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"La sicurezza negli spazi confinati"
fonte puntosicuro.it / Sicurezza sul lavoro
31/01/2012 - Segnaliamo
un approfondimento pubblicato nell’ambito del Bollettino speciale Adapt “ Ambienti
confinati e sicurezza: le nuove regole dopo il DPR n. 177/2011” a cura di Nicola
D'Erario (ADAPT Research Fellow), Maria Giovannone, Capo Redattore Osservatorio
Nuovi Lavori Nuovi Rischi, in collaborazione con ANMIL Onlus e A.A.R.B.A.
Dall’intervento
“Attività negli spazi confinati: un impegno
comune per la definizione di standard operativi” di Adriano Paolo Bacchetta riportiamo
il paragrafo “Contenuti del Decreto
del Presidente della Repubblica 14 settembre 2011, n. 177” in cui è affrontato
il “
Regolamento recante norme per la qualificazione
delle imprese e dei lavoratori autonomi operanti in ambienti sospetti di
inquinamento o confinanti, a norma dell'articolo 6, comma 8, lettera g), del
decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81”.
Come
più volte sottolineato, il punto di partenza della strategia di contrasto che è
alla base delle prescrizioni presenti nel decreto, è la constatazione che le
dinamiche e le conseguenze degli infortuni
che si sono drammaticamente succeduti negli ultimi anni in occasione di tali
attività, richiedano un rapido innalzamento delle tutele a garanzia della
salute e sicurezza degli operatori impegnati negli spazi confinati. Da qui la
decisione di disporre che, in simili situazioni, possano operare solo soggetti
adeguatamente formati, addestrati ovvero consapevoli sia dei rischi delle
attività previste lavorazioni, sia (in particolare) di quelli derivanti
specificatamente dagli ambienti nei quali si svolga l’attività lavorativa.
Ciò
premesso, si evidenzia come il decreto innanzi tutto ponga particolare
attenzione alle tematiche della formazione degli addetti
e delle attività eseguite in regime di appalto.
Nel
dettaglio, infatti, il decreto impone che quando i lavori siano svolti
attraverso lo strumento dell’appalto, deve essere garantito che:
-
prima dell’accesso nei luoghi di lavoro, tutti i lavoratori che saranno
impiegati nelle attività (compreso, eventualmente, il datore di lavoro) siano
puntualmente e dettagliatamente informati dal datore di lavoro committente di
tutti i rischi che possano essere presenti nell’area di lavoro (compresi quelli
legati ai precedenti utilizzi). E’ previsto che tale attività debba essere
svolta per un periodo sufficiente e adeguato allo scopo della medesima e,
comunque, non inferiore a un giorno;
-
il datore di lavoro committente individui un proprio rappresentante,
adeguatamente formato, addestrato ed edotto di tutti i rischi dell’ambiente in
cui debba svolgersi l’attività dell’impresa appaltatrice o dei lavoratori
autonomi, che vigili sulle attività che in tali contesti si realizzino;
-
durante tutte le fasi delle lavorazioni in ambienti sospetti di inquinamento o
“confinati” sia adottata ed efficacemente attuata una procedura di lavoro
specificamente diretta a eliminare o ridurre al minimo i rischi propri di tali
attività. Tali procedure potranno anche essere le buone prassi, in corso di
approvazione da parte della Commissione consultiva per la salute e sicurezza
sul lavoro.
Di
là da ogni possibile considerazione in merito alla genericità di alcune
disposizioni (quali, ad esempio, …
puntualmente e dettagliatamente
informati.., ..
adeguatamente formato addestrato e edotto, …), la
norma riconduce, in modo aspecifico, all’adozione di ..
una procedura di
lavoro specificamente diretta a eliminare o ridurre al minimo i rischi propri
di tali attività.., procedura che potrebbe anche coincidere con le buone prassi
in corso di approvazione.
A
tale riguardo, ciò che innanzi tutto colpisce, è che non sia presente, fin
d’ora, alcun riferimento alle consolidate norme tecniche applicabili (ad
esempio UNI 10149-2008 "Manutenzione - Criteri per la formulazione e
gestione del permesso di lavoro"; UNI10146-2007 “Criteri per la
formulazione di un contratto per la fornitura di servizi finalizzati alla
manutenzione”; UNI 11414-2011 “Manutenzione - Linee guida per la qualificazione
del sistema di manutenzione”, ecc.).
Come
noto nella pratica aziendale, la manutenzione è un “sistema” da gestire secondo
i migliori principi tecnico/organizzativi disponibili poiché coinvolge tutti i
processi e ambiti lavorativi, rappresentando un’attività fondamentale per
garantire l’affidabilità dell’intero sistema produttivo.
