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"Come classificare la silice cristallina secondo i criteri CLP"
fonte www.puntosicuro.it / Sicurezza
14/09/2012 - Ad oggi non abbiamo “elementi di conoscenza scientifica sufficienti
per poter classificare la
silice
cristallina come cancerogena per l’uomo”. È quanto afferma una
comunicazione presentata al 74° Congresso Nazionale SIMLII “
2011 - Dall’Unità d’Italia al Villaggio Globale. La Medicina del Lavoro
di fronte alla globalizzazione delle conoscenze, delle regole, del mercato”
(Torino, 16-19 novembre 2011), pubblicata sul supplemento al numero di
luglio/settembre 2011 del Giornale
Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia.
In
“
Il problema della classificazione ed
etichettatura della silice cristallina alla luce del REACH e del regolamento
CLP”, a cura di M. Coggiola, A. Baracco, F. Perrelli, D. Sorasio (SCDU di Medicina del Lavoro AO CTO - Maria
Adelaide Torino), si ricorda che la silice
cristallina se non ha subito processi di modificazione chimica non deve
essere registrata all’interno del
regolamento
REACH. Infatti il sistema di registrazione, valutazione,
autorizzazione e restrizione delle sostanze chimiche (REACH) “afferma che i
minerali così come si ritrovano in natura, se non modificati artificialmente sul
piano della struttura chimica, sono esonerati dalla richiesta di registrazione
ed autorizzazione all’immissione sul mercato”.
Tuttavia
dal primo Dicembre 2010 i produttori ed i fornitori “devono classificare,
etichettare ed imballare le sostanze pericolose in accordo con i nuovi criteri di
classificazione, etichettatura ed imballaggio previsti dal
regolamento CLP (EC 1272/2008) che
sostituirà in via definitiva l’attuale Direttiva sulle Sostanze Pericolose dal
2015” e la classificazione scelta e la sua “giustificazione scientifica” devono
essere notificate alla commissione ECHA (European Chemicals Agency). E dunque produttori e
fornitori devono “condurre un’analisi sui pericoli per la salute attribuibili
alla silice cristallina, in particolare alla sua frazione respirabile, per
determinare quale è la più corretta ed appropriata classificazione nel rispetto
dei criteri CLP”.
Interessante
è il contenuto delle
tabelle -
presentate nella comunicazione che vi invitiamo a visionare - che riportano le
classificazioni che i diversi produttori e
fornitori hanno attribuito alla silice cristallina. La maggioranza dei
produttori e fornitori “ha classificato la silice cristallina nella sua
frazione respirabile come tossica/pericolosa per inalazione a seguito di
esposizioni ripetute a fronte di 32 notificatori (12%) che hanno considerato la
silice (compresa la cristobalite) come cancerogena o potenzialmente
cancerogena per l’uomo”.
Dopo
aver riportato i
criteri di
classificazione del regolamento CLP (tre categorie: 1 A, 2 A e 3 A), gli
autori ricordano che
per i composti non
genotossici l’analisi della potenza dovrebbe prendere in considerazione ogni
precedente effetto tossico primario che precede l’azione carcinogenetica.
Quando l’effetto tossico avviene a dosi inferiori a quelle che causano la
carcinogenesi potrebbe non essere necessario classificare la sostanza come
carcinogena poiché la classificazione della tossicità primaria dovrebbe
assicurare una adeguata protezione anche nei confronti dell’effetto cancerogeno
[1].
Sono
dunque riportati anche i
criteri per la
classificazione STOT-RE (Specific Target Organ Toxicity - Repeated
Exposure):
-
Categoria
1: sostanze che causano un effetto tossico significativo nell’uomo o che,
sulla base dell’evidenza degli studi su animali, possono essere considerate in
grado di causare un effetto tossico sull’uomo a seguito di esposizioni
ripetute. Le sostanze sono classificate in categoria 1 sulla base di: evidenza
attendibile e di buona qualità derivante da “human cases” o da dati
epidemiologici; osservazioni ottenute da studi sperimentali appropriati che
hanno evidenziato effetti tossici significativi o severi di rilievo per la
salute umana, generalmente osservati a basse concentrazioni di esposizione;
-
Categoria 2: sostanze che sulla base
dell’evidenza degli studi su animali, possono essere considerati pericolose per
la salute umana a seguito di esposizioni ripetute. Le sostanze sono
classificate in categoria 2 sulla base osservazioni ottenute da studi
sperimentali appropriati che hanno evidenziato effetti tossici di rilievo per
la salute umana, generalmente osservati a moderate concentrazioni di
esposizione.
