del
primo”.
L’autore
si sofferma poi sul
manuale operativo
Inail “ Valutazione
e gestione del rischio da stress lavoro-correlato” che muove da una precisa
considerazione: “come viene spiegato in premessa, ‘alcuni passaggi delle
indicazioni della Commissione Consultiva’ a causa della loro ‘brevità’ e ‘semplicità’
‘potrebbero dare origine a criticità applicative ed interpretative’. Viene ad
esempio contestata la modalità con cui è presentata la cd. fase preliminare: ‘proprio
per le sue caratteristiche di semplicità e del coinvolgimento di un numero
limitato di attori, può non sempre rendere chiara la necessità di adottare
misure correttive ovvero il tipo di misure da adottare’”. Altro profilo di
criticità è individuato “sul versante del coinvolgimento dei lavoratori e/o degli
Rls/Rlst posto che le relative modalità di realizzazione sono lasciate
integralmente alla scelta del datore di lavoro”.
Rimandandovi
ad una lettura integrale del Working Paper, ricordiamo un altro punto
sottolineato dall’autore:. l’Inail rileva “come le indicazioni della ccp siano
altresì ‘estremamente sintetiche nel passaggio sulla previsione del piano di
monitoraggio, carente delle relative modalità di effettuazione e sulla verifica
dell’efficacia delle misure correttive
adottate’. Esse, peraltro, ‘non riportano il termine di validità della
valutazione del rischio, rimandando così tacitamente alla previsione normativa
dell’art. 29 c. 3 del D.Lgs. 81/08’”.
Il
manuale Inail, costruito sui risultati della sperimentazione del modello
Ispesl-Hse, si pone come
guida operativa
“oltre l’obbligo”, ovvero, “come linee guida che, superando la soglia del ‘livello
minimo di attuazione dell’obbligo di valutazione
del rischio da stress lavoro-correlato’ stabilito dalla ccp,
approfondiscono ed ampliano i profili solo sinteticamente descritti da
quest’ultima, dando contenuto alla progressione dinamica dell’obbligo di
sicurezza”.
Concludiamo
ritornando ancora al rapporto tra stress lavorocorrelato e mobbing.
Secondo
l’autore va rilevato come le linee guida Inail “rendano esplicito quanto le
indicazioni della ccp lasciavano solo dedurre in via interpretativa: laddove
viene descritta la condizione ideale a cui il datore deve tendere nella propria
organizzazione aziendale con riguardo all’ambito delle relazioni interpersonali,
si prevede che ‘il lavoratore non si percepisca oggetto di comportamenti
inaccettabili (ad es. il mobbing)’; parimenti, nella individuazione degli
indicatori di check list relativi al contesto del lavoro, viene inserita la
voce ‘Identificazione di un referente per l’ascolto e la gestione dei casi di
disagio lavorativo (stress/mobbing….)’”.
E
dunque il
mobbing trova “un’esplicita
collocazione nella valutazione dello stress lavoro-correlato quale possibile
fattore scatenante del rischio nell’ambito delle relazioni interpersonali”.
Olympus
- Osservatorio per il monitoraggio permanente della legislazione e
giurisprudenza sulla sicurezza del lavoro,
“ La
valutazione del rischio da stress lavoro-correlato ai sensi dell’art. 28 del
d.lgs. 81/2008”, a cura di Marco Peruzzi (assegnista di ricerca in Diritto
del lavoro nell’Università di Verona),
Working Papers di Olympus 2-2011 (formato PDF, 348 kB).
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