La
nuova edizione della UNI 10449:2008 sui permessi di lavoro, ad esempio, si
applica in tutte le aree lavorative nelle quali sono eseguiti lavori di
manutenzione, di miglioria e modifiche assegnati in appalto e tratta i criteri
generali da applicare al permesso di lavoro, le varie tipologie di permesso di
lavoro, la loro struttura (descrizione, prescrizioni, autorizzazioni,
accettazione inizio lavoro, dichiarazione di fine lavoro, ...).
La
norma, come precisato al punto 4.2, prevede diverse tipologie di permessi di
lavoro, tra cui: lavoro con divieto d’uso di fiamma o scintilla, lavoro
implicante l’uso di fiamma – sorgente di calore – gas – liquidi o materiali
infiammabili, lavoro di scavo, lavoro su circuiti e apparecchiature elettriche,
lavoro generico e, anche, lavoro negli spazi
confinati. Il permesso di lavoro costituisce l’evidenza documentale
dell’avvenuto processo di trasferimento delle necessarie informazioni che si
riferiscono a un lavoro di manutenzione tra il committente e l'appaltatore.
Come
disposto dalla vigente normativa, la norma prevede che il datore di lavoro
committente debba indicare i rischi specifici relativi all'ambiente in cui si
opera e gli interventi preliminari all'esecuzione di un lavoro mentre, da parte
sua, l’appaltatore esprimerà la presa visione dei provvedimenti relativi e li
integrerà con le disposizioni previste per il proprio personale, rendendo
comprensibile i risultati della propria analisi del rischio e indicando quali
specifici dispositivi di protezione individuale sarà necessario utilizzare.
Ogni
firma apposta sul permesso di lavoro, specifico per la tipologia di lavoro
commissionato, identifica l’avvenuto trasferimento d’informazioni, l’avvenuta
valutazione dei rischi e la conseguente pianificazione degli interventi e
individuazione degli apprestamenti di prevenzione e protezione che verranno
adottati per tutelare l’integrità fisica dei prestatori di lavoro.
Nel
caso di contratto di appalto, inoltre, la norma costituisce integrazione alla
UNI 10148:2007
Manutenzione - Gestione di un contratto di manutenzione che
ha invece lo scopo di facilitare l'applicazione del contratto di manutenzione
indicando i criteri tecnici, organizzativi e amministrativi per la sua gestione
operativa e la norma UNI 10146:2007
Criteri per la formulazione di un
contratto di fornitura di servizi finalizzati alla manutenzione.
Per
quanto riguarda la sicurezza degli addetti, invece, oltre all’imposizione ai
datori di lavoro delle imprese e ai lavoratori autonomi dell’obbligo di
possedere dispositivi di protezione individuale (ad esempio maschere protettive,
imbracature di sicurezza, etc.), strumentazione e attrezzature di lavoro (ad
esempio rilevatori di gas, respiratori, etc.) idonei a prevenire i rischi
propri delle attività lavorative e di aver compiuto, sempre in relazione a
tutto il personale impiegato, attività di addestramento all’uso corretto di
tali dispositivi, nel decreto si fa riferimento a una serie di ulteriori
obblighi che, in estrema sintesi, prevedono:
-
imposizione alle imprese e ai lavoratori autonomi che svolgano attività negli
ambienti confinati, in aggiunta agli obblighi già su di essi gravanti in
materia di salute e sicurezza sul lavoro, dell’obbligo di procedere a
specifica, informazione, formazione e addestramento, oggetto di verifica di
apprendimento e aggiornamento, relativamente ai rischi che sono propri degli
“ambienti confinati” e alle peculiari procedure di sicurezza ed emergenza che
in tali contesti devono applicarsi, di tutto il personale impiegato, compreso
il datore di lavoro;
-
obbligo di presenza di personale esperto, in percentuale non inferiore al 30%
della forza lavoro, con esperienza almeno triennale in attività in “ambienti
confinati”, assunta con contratto di lavoro subordinato o con altri contratti
(in questo secondo caso, necessariamente certificati ai sensi del Titolo VIII,
Capo I, del D.Lgs. n. 276/2003) con la necessità che il preposto, che
sovrintende sul gruppo di lavoro, abbia in ogni caso tale esperienza (in modo
che alla formazione e addestramento il “capogruppo” affianchi l’esperienza
matura in concreto).
