"Autorizzazione in sanatoria possibile se i lavori non determinano aumento di superfici o volumi "
fonte www.lavoripubblici.it / Edilizia
Lo ha affermato la sentenza n. 5066 con la quale il 24 settembre 2012 la Sezione Sesta del Consiglio di Stato ha rigettato il ricorso presentato per la riforma di una precedente sentenza del TAR concernente il rilascio di un permesso di costruire ed il diniego di riconoscimento di compatibilità paesaggistica.
I fatti
Il ricorrente aveva ricevuto dall'amministrazione comunale il permesso di costruire per la realizzazione dei lavori di ristrutturazione ed ampliamento della sua abitazione. I lavori erano, però, stati ultimati in maniera difforme dal titolo autorizzatorio rilasciato, con una serie di differenziazioni tra le opere effettuate ed il contenuto del permesso di costruire. Per tale motivo il ricorrente aveva presentato una richiesta di permesso di costruire a sanatoria, per la regolarizzazione delle opere completate in difformità dal permesso di costruire. Tale nuova richiesta veniva inviata dal responsabile del Comune alla competente Soprintendenza e successivamente veniva espresso parere negativo "in quanto i lavori realizzati, in assenza di autorizzazione paesaggistica o in difformità da essa, ai sensi dell'art. 167, comma 4, lettera a), hanno determinato creazione di superfici utili o volumi in aumento rispetto a quelli legittimamente realizzati".
La nota della Soprintendenza, con la quale veniva espresso il parere negativo sulla compatibilità paesistica degli interventi realizzati in difformità dal permesso di costruire, veniva impugnata per:
- violazione dell'art. 3, legge n. 241 del 1990, eccesso di potere per inadeguatezza della motivazione, difetto istruttorio, illogicità, contraddittorietà, violazione dell'art. 97, Cost., e violazione del codice dei beni culturali;
- ulteriore violazione delle norme del codice dei beni culturali e del paesaggio, eccesso di potere per violazione del principio di leale cooperazione tra istituzioni, irragionevolezza e travisamento dei presupposti di fatto e diritto;
- eccesso di potere per travisamento dei fatti, erroneità dei presupposti, carenza di attività istruttoria, difetto di motivazione, irragionevolezza e violazione del principio di proporzionalità ed efficienza dell'attività amministrativa;
- violazione degli artt. 7 e 10-bis, legge n. 241/1990;
- violazione dell'art. 146, commi 7 e 8, d.lgs. n. 42/2004, eccesso di potere, incompetenza e violazione del principio di leale collaborazione tra le istituzioni.
Il TAR, supportato dalla seguente sentenza del Consiglio di Stato che ne
ha ribadito i contenuti, ha osservato che l'autorizzazione
paesaggistica non può essere rilasciata in sanatoria successivamente
alla realizzazione, anche parziale, delle opere (art. 146, comma 4,
d.lgs. n. 42 del 2004), al di fuori dai casi tassativamente previsti
dall'art. 167, commi 4 e 5. Questo in quanto viene escluso priori che
l'esame di compatibilità paesistica possa essere postergato
all'intervento realizzato (
sine titulo o in difformità dal titolo rilasciato).
L'art. 167 del D.Lgs. n. 42/2004 ha inteso precludere in radice ogni
valutazione di compatibilità ex post delle opere abusive (tranne quelle
tassativamente indicate nello stesso art. 167). Se le opere risultino
diverse da quelle sanabili ed indicate nell'art. 167, le competenti
autorità non possono che emanare un atto dal contenuto vincolato e cioè
esprimersi nel senso della reiezione dell'istanza di sanatoria. L'unica
eccezione a tale rigida prescrizione riguarda il caso in cui i lavori,
pur se realizzati in assenza o difformità dell'autorizzazione
paesaggistica, non abbiano determinato creazione di superfici utili o
volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati.
Dunque, tenuto conto del testo e della ratio dell'art. 167, nella
prospettiva della tutela del paesaggio non è rilevante la
classificazione dei volumi edilizi che si suole fare al fine di
evidenziare la loro neutralità, sul piano del carico urbanistico, poiché
le qualificazioni giuridiche rilevanti sotto il profilo urbanistico ed
edilizio non hanno rilievo, quando si tratti di qualificare le opere
sotto il profilo paesaggistico, sia quando si tratti della percezione
visiva di volumi, a prescindere dalla loro destinazione d'uso, sia
quando comunque si tratti di modificare un terreno o un edificio o il
relativo sottosuolo.
Vale la pena ricordare la ratio che ha portato alla sentenza.
Come previsto dal comma 4, art. 167 del D.Lgs. n. 42/2004, l'autorità
amministrativa competente accerta la compatibilità paesaggistica nei
seguenti casi:
- per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati;
- per l'impiego di materiali in difformità dall'autorizzazione paesaggistica;
- per i lavori comunque configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380.
Come previsto, invece, dal successivo comma 5, il proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo dell'immobile o dell'area interessati dagli interventi di cui al precedente comma 4 presenta apposita domanda all'autorità preposta alla gestione del vincolo ai fini dell'accertamento della compatibilità paesaggistica degli interventi medesimi. L'autorità competente si pronuncia sulla domanda entro il termine perentorio di centottanta giorni, previo parere vincolante della soprintendenza da rendersi entro il termine perentorio di novanta giorni. Qualora venga accertata la compatibilità paesaggistica, il trasgressore è tenuto al pagamento di una somma equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione. L'importo della sanzione pecuniaria è determinato previa perizia di stima. In caso di rigetto della domanda si applica la sanzione demolitoria.
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