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"Percezione del rischio e sicurezza sul lavoro"
fonte www.puntosicuro.it / Sicurezza sul lavoro
12/09/2012 -
I
processi di percezione e di valutazione della realtà orientano e sostengono le
decisioni del singolo e della collettività. Ciò che cade sotto la nostra
osservazione sono dati che non hanno un significato univoco, ma richiedono un
lavoro mentale di contestualizzazione e di attribuzione di senso che va poi ad
orientare la presa di decisione e quindi l’intervento nella realtà.
Il
processo percettivo si compone di cinque fasi che sono:
-
Attenzione: i dati sono filtrati e selezionati, non sempre a livello
consapevole, al fine di stabilire gli elementi che saranno accolti per il successivo
trattamento. L’intensità, la frequenza, il contrasto, la novità ed anche i
bisogni, le credenze, gli interessi, le aspettative del soggetto influenzano l’attenzione;
-
Organizzazione: le informazioni raccolte vengono accorpate e ricondotte a
concetti astratti di più elevato livello, vengono organizzate in categorie e
schemi ossia strutture cognitive;
-
Interpretazione: il soggetto che percepisce, attribuisce significato all’informazione
raccolta individuandone cause, fondamenti e le possibili implicazioni. Questo comporta
una costante ridefinizione e riequilibrio del proprio patrimonio cognitivo;
-
Richiamo: molte delle informazioni selezionate, organizzate ed interpretate non
vengono usate immediatamente, ma conservate nella memoria per poter essere
richiamate avendo nuclei informativi ed esperienziali circa gli eventi passati;
-
Giudizio: il trattamento delle informazioni si traduce nella specifica
valutazione di un oggetto, di un evento, di una persona, di una situazione. Sarà
tale valutazione ad influenzare le successive percezioni del soggetto, le sue
decisioni, i suoi comportamenti.
La percezione del rischio è personale: decidiamo di
affrontare o evitare la situazione di rischio in modo soggettivo. Ogni nostra
attività quotidiana è basata sulla percezione che noi abbiamo del rischio ed è
il frutto di una sua conscia (o inconscia) valutazione. Il processo percettivo
del rischio è poi fortemente influenzato dalle emozioni generate nel momento in
cui scopriamo ed impariamo un nuovo pericolo e quale possibile danno può
arrecarci.
La percezione individuale del rischio:
•
è influenzata da abitudini ed esperienze pregresse:
l’individuo tende a sottovalutare i rischi connessi alle abitudini di lavoro
(es. il mancato utilizzo di DPI), i rischi che si presentano quotidianamente
(es. allestimento di un ponteggio)
e quelli a bassa probabilità (es. crollo del ponteggio);
•
si basa sull’esperienza personale o di altri;
•
varia in rapporto all’accettabilità collettiva del
rischio, che si modifica nel tempo, nei luoghi, nei gruppi di lavoro, nelle
culture ed in rapporto ai valori personali e culturali, all’età, al sesso.
Tale percezione dipende da:
- la
conoscenza dei pericoli, quindi
la
sensazione di immunità
da parte di coloro che hanno
familiarità con una determinata situazione, ad es. i tecnici di un impianto;
-
l’immediatezza del danno;
-
la libertà nell’assunzione del rischio;
-
la concentrazione del danno nel tempo;
-
la dannosità dei pericoli presenti e la loro
frequenza;
-
l’esposizione personale;
-
la valutazione soggettiva costi/benefici: se un certo comportamento arreca un altro beneficio, allora il
rischio ad esso connesso sarà percepito in misura minore. Es: un operaio in una
piccola azienda lavora su di una pressa
con le protezioni disinserite: probabilmente percepisce il pericolo derivante
dall’operazione molto inferiore rispetto al vantaggio che trae dal velocizzare
il lavoro.
La propensione al rischio:
- decresce se gli eventi sono ritenuti
incontrollabili dal soggetto e dipendenti da forze,
avvenimenti esterni;
- cresce se gli eventi sono ritenuti
controllabili dal soggetto e anche se dipendenti da forze
esterne. Es: coloro che ritengono di poter controllare i
fattori che possono portare ad un disastro, come gli automobilisti che pensano
di essere particolarmente abili nel guidare l’auto.
