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"Responsabilità del committente in caso di mancata nomina del coordinatore"
fonte www.puntosicuro.it / Normativa
22/10/2012 -
Commento a cura di G. Porreca.
Il committente risponde dell’infortunio occorso al lavoratore di
una ditta appaltatrice se risulta che la mancata presenza di un coordinatore
per la sicurezza che lo stesso committente era tenuto a nominare ha avuto
una chiara efficienza causale nella determinazione dell’evento infortunistico.
E’ quanto emerge da questa sentenza della Corte di Cassazione penale nella
quale la suprema Corte ha anche ribadito quanto già stabilito dalle
disposizioni di legge in materia di salute e di sicurezza sul lavoro applicabili
ai cantieri temporanei o mobili e cioè che l’obbligo della nomina del
coordinatore per la sicurezza richiesto nel caso della presenza di più imprese,
si applica anche se le imprese non operino contemporaneamente nello stesso
cantiere edile.
Il
fatto e l’iter giudiziario
Il Tribunale ha ritenuto il legale rappresentante di una
società colpevole del delitto di omicidio colposo commesso, con violazione
delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, in pregiudizio di un
lavoratore che ha subito un infortunio mortale in un cantiere
edile e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche, lo ha condannato
alla pena, sospesa alle condizioni di legge, di mesi dieci di reclusione.
Secondo l'accusa, condivisa dal Tribunale, il legale
rappresentante, committente dei lavori di progettazione, fornitura e posa in
opera della copertura
di un capannone nonché di fornitura e posa in opera di un impianto
fotovoltaico da installare sulla stessa copertura, lavori affidati ad una ditta
appaltatrice, aveva cagionato per colpa generica e specifica, consistita quest'ultima
nella violazione dell’articolo 3, comma 3, lettera B del D. Lgs. n. 494 del
1996, (omessa designazione di un coordinatore per la progettazione), la morte di
un lavoratore dipendente di una ditta subappaltatrice alla quale la ditta
appaltatrice aveva affidato a sua volta parte dei lavori presi in appalto ed in
particolare quelli di ripristino del tetto del capannone.
Il giorno dell’infortunio era accaduto che il lavoratore
dipendente della ditta subappaltatrice, nel mentre era intento al proprio
lavoro che si svolgeva sulla copertura del suddetto capannone, nel transitare
su di una lastra ondulata di vetroresina di un lucernaio posto sul tetto di
pertinenza di un capannone confinante era precipitato al suolo da un'altezza di
dieci metri, a causa del cedimento della stessa lastra, riportando gravissime
lesioni che ne hanno successivamente determinata la morte.
Il Tribunale ha ritenuto che il committente dovesse esser
dichiarato responsabile della morte del lavoratore, avendo rilevato nella sua condotta
precisi profili di colpa specifica e generica individuati, nei termini
descritti nel capo d'imputazione, nella violazione dell'articolo 3, comma 3,
lettera B del richiamato D. Lgs. n. 494/1996. in relazione alla mancata nomina
di un coordinatore
per la progettazione, avendo il Tribunale stesso ritenuto applicabile al
caso di specie la predetta disposizione di legge in considerazione della
pluralità di imprese impegnate, pur non contemporaneamente, nel cantiere, i cui
lavori comportavano forti ed evidenti rischi per gli operatori svolgendosi gli
stessi a notevole altezza dal suolo. Secondo il Tribunale la mancata
designazione del coordinatore aveva avuta una chiara efficienza causale nella
determinazione dell'infortunio poiché aveva provocato gravi carenze sotto il
profilo della sicurezza. Ciò, da un lato, perché non erano state disciplinate
le modalità di accesso alla copertura da parte dei lavoratori e non era
intervenuta una pianificazione coordinata della prassi di sconfinare sul tetto
del capannone confinante e dall'altro perché non erano stati realizzati (in
mancanza del piano
operativo di sicurezza e della necessaria figura di riferimento) i presidi
di sicurezza collettivi (ponteggi) e individuali (cinture), indispensabili per
prevenire il rischio di cadute dall'alto. A giudizio del Tribunale, inoltre, se
vi fosse stata una preventiva pianificazione delle opere sotto la direzione di
un coordinatore per la progettazione, l'area interessata ai lavori sarebbe stata
confinata in modo adeguato e sarebbero state apprestate le misure di sicurezza
necessarie a fronteggiare il rischio di cadute nel vuoto degli operai. L'assenza
di protezioni anticaduta immediatamente percepibile avrebbe dovuto, altresì,
indurre il committente ad intervenire nei confronti dell'appaltatore per la
realizzazione di adeguate misure di sicurezza.