Sull’argomento,
dopo un precedente progetto di norma, la commissione “Manutenzione” dell’UNI ha
pubblicato due nuove norme significative per il settore: si tratta della UNI
11414
Manutenzione - Linee guida per la qualificazione del sistema di
manutenzione e della UNI 11420
Manutenzione - Qualifica del personale di
manutenzione.
In
particolare, la UNI 11414 fornisce le linee guida unificate e una metodologia
completa e strutturata adattabile a qualsiasi settore, per qualificare un
sistema di manutenzione e quindi consente anche di valutare la professionalità
con cui opera il personale di manutenzione, in termini di capacità di gestione,
organizzazione e possesso delle necessarie conoscenze tecnologiche e tecniche.
Oltre
al rispetto della legislazione vigente, infatti, un buon sistema di
manutenzione deve prevedere un
budget per la manutenzione e un piano per
ciascun oggetto delle attività di manutenzione, nonché un sistema di gestione e
un’adeguata formazione per tutto il personale addetto alla manutenzione, sia
sulle tematiche tipicamente tecniche sia per quanto riguarda le misure di
prevenzione e protezione dai rischi. Formazione che, peraltro, non può essere
priva di uno specifico sistema di verifica del livello di qualificazione
raggiunta dal personale di manutenzione coerente con il quadro europeo delle
qualifiche per l’apprendimento permanente (EQF), il CEN/TR 15628
Maintenance
- Qualification of maintenance personnel.
Da
qui la pubblicazione della norma UNI 11420
Manutenzione - Qualifica del
personale di manutenzione che risulta essere in linea col sistema
organizzativo aziendale italiano e con la normativa europea sulle qualifiche
professionali da cui trae ispirazione.
Inoltre,
nulla è precisato in merito alla fondamentale definizione delle procedure di emergenza
e soccorso necessarie, da definire in funzione della difficoltà delle
operazioni previste e del grado di rischio a esse associato. Nel testo si fa
riferimento all’obbligo di prevedere una procedura di lavoro specificamente
diretta a eliminare o, ove impossibile, ridurre al minimo i rischi propri delle
attività in
ambienti confinati,
comprensiva della eventuale fase di soccorso e di coordinamento con il sistema
di emergenza del Servizio sanitario nazionale e dei Vigili del Fuoco,
rimandando peraltro alla elaborazione di una futura buona prassi, qualora
validata dalla Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul
lavoro ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettera v), del decreto legislativo 9
aprile 2008, n. 81.
Tuttavia,
è evidente che l’affidamento della sicurezza dei lavoratori all’intervento dei
soli servizi di soccorso istituzionali esterni al perimetro dell’area
operativa, potrebbe comportare tempi di risposta molto elevati, spesso
incompatibili con la tutela della vita umana. Peraltro, a oggi, la preparazione
del personale designato dal datore di lavoro alle attività di salvataggio (di
cui al d.lgs. n. 81/2008 art. 18 comma 1 lettera b) e s.m.i.), il più delle
volte non prevede specificatamente attività riconducibili al trattamento
d’infortunati all’interno di spazi confinati. Questi addetti, quando dichiarati
idonei al servizio dal medico competente, adeguatamente equipaggiati, formati e
addestrati periodicamente all’intervento mediante prove e simulazioni
d’intervento e resi consapevoli delle procedure d’intervento applicabili allo
specifico contesto delle operazioni che devono essere effettuate mediante la
riunione di coordinamento da tenersi prima dell’inizio delle attività,
dovrebbero garantire la tutela dei colleghi in caso di emergenza. Ma, come
noto, questo non è sempre vero. Ad esempio, molti addetti al primo soccorso non
dispongono e non sono addestrati anche all’utilizzo degli APVR (Apparecchi di
Protezione delle Vie Respiratorie - APVR – es. semi maschere, maschere pieno
facciale, autoprotettori, ecc.), isolanti o non, e quindi, in caso d’infortunio
conseguente all’esposizione ad agenti chimici pericolosi durante le attività
negli spazi confinati, non possono intervenire per portare soccorso
all’infortunato lì dove si trova.
Anche
in questo caso, come per quanto già visto, esistono specifici riferimenti a
norme tecniche nazionali e internazionali (quali ad esempio
Soccorso in
ambienti confinati a cura del GECAV o la sezione 29 CFR OSHA 1910.146(k)(1)
e l’appendice “F” o le NFPA 1670
Standard on Operations and Training for
Technical Rescue Incidents - section 7.4).
