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"Agenti chimici: i dispositivi di protezione individuale"
fonte www.puntosicuro.it / Sicurezza sul lavoro
11/09/2012 - I
dispositivi di protezione
individuale (DPI) non sono certo la panacea per risolvere i problemi di
prevenzione nei luoghi di lavoro, ma una risorsa fondamentale e obbligatoria
quando non sia possibile evitare o ridurre in modo adeguato i rischi lavorativi
con misure tecniche di prevenzione, con sistemi di protezione collettiva o con
una differente organizzazione del lavoro (art. 75, Decreto legislativo 81/2008).
Perché
siano una risorsa effettiva, i dispositivi devono essere scelti attraverso
valutazioni e verifiche che tengano conto di efficacia, efficienza e degli
aspetti ergonomici. E devono essere utilizzati e mantenuti correttamente e in
condizioni igieniche appropriate.
Per
dare qualche informazione sui
dispositivi
adatti alla protezione da agenti chimici, con particolare riferimento
all’attività nei laboratori, ci soffermiamo su uno specifico capitolo del documento
“ Linee
Guida per la Valutazione del Rischio da esposizione ad agenti chimici
pericolosi e ad agenti cancerogeni e mutageni”, documento elaborato dal Centro
Interagenziale “Igiene e Sicurezza del Lavoro” di ISPRA, con la collaborazione
dell’Università Politecnica delle Marche, della Environment Agency (England),
della Scottish Environmental Protection Agency (SEPA) e di diverse Arpa
regionali.
Dopo
aver proposto informazioni e indicazioni relativi ai requisiti, alle categorie
e alla marcatura dei DPI, il documento ricorda che in presenza di sostanze
pericolose “si può focalizzare l’attenzione su due
tipologie di DPI:
-
protezione della cute nel caso di agenti
chimici allo stato solido, liquido o gassoso che, per contatto, possono
determinare un pericolo per la cute dell’utilizzatore o essere assorbiti
tramite essa (si può parlare di protezione del corpo, del viso, degli occhi,
delle mani ecc.);
-
protezione delle vie respiratorie
quando gli agenti chimici, respirabili, risultano dannosi per l’apparato
respiratorio”.
Per
proteggere la cute è necessario considerare
una “innumerevole casistica” di dispositivi di
protezione che interessano le parti del corpo esposte, ad esempio guanti,
tute protettive, scarpe, stivali, visiere, grembiuli, ...
In
tutti i casi la loro caratteristica principale consiste nella capacità di “resistere
adeguatamente all’azione dello specifico agente chimico il quale deve essere
valutato nelle condizioni d’uso (concentrazione, temperatura, condizioni di
operatività, ecc.)”.
In
particolare i dispositivi
per la protezione chimica si suddividono in due
categorie:
-
traspiranti: “destinati alla
protezione da agenti chimici non particolarmente pericolosi”: devono avere una “buona
resistenza all’azione delle sostanze chimiche ed avere caratteristiche di idrorepellenza
ed essere confortevoli per un impiego durante tutto il turno di lavoro”;
-
impermeabili: “destinati a
proteggere da agenti chimici particolarmente pericolosi; data la loro natura
possono essere indossati per tempi relativamente brevi”. Le caratteristiche
principali dei protettori impermeabili sono rappresentate dalla resistenza a
penetrazione (passaggio attraverso le
porosità del tessuto o le aperture dell’indumento) e
permeazione (diffusione a livello molecolare attraverso il
materiale): i tempi di penetrazione e/o di permeazione “sono da tenere in
considerazione nell’individuazione dei limiti d’uso del dispositivo stesso”.