Il Rischio è percepito negativo quando non è legato
ad un obiettivo importante, non promette vantaggi immediati, richiama
evidentemente una perdita.
Il Rischio è percepito positivo quando è associato
ad una motivazione rilevante, promette vantaggi immediati, gli svantaggi non
sono immediatamente evidenti.
Vi sono dei criteri di
orientamento, ossia delle strategie mentali che utilizziamo per “muoverci” in
un ambiente incerto:
•
familiare/nuovo
(si è osservata una tendenza alla sottovalutazione
del rischio quando esso è familiare)
•
naturale/artificiale (imputabile all’uomo)
(si è osservata una tendenza alla naturalizzazione
del rischio)
•
volontario/involontario (imposto da altri)
(si è osservata una tendenza all’immunità dal
rischio quando volontario)
•
noto/occulto
(il rischio che non è stato reso noto, una volta
trapelato si trasforma fatalmente in rischio occultato, poi percepito come fortemente
pericoloso e quindi fortemente ansiogeno )
Da sottolineare anche che è stata rilevata una
significativa corrispondenza fra la presenza di un pericolo/rischio nei media ed
il grado di attenzione delle persone.
La teoria psicologica della percezione ha
arricchito il quadro di analisi: insieme al concetto di
rischio, inteso
come calcolo probabilistico (la probabilità che il danno si verifichi),
troviamo il concetto di
pericolo (ciò che ha il potenziale di causare il
danno), in particolare in termini di variabili che ne influenzano la percezione
e quello di
incertezza, quello di
sicurezza, quello di
beneficioe quello di
esposizione.
Alcune variabili di tipo individuale come gli
atteggiamenti
verso la sicurezza, e di tipo sociale come il
supporto dei colleghi,
possono influenzare la probabilità che si verifichino eventi infortunistici.
Gli studi socio-antropologici hanno evidenziato che
la percezione del rischio è fortemente influenzata dagli orientamenti culturali
prevalenti ed anche dai processi sociali che si realizzano intorno alla
definizione e valutazione del danno, ossia da tutta la dinamica delle immagini
e delle idee, sostenute da diversi attori sociali che si confrontano
comunicando. La teoria socio-culturale ha introdotto i concetti di
contesto,
ambiente e costruzione sociale del rischio al fine di analizzare le diverse
situazioni in termini di comparazione fra specificità locali e combinazioni di
processi.
Un intervento efficiente
ed efficace sul rischio deve far leva sulla percezione soggettiva del rischio ossia
implica informare:
v
sulle probabilità di
rischio connesse ad eventi ad es. dei quali non si ha esperienza o per i quali
non è stato valutato il potenziale di rischio
–
vicinanza: Quante volte
si è verificato un incidente di quel tipo in questo specifico ambiente di
lavoro?
–
potenziale catastrofico:
Che danno provoca un incidente di quel tipo?
–
numerosità: Quante volte
si è verificato un incidente/infortunio di quel tipo?
. sul riconoscimento degli indizi che
suggeriscono la presenza di rischio
.
su come risolvere un
evento che si rivela rischioso
Occorre un’analisi
approfondita dell’impatto che le nuove azioni avranno nel contesto dell’attività
normalmente svolta dall’individuo: in alcuni casi sarà necessario informare
sulle nuove pratiche, in altri fornire
spinte motivazionali e invece a volte ridisegnare completamente il
comportamento.
Il Decreto Legislativo n. 81/2008 “Testo Unico in materia di sicurezza e salute nei
luoghi di lavoro” propone un sistema di gestione (preventivo e
permanente) della sicurezza e della salute in ambito lavorativo definendo in modo chiaro le responsabilità e le figure in ambito
aziendale per quanto concerne la sicurezza e la salute dei lavoratori, e prevede l’
uniformità
della tutela dei lavoratori e delle lavoratrici sul territorio nazionale
attraverso il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i
diritti civili e sociali, anche riguardo alle
differenze di genere
, età ed alla
condizione delle lavoratrici e dei lavoratori immigrati
. La valutazione dei rischi, “anche nella scelta delle
attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei preparati chimici impiegati,
nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro, deve riguardare tutti i rischi
per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti
gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli
collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell’accordo
europeo dell’8 ottobre 2004, e quelli riguardanti le lavoratrici in stato di gravidanza, secondo quanto previsto dal decreto legislativo 26 marzo
2001, n. 151, nonché quelli connessi alle differenze di genere, all’età, alla provenienza da altri Paesi e quelli connessi
alla specifica tipologia contrattuale attraverso cui viene resa la prestazione
di lavoro”.