Da
ultimo, ma non per questo meno importante, sarebbe auspicabile una maggiore
attenzione del Legislatore sui temi della sicurezza basata sui comportamenti (
Behavioral
Safety Process) e quindi sui processi di sicurezza che, come dimostrato
ampiamente nella letteratura scientifica internazionale, sono in grado di
sviluppare, nei singoli componenti l’organizzazione, l’acquisizione della
consapevolezza del proprio ruolo nell’ambito del sistema di prevenzione e lo
sviluppo della mutua assistenza solidaristica tra colleghi.
Creando
adeguate contingenze nel contesto lavorativo, è possibile aumentare il numero
di comportamenti sicuri di ogni lavoratore e ottenere la tutela della propria e
altrui salute e sicurezza. Questo ponendo attenzione alle proprie azioni e alle
conseguenze, reali o potenziali, di ogni comportamento non sicuro o non
conforme alle procedure stabilite (BS OHSAS 18001:2007 4.4.2). Sentendosi parte
attiva e fondamentale nel processo di sicurezza (BS OHSAS 18001:2007 - 4.4.3.3
Procedures for Worker Participation), ogni singolo lavoratore è infatti
motivato sui temi della sicurezza [1] e ne diventa quindi promotore e fattivo
sostenitore; condizione che favorisce molto l’instaurazione della “cultura” di
sicurezza all’interno dell’azienda e lo sviluppo e consolidamento dell’adozione
dei comportamenti sicuri da parte di tutti [2].
Conclusioni
Per
ridurre in futuro il ripetersi di questo tipo d’incidenti, appare quindi
fondamentale definire strumenti concettuali e operativi adeguati.
Se
da una parte è evidente che la verifica della qualità dell’aria interna e la
garanzia di un’adeguata ventilazione sono basilari, come si pensa riuscire a
ottenere un adeguato livello di sicurezza considerando che il passaggio per
accedere agli spazi
confinati è spesso rappresentato da un’apertura circolare diametro 60 cm
parzialmente ostruito dalla scala utilizzata dall’operatore?
E
che dire in merito agli altri rischi specifici associati alle attività negli
spazi confinati che non sono attualmente stati presi in considerazione?
Per
quanto riguarda l’assistenza dall’esterno, studi americani hanno inoltre
dimostrato, e i recenti incidenti l’hanno purtroppo dimostrato, che circa il
50% delle persone che perdono la vita in questi incidenti, sono proprio i
soccorritori o presunti tali.
E
allora?
Affermata
sia l'importanza del DUVRI come
documento che formalizza l'attività di cooperazione, coordinamento e
informazione reciproca delle imprese coinvolte in un appalto, sia la necessità
di verificare che la catena degli appalti e subappalti non porti aziende o artigiani
a operare in attività per le quali non sono né preparati né attrezzati, la
questione è una sola: bisogna eseguire un’approfondita e corretta valutazione
dei rischi, un addestramento efficace, prevedere l’impiego di attrezzature
idonee e pianificare sia le attività ordinarie sia gli scenari di emergenza,
codificando le operazioni da porre in essere.
Questo,
è auspicabile, alla luce di una specifica norma tecnica di riferimento da
sviluppare sulla base di linee guida, norme e/o standard e Best Practices
presenti a livello nazionale [3] e internazionale [4]. Inoltre a quanto
sopra, è necessario realizzare interventi che tendano a neutralizzare o a
ridurre al minimo il verificarsi di comportamenti caratterizzati da
inosservanza di norme operative o regolamentari, o dal porre in essere
comportamenti non conformi alle comuni pratiche di sicurezza, spostando
l’attenzione di tutta l’organizzazione verso la condivisione diffusa dei
“valori” della sicurezza intesi come specifici comportamenti verbali tra
lavoratori e verso l’attivazione di “comportamenti” di sicurezza misurati su
parametri oggettivi come frequenza, latenza, durata, intensità, ampiezza e
completezza delle azioni dei singoli.
Allo scopo di stimolare la
discussione tra chi ha avuto necessità di occuparsi della gestione degli
interventi negli spazi confinati, è stato messo on line un nuovo sito
web www.spazioconfinato.it
che offre un ambito di confronto per le proprie conoscenze ed esperienze nello
specifico settore. Infatti, su un tema specialistico quale il lavoro negli
spazi confinati, appare fondamentale riuscire a raccogliere e condividere
l’esperienza di chiunque sia portatore di reali conoscenze e interesse
sull’argomento specifico, in modo da elaborare azioni efficaci e proporre
procedure operative da condividere e fare crescere nel Web grazie alla
collaborazione di tutti.
di
Adriano Paolo Bacchetta (formato PDF, 221 kB).
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