La
scelta e l’uso dei
DPI per la protezione
delle vie respiratorie presuppongono una approfondita conoscenza delle
problematiche legate ai dispositivi stessi e all’ambiente di lavoro dove si
deve operare. Ad esempio per impiegare apparecchi di protezione
delle vie respiratorie (APVR) è necessario conoscere:
-
“le caratteristiche dell’atmosfera dell’ambiente in cui si opera;
-
le caratteristiche del luogo di lavoro e dell’eventuale spazio di azione;
-
la gravosità e tipo di lavoro da svolgere;
-
eventuali problemi di adattabilità lavoratore;
-
eventuali limitazioni dei movimenti derivanti dal tipo di dispositivo;
-
la necessità di impiegare contemporaneamente altri dispositivi (compatibilità);
-
l’eventuale necessità di comunicazione tra operatori diversi”.
Gli
APVR si suddividono in
due grandi categorie:
-
respiratori a filtro: apparecchi il
cui funzionamento dipende dall’atmosfera ambiente e possono essere usati
solamente se esistono le seguenti condizioni: “la percentuale di ossigeno
presente nell’ atmosfera
inquinata deve tassativamente essere superiore al 17% in volume; si conosce
la natura e la concentrazione degli inquinanti presenti in atmosfera; gli
agenti chimici non devono essere immediatamente pericolosi per la vita; non
possono essere impiegati in ambienti confinati; l’utilizzatore non deve avere
barba e/o baffi o altro che possa compromettere la tenuta del facciale
(potrebbero essere esclusi da questa prescrizione gli elettroventilatori in
grado di fornire e garantire una pressione positiva all’interno del
dispositivo)”;
-
respiratori isolanti: apparecchi il
cui funzionamento è indipendente dall’atmosfera ambiente e devono essere
impiegati, in modo particolare, quando: “non è possibile garantire la presenza
del 17% in volume di ossigeno presente nell’atmosfera inquinata; non si conosce
sia la natura che la concentrazione degli inquinanti; la concentrazione degli
inquinanti è troppo elevata; gli inquinanti sono immediatamente pericolosi per
la vita; si opera in ambienti
confinati”.
Dopo
aver ricordato che l’utilizzo di specifici DPI appare indispensabile in alcune
fasi delle operazioni che vengono effettuate nei
laboratori (“i guanti, gli occhiali, i camici, sono utilizzati come
buona prassi di lavoro quale misura generale di tutela per la prevenzione dei
rischi”), il documento riporta alcune
indicazioni
generali sulla scelta e l’utilizzazione dei guanti.
Nella scelta dei
guanti per la protezione dagli agenti chimici pericolosi “è di primaria
importanza la resistenza che il materiale di cui sono costituiti offre al
passaggio degli stessi. Questa resistenza è descritta dal
tempo di permeazione, cioè il tempo che trascorre tra il contatto
iniziale dell’inquinante con la superficie esterna del guanto ed il momento in
cui tale inquinante può essere individuato sulla sua superficie interna. Il
fattore che influenza principalmente il tempo di permeazione è ovviamente la
natura chimica del materiale che costituisce il guanto in relazione all’agente
chimico considerato”.
Tuttavia
hanno importanza anche i seguenti
fattori:
-
“spessore del materiale costituente il guanto” (ad esempio “raddoppiando lo
spessore dei guanti, il tempo di permeazione pressappoco quadruplica”);
-
“concentrazione dell’agente chimico con cui il guanto viene a contatto;
-
quantità dell’agente chimico con cui il guanto viene a contatto;
-
tempo in cui il guanto è a contatto con l’agente chimico;
-
frequenza dei contatti;
-
tipo di contatto (immersione, schizzi, contatto con superficie contaminata,
nebbiolina ecc.);
-
temperatura”.
Se
la fonte principale di informazioni per la scelta dei materiali dovrebbe essere
la
scheda di sicurezza dell’agente
chimico impiegato, spesso le informazioni riportate su tali schede sono “insufficienti,
generiche ed in rari casi addirittura fuorvianti. In alternativa alle schede di
sicurezza, informazioni utili alla scelta dei materiali e sui tempi di
permeazione possono essere ricavate per molte sostanze dai siti internet del
National Institute for Occupational Safety & Health (NIOSH) o dei
produttori di guanti”.