DIFFERENZE LEGATE AL TIPO DI LAVORO, CONOSCENZE,
ESPERIENZA, CONTRATTO DI LAVORO
La percezione del rischio è direttamente
influenzata dal tipo di lavoro svolto, dalle conoscenze possedute e
dall’esperienza professionale maturata nella mansione specifica. In particolare
è emerso che i lavoratori, le cui mansioni prevedono una bassa discrezionalità
decisionale, sarebbero più inclini agli infortuni in quanto investiti da minori
responsabilità in merito al conseguimento dei risultati, rispetto ai lavoratori
con mansioni di livello superiore, con maggiori conoscenze e maggior esperienza
lavorativa.
Secondo l'indagine condotta
nel 2008 da Ires CGIL e Inail nel comparto sanitario “i lavoratori
atipici, non strutturati percepiscono come molto bassi i fattori di rischio
tangibili, come ad esempio quelli meccanici, mentre si sentono più esposti al
pericolo di contrarre malattie di origine psicosociale. I lavoratori a tempo
indeterminato sono invece quelli che in assoluto si sentono più esposti a tutte
le tipologie di rischio, quindi più il lavoratore ha un contratto
standardizzato più è facile che abbia la percezione del rischio e mantenga alto
il suo livello di attenzione”.
Relativamente agli immigrati,
un’indagine condotta dalla ASL di Brescia in aziende dei settori metallurgico, metalmeccanico e materie
plastiche ha rivelato che essi di solito
lavorano nei reparti a maggior rischio, nelle postazioni di lavoro più dequalificate
per le quali non viene erogata formazione e sono maggiormente disponibili a orari
prolungati, a straordinari, al lavoro su turni, notturno, festivo. Essi
accettano condizioni di lavoro che gli italiani rifiutano sia perché il lavoro
è necessario per il permesso di soggiorno, sia perché consente di mantenere le
famiglie di origine ed i figli a scuola, sia perché devono contrattare con
l’azienda la possibilità di cumulare le ferie per poter tornare nel paese
d’origine. Inoltre molti immigrati, dipendenti da imprese esterne di pulizia,
manutenzione impianti, trasporti, lavorano in azienda ma non sono a conoscenza dell’intero
ciclo produttivo, del funzionamento degli impianti e non ricevono formazione come
accade invece per i dipendenti in organico, i quali a loro volta non
trasmettono loro le conoscenze. E’ come se fossero tagliati fuori, ancora più
finché non imparano l’italiano, da molte informazioni e relazioni.
DIFFERENZE CULTURALI
L’assunzione di un comportamento di sicurezza è
determinato anche dai valori personali e culturali.
Ognuno di noi nel processo di socializzazione
apprende vedendo le altre persone nel proprio ambiente di vita (famiglia,
amici, gruppo di lavoro): impara per imitazione. Ognuno di noi crede di più a
quello che vede fare ed ha dei propri valori personali che, in parte, sono gli
stessi della propria cultura di riferimento, con differenze ad es. tra la
cultura italiana, europea od occidentale rispetto a culture come quelle di
persone che vengono dall’Africa o dall’Asia e che con noi condividono solo in
parte certi valori o una certa sensibilità.
I diversi comportamenti ed atteggiamenti culturali e
quindi la diversa percezione dell’immigrato, influenzata dai valori
socio-culturali di origine, nel valutare il pericolo influiscono sulla
differente soglia di accettabilità del rischio e sul concetto di benessere
psicofisico. Il riadattamento di un individuo ad una nuova cultura può avere
una ricaduta proprio sulle modalità di percezione dei rischi per la sua salute
e in alcune culture, quando i vantaggi che ne conseguono sono comunque
piacevoli e gratificanti, la soglia di tollerabilità del rischio è più alta
rispetto alla nostra cultura. La disparità tra la percezione soggettiva ed il
rischio oggettivo può essere ridotta attraverso un intervento di educazione
alla salute articolato su tre livelli: prevenzione, contenimento del disagio,
promozione delle situazioni di benessere.