L’imputato ha fatto quindi ricorso alla Corte d'Appello la
quale, in parziale riforma della sentenza impugnata, ha ridotto a sei mesi di
reclusione la pena inflitta dal primo giudice.
Il ricorso
alla Corte di Cassazione
Avverso la sentenza della Corte di Appello il committente
ha proposto ricorso alla Corte di Cassazione adducendo delle motivazioni
incentrate su alcune considerazioni sostenendo: a) che lo stesso non era tenuto
a nominare il coordinatore perché non era consapevole del parziale
trasferimento dei lavori alla ditta subappaltatrice, la cui presenza non era
prevista nel contratto d'appalto, e dunque della esistenza di due imprese nel cantiere;
b) che, in ogni caso, mancava il requisito della contemporanea presenza nel
cantiere di due imprese diverse, posto che i lavori subappaltati, cioè gli
interventi di ripristino della copertura, erano eseguiti in maniera autonoma ed
in tempi diversi rispetto a quelli riguardanti l'installazione dell'impianto
fotovoltaico, che avrebbero avuto inizio solo in una fase successiva, cioè dopo
che fossero stati completati i lavori di ripristino del tetto; c) che,
contrariamente all’accusa di non aver effettuata una verifica della
idoneità tecnico-professionale della ditta appaltatrice e di non aver
fornito ai lavoratori i dispositivi personali di protezione, lo stesso aveva in
realtà appaltato i lavori ad un'impresa tecnicamente e professionalmente capace
di eseguire i lavori appaltati, non potendosi dire lo stesso della ditta
appaltatrice nei confronti della ditta subappaltatrice, rimasta estranea al
giudizio penale, ed inoltre che i lavori si svolgevano sul tetto del capannone,
non sulla facciata (per cui il ponteggio non era necessario) e che le cinture
di sicurezza erano a disposizione dei lavoratori.
Le decisioni
della Corte suprema
Il ricorso è stato ritenuto infondato dalla Corte di
Cassazione che ha confermata la condanna dell’imputato. La Sez. IV, concordemente
con la Corte territoriale, ha ritenuto infondata la tesi dell'imputato secondo la
quale l’obbligo della nomina da parte del committente sussista solo in caso di
presenza contemporanea delle imprese da coordinare imponendo invece le
disposizioni di legge espressamente che il coordinatore per la progettazione
sia nominato anche nei casi in cui le stesse imprese non siano presenti in
cantiere contemporaneamente. Oltre
tutto, ha sostenuto la Corte di Cassazione, era stato accertato che, quantomeno
per un certo periodo, il personale delle due aziende aveva effettivamente operato
in cantiere anche contestualmente.
“
L'omessa e doverosa
nomina, da parte del committente, del coordinatore per la progettazione”,
ha quindi sostenuto la suprema Corte, “
ha
avuto un preciso ruolo causale nella determinazione del mortale infortunio e
che del tutto pretestuose erano le proteste d'innocenza dell'imputato, fondate
su una presunta ignoranza della presenza in cantiere di una pluralità di
imprese”. La prolungata e quotidiana presenza in cantiere dell'imputato ed
i continui contatti dello stesso con le maestranze impegnate nei lavori non
lasciavano dubbi, infatti, in ordine alla consapevolezza dello stesso della
presenza in cantiere della ditta subappaltatrice, presenza che avrebbe dovuto
indurlo al rispetto degli obblighi in materia di sicurezza sul lavoro che il
legislatore ha posto a carico del committente stesso. I lavori tra l’altro, ha
così concluso la Corte suprema, si svolgevano a notevole altezza dal suolo senza
alcuna copertura del prevedibile rischio di caduta dall'alto ed in assenza delle
doverose misure di sicurezza, circostanza questa che ancor più ha evidenziata
la condotta colpevolmente omissiva dell'imputato, che ha consentito l'inizio e
la prosecuzione dei lavori malgrado l'evidente condizione di grave rischio in
cui operavano le maestranze.
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