Il
documento ricorda l’importanza del marchio CE e del pittogramma presente sui
guanti (attesta l’esecuzione del test di permeazione previsto dalla norma UNI
EN 374-3:2004) e indica che “nella scelta dei guanti, oltre al tempo di
permeazione, hanno rilevanza anche i seguenti fattori:
-
resistenza meccanica (all’abrasione,
al taglio, alla perforazione, ecc.): in molti casi, le caratteristiche di
resistenza fisica hanno maggior peso di quelle di resistenza chimica (in quanto
se il guanto è perforato in qualche punto, il tempo di permeazione non è più
applicabile). I guanti per cui siano state verificate le caratteristiche di
resistenza meccanica, riportano anche i pittogrammi e le indicazioni relativi
alla norma UNI EN 420:2010;
-
requisiti di manualità dell’operatore:
per certe attività di laboratorio, l’ utilizzo
di guanti troppo spessi rende difficoltosa l’esecuzione del lavoro per tale
motivo è opportuno individuare il corretto livello di destrezza in accordo alla
norma UNI EN 420:2010;
-
colore: se l’inquinante ha un colore
particolare, il guanto di un adatto colore di contrasto lo mette immediatamente
in evidenza;
-
protezione termica richiesta: nel
caso si debbano maneggiare contenitori a temperature molto diverse da quella
ambiente”.
Nel
documento sono presenti tabelle con indicazioni generali per la scelta e l’utilizzazione
dei guanti.
Concludiamo
riportando alcune informazioni sulla
dotazione
per il personale che opera con prodotti chimici all’interno dei laboratori di
analisi (il documento dell’Ispra è dedicato in particolare alla tutela
della salute e della sicurezza degli operatori delle Agenzie di Protezione
Ambientale).
La
dotazione deve prevedere di norma:
-
“ occhiali
di sicurezza per sostanze chimiche a stanghetta e a mascherina;
-
guanti compatibili con le sostanze manipolate e con le attività svolte: per
protezione da agenti chimici (anche monouso); per alte temperature; per liquidi
criogenici;
-
camici con maniche lunghe e chiusure ai polsi (mediante elastici, velcro ecc)”.
Inoltre
attività specifiche o sostanze
particolarmente pericolose “possono richiedere ulteriori o diversi DPI
maggiormente protettivi anche quando le operazioni siano svolte all’interno
delle opportune cappe di protezione”. Ad esempio visiera protettiva e dispositivi
di protezione delle vie respiratorie.
Esistono
poi attività che “possono esporre ad un
elevato
rischio per la sicurezza gli operatori addetti (per esempio la
manipolazione o il travaso di azoto liquido, la movimentazione di elevate
quantità di sostanza quali i rifiuti prodotti dalle attività di laboratorio)
per cui si individuano DPI specifici quali: guanti per protezione da liquidi
criogenici; grembiule per liquidi criogenici; stivali antiacido; grembiule
antiacido”.
Infine
un’altra categoria di DPI previsti all’interno dei laboratori è relativa alla
gestione delle situazioni di emergenza
chimica (spandimenti, fuoriuscite ecc): “tute protettive specifiche; maschere a pieno facciale; stivali”.
“ Linee
Guida per la Valutazione del Rischio da esposizione ad agenti chimici
pericolosi e ad agenti cancerogeni e mutageni”, versione 2011, documento
elaborato dal Centro Interagenziale “Igiene e Sicurezza del Lavoro” di ISPRA,
con la collaborazione dell’Università Politecnica delle Marche, la Environment
Agency (England), la Scottish Environmental Protection Agency (SEPA), le Arpa
Basilicata, Emilia Romagna, Liguria, Piemonte, Campania, Marche e Sicilia (formato compresso ZIP, 3.9 MB).
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