Inoltre per riuscire a comunicare efficacemente la
sicurezza e per far sì che le persone, anche di culture differenti,
percepiscano davvero i rischi che hanno di fronte, una tecnica che si può
utilizzare è l’individuazione dell’opinion leader, cioè colui che fa circolare
l’informazione, che viene ascoltato dagli altri, che è un punto di riferimento
all’interno dei gruppi, che può coinvolgere gli altri componenti del gruppo.
Coinvolgendo l’opinion leader, si coinvolgono a cascata anche gli altri. Ed ovviamente
ci si può avvalere del supporto dei mediatori interculturali.
“...il primo corso sulla
sicurezza l’ho fatto solo l’anno scorso, quando sono entrato non c’era
niente... mi hanno dato un opuscolo, solo in italiano, e poi mi hanno fatto
firmare che avevo avuto l’informazione sui rischi... per noi stranieri è
un problema... io quando leggo e non capisco non chiedo agli altri, nessuno di
noi chiede agli altri... all’inizio capivo solo i disegni, per fortuna c’era un
vecchio operaio che mi ha aiutato... negli altri paesi quello che serve per la
sicurezza lo scrivono nelle diverse lingue, anche quattro o cinque, magari in
inglese, tanti di noi lo capiscono perché l’hanno studiato a scuola… non si può
fare così, è troppo pericoloso. Quando è stato assunto un altro pakistano,
l’hanno portato da me e mi hanno detto di spiegargli il lavoro... ma anche i
corsi per la sicurezza dovrebbero farne di speciali per noi immigrati perché
gli italiani capiscono mentre noi diciamo subito che abbiamo capito anche se
non è vero... o se no farci prima imparare l’italiano”.
Le
parole di questo lavoratore pakistano testimoniano come le differenze culturali
impattano sull’efficacia della formazione alla sicurezza, quando erogata: certi
lavoratori immigrati hanno difficoltà ad esporsi, a porre delle domande in
pubblico, in prima persona, hanno paura di essere giudicati dagli altri come
non adeguati al lavoro. Per ovviare a tali comportamenti improduttivi in
termini di formazione, si può chiedere ai partecipanti al corso di scrivere in
modo anonimo su un foglio che si fa girare in aula, le domande che vogliono
porre.
Caratteristica dei lavoratori
immigrati, anche di quelli che non hanno mai lavorato in fabbrica e che
provengono da paesi poveri di sviluppo industriale è la grande attenzione,
almeno all’inizio, al rispetto delle regole, quindi quando hanno compreso ciò
che debbono fare in termini di sicurezza sul lavoro, rispettano le direttive
ricevute. Per molti immigrati le capacità di disciplina e di autocontrollo
vengono incentivate nello sviluppo e quindi nell’acquisizione durante i
percorsi scolastici, universitari e professionali. E’ più tardi che, dal contatto con i
lavoratori italiani, in particolare quelli più giovani, tendono ad assumere
comportamenti a rischio, non rispettando più le norme di sicurezza.
Di norma i lavoratori immigrati
evidenziano carenze nella conoscenza del sistema di tutela nei luoghi di
lavoro, nella comprensione della formazione ricevuta in materia di sicurezza,
nell’atteggiamento culturale relativamente alle azioni da avviare per ridurre
gli infortuni nel luogo di lavoro.
DIFFERENZE LEGATE AL SESSO
Esistono caratteristiche del mondo fisico, chimico
e biologico che possono dar luogo a danni diversi se le persone esposte sono di
sesso diverso.
In questo posto di lavoro o in questa attività
lavorativa, le caratteristiche fisiche, chimiche e biologiche sono tali da
assumere la caratteristica del pericolo in modo diverso se le persone sono di
sesso diverso? Queste eventuali differenze riguardano la probabilità o
l’intensità del danno? Queste differenze possono riguardare anche le misure di
prevenzione, ad es. la forma e le dimensioni dei DPI?
Studi hanno fornito risposte a queste domande
identificando, ad es. i rischi per le funzioni riproduttive e le implicazioni
per la prole (in gestazione o durante l’allattamento) derivanti dalle diverse
esposizioni di maschi e femmine ad agenti chimici,
fisici e biologici.