Tornando
alla silice cristallina gli autori mettono in rilievo come i dati
epidemiologici e sperimentali evidenziano “come tutti gli effetti sulla salute
(comprese la BPCO e le ipotizzate ma non confermate malattie autoimmunitarie)
potenzialmente attribuibili ad essa sono conseguenza di un’
esposizione ripetuta per inalazione della sua forma respirabile” [2]
e pertanto “la sostanza che deve essere oggetto di analisi per il percorso di
classificazione è la silice
cristallina respirabile (
RCS)”.
La
comunicazione sottolinea che se è ormai da tempo “consolidata la relazione
dose-risposta tra esposizione a silice cristallina e silicosi”, sulla
cancerogenicità della silice cristallina
“il dibattito scientifico è, invece, tuttora aperto e le risposte fornite
controverse”.
In
particolare esiste “univocità di valutazione sul fatto che l’organo bersaglio
sia rappresentato dal polmone, ma discordanza se la silice sia da considerare
di per sé cancerogena o solo in quanto agente causale della silicosi che
rappresenta la condizione necessaria allo sviluppo della neoplasia
polmonare”.
Rimandando
i lettori ai dati riportati nella comunicazione, possiamo sintetizzare che
secondo gli autori “l’analisi dell’evidenza scientifica sul rapporto tra silice
e cancro porta alle seguenti
considerazioni:
-
“è documentato l’eccesso di rischio di tumore del polmone
nei silicotici, mentre la relazione silice e cancro polmonare in assenza di
silicosi è ancora non chiara e meritevole di ulteriori indagini;
-
l’eccesso di rischio è documentato per alti livelli di esposizione,
verosimilmente superiori a quelli in grado di causare silicosi;
-
il meccanismo d’azione attribuibile alla silice è indiretto, non di tipo
genotossico ma legato alla sua azione infiammatoria e molto simile al processo
di fibrogenesi”.
A
questo proposito nella comunicazione si cita quanto affermato dallo “Scientific
Committee Occupational Exposure Level“ (SCOEL) della Comunità Europea nel 2002
riguardo al rapporto tra silicosi e silice cristallina nella sua frazione
respirabile.
Dunque
sulla base dei dati di letteratura gli autori affermano che:
-
“il principale effetto dell’esposizione a silice è la silicosi;
-
la silicosi è dose/dipendente;
-
l’eccesso di tumori del polmone è documentato nei soggetti silicotici ed in
presenza di elevati livelli di esposizione mentre il ruolo della silice di per
sé è ancora da definire;
-
il meccanismo di azione ipotizzato per l’azione cancerogena della RCS non è
legato alla genotossicità, è di tipo indiretto via infiammazione ed appare
simile a quello della silicosi”.
In
questo senso la prevenzione
della silicosi “riduce anche il rischio di tumore del polmone”.
In
conclusione analizzando i criteri di
definizione delle sostanze cancerogene previsto dal regolamento CLP e valutando
quanto esplicitato da McGregor et al. (2010), gli autori indicano che “non vi
siano oggi elementi di conoscenza scientifica sufficienti per classificare la
RCS come cancerogena per l’uomo e che appaia più appropriato procedere a
considerare la silice cristallina nella sua
frazione respirabile come:
-
STOT RE categoria 1 (corrispondente
alla precedente definizione di Tossico per inalazione) per inalazione se
presente in concentrazione uguale o superiore al 10%;
-
STOT RE categoria 2 (corrispondente
alla precedente definizione di Nocivo per inalazione) se presente in
concentrazione compresa tra 1 e 10%;
-
Non classificabile come pericolosa per
l’uomo se presente in percentuale inferiore al 1%”.
“Il
problema della classificazione ed etichettatura della silice cristallina alla
luce del REACH e del regolamento CLP”, a cura di M. Coggiola, A. Baracco,
F. Perrelli, D. Sorasio (SCDU di
Medicina del Lavoro AO CTO - Maria Adelaide Torino), comunicazione pubblicata
in Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia, Volume XXXIII n°3, -
supplemento al n.3 - luglio/settembre 2011 (formato PDF, 67 kB).
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