Non solo differenze biologiche, chimiche, fisiche
ma anche culturali e sociali (educazione ricevuta, ruolo nella società,
aspettative sociali, comunicazione, ecc.). Le donne, rispetto agli uomini, sembrano
avere maggiore sensibilità nella percezione del rischio e nella gestione della
prevenzione. Seguendo schemi di altruismo e abnegazione materna, le donne
possono perdere molta della loro determinazione nel perseguire il proprio
benessere qualora venga loro proposto un benessere collettivo, prioritario sul
loro, di cui siano investite di qualche responsabilità. L'indagine dell'Ires CGIL e Inail (2008) nel
comparto sanità, ha riscontrato una maggiore presenza di malattie di origine
lavorativa tra le donne: la disuguaglianza nel mercato del lavoro le vede
sempre più in difficoltà rispetto ai colleghi uomini nel raggiungere posizioni
qualificate.
Inoltre va sottolineato come uno
dei fattori di rischio psico-sociale che maggiormente colpisce le donne, trascurato
dalle ricerche e dagli interventi di prevenzione, è lo
stress lavoro-correlato che esse subiscono più degli uomini a
causa del doppio carico di lavoro,
familiare
ed extra-familiare. Qui
merita citare l’indicazione da parte dell’Inail a porre attenzione,
nell’analisi del fenomeno stress che il Testo Unico impone, alla realtà
esterna, ossia alla condivisione dei ruoli di cura familiari, alla presenza di
strutture di accoglienza per l’infanzia e di strutture e servizi per anziani e
persone non autosufficienti. Affinché vi sia equilibrio tra vita privata e vita
professionale, è necessaria una moderna organizzazione del lavoro capace di far
coesistere attività professionali di qualità con le responsabilità di uomini e
donne nel lavoro di cura.
DIFFERENZE IN RAPPORTO ALL’ETA’
E’ stata riscontrata una maggiore incidenza di
infortuni in ambito industriale, nei lavoratori più giovani, ma infortuni meno
gravi rispetto a quelli occorsi ai più anziani, spiegati non in relazione alla
disattenzione e all’impulsività dei giovani, quanto alla scarsa competenza che
li contraddistingue. Voglio poi fare un cenno all’inquinamento acustico. La
scarsa comprensione dei danni alla salute che l’ esposizione a rumore può
comportare è forse determinata, almeno per le lesioni a lungo termine, dall’impossibilità
di verificare nel quotidiano il danno e soprattutto dall’inesistenza del
problema nel patrimonio culturale e sociale. La fascia maggiormente esposta è
quella giovanile, anche in considerazione delle attività extralavorative svolte
(es. ascoltare
musica ad alto volume). Pongono quindi maggiori resistenze psicologiche
alla presa di coscienza del problema, perché ciò comporta modifiche nello stile
di vita non solo lavorativo.
Al
fine di incrementare i comportamenti “sicuri” nei luoghi di lavoro è
indispensabile intervenire sugli atteggiamenti dei lavoratori, promuovendone la
condivisione di principi che costituiscono una cultura della sicurezza, intesa
come l’insieme delle percezioni che i lavoratori manifestano rispetto al grado
di impegno che la loro organizzazione rivolge ai problemi del lavoro.
La
formazione in materia di sicurezza gioca un ruolo importante nel determinare
una “corretta” percezione dei rischi occupazionali, in quanto ne aumenta la
percezione di controllo. Recentemente è stato dimostrato come i lavoratori che
hanno ricevuto un’adeguata formazione circa le procedure
di sicurezza, percepiscano più correttamente la pericolosità dei rischi ai
quali sono esposti, rispetto ai colleghi non sottoposti ad alcun training
formativo.
Un
buon clima di sicurezza, predittivo di un basso numero di infortuni, e quindi
una leadership che guida la costruzione ed il mantenimento della cultura della
sicurezza, influenzano in senso positivo l’adesione dei lavoratori alle
procedure di sicurezza aziendali e l’assunzione di comportamenti sicuri rispetto
ai rischi occupazionali.
Considerando il numero elevato di variabili
presenti in un evento infortunistico, studi hanno concluso che le principali
ipotesi esplicative sono riconducibili alla percezione del rischio, agli
aspetti di assuefazione alle situazioni di pericolo, ai fenomeni di
automatizzazione, che possono avere come effetto l’assunzione di comportamenti
a rischio.
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