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"Lavoratore autonomo o dipendente? Le novità in materia di sicurezza"
fonte www.puntosicuro.it / Normativa
15/11/2012 -
Autonomi o collaboratori a
progetto: le presunzioni di legge
È entrata in vigore il 18 luglio 2012 la Riforma del mercato del
lavoro, legge 28 giugno 2012, n.92 (G.U. 3 luglio 2012, n.153) che è
intervenuta su numerose tipologie del rapporto di lavoro.
Non vi è dubbio che il corretto inquadramento
giuslavoristico delle figure dei collaboratori professionali di un datore di
lavoro può determinare l’applicazione di obblighi in materia di sicurezza sul
lavoro del tutto diversi.
Infatti un conto è avere a che fare con lavoratori
autonomi, verso i quali non si applicano gli obblighi datoriali dei
lavoratori dipendenti ed equiparati, un conto è avere a che fare con
collaboratori a progetto o collaboratori coordinati e continuativi.
Quindi sapere quali siano le disposizioni che
possono essere oggetto di contestazione sul reale profilo di autonomia del
collaboratore appare decisivo.
Se si tratta di lavoratori autonomi che prestano
servizi o opere di cui all’art. 2222 c.c., per questi si applica l’art. 21 del
D.Lgs. n. 81/2008, ovvero sono loro che devono: a) utilizzare le attrezzature
di lavoro in modo conforme a quanto prevede il Titolo III del D.Lgs. n. 81/2008
(uso delle attrezzature di lavoro e D.P.I.); b) munirsi di dispositivi di
protezione individuale e utilizzarli in modo conforme. Sono gli autonomi poi che
possono in autonomia, con oneri a loro carico, beneficiare della sorveglianza sanitaria
o partecipare ai corsi di formazione incentrati sui rischi propri delle loro
attività.
Se al contrario si tratta di collaboratori a
progetto si deve applicare in modo compiuto l’art. 17 e 18 del D.Lgs. n. 81/2008.
Ma quando il profilo dell’autonomia è messo a
rischio, con l’evidente effetto di far ricadere sul committente il rischio di
vedersi contestare il mancato rispetto degli obblighi che si hanno verso i
lavoratori dipendenti ed i loro equiparati (contratti a progetto, soci
lavoratori, tirocinanti e stagisti ecc..)?
I commi 26 e 27 dell’art.1 legge 28 giugno
2012, n.92 si occupano delle partite Iva ma con una lettura
assai relativizzante. Il legislatore, ancora una volta, non ha dimostrato un
serio interesse di regolazione organica della fattispecie: del lavoro autonomo.
Tuttavia le norme intervengono sulle caratteristiche che deve avere la
“
persona titolare di diposizione fiscale ai fini
dell’imposta sul valore aggiunto”.
A questo
riguardo, le prestazioni di lavoro autonomo, svolte da titolare di partita Iva,
sono considerate dalla Riforma Fornero, rapporti di collaborazione coordinata e
continuativa quando ricorrono almeno 2 dei seguenti presupposti:
- durata della prestazione superiore a 8 mesi
nell’arco dell’anno solare;
- corrispettivo derivante da tale collaborazione
pari almeno all’80% dei corrispettivi complessivamente percepiti nell’arco
dello stesso anno solare;
- esistenza di una postazione di lavoro fissa a
disposizione del lavoratore.
Sono tuttavia escluse da tali presunzioni:
a) le prestazioni connotate da competenze teoriche
e tecnico/pratiche di grado elevato,
b) le prestazioni rese da
soggetti titolari di
un reddito annuo di lavoro autonomo non inferiore a 1,25 volte il minimale
contributivo (circa 18.662 euro per il 2012),
c) le prestazioni svolte nell’esercizio di
professioni per cui è richiesta l’iscrizione a un ordine professionale, ad
appositi registri, albi, ruoli o elenchi professionali qualificati.
Alla ricognizione delle predette attività
provvederà con decreto il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, e
dovrà emanarlo, in fase di prima applicazione, entro tre mesi dalla data di
entrata in vigore della presente disposizione, sentite le parti sociali.
La presunzione si applica comunque solo ai rapporti
instaurati dopo l’entrata in vigore della Riforma del Lavoro, oppure, per i
contratti stipulati prima, una volta decorsi 12 mesi dall’entrata in vigore
della Riforma.
Non è chiaro – tuttavia da una mera lettura della norma –
se queste ultime condizioni di esclusione debbano operare congiuntamente o
separatamente.
A favore della valenza separata (ovvero che ne basti solo
una per escludere l’operatività della presunzione)possono essere introdotte
alcune considerazioni. Innanzitutto le condizioni sono diverse profondamente:
nel primo caso il soggetto della
condizione è la prestazione, nel secondo e caso il soggetto è il lavoratore
autonomo che potrebbe conseguire un reddito annuo di lavoro autonomo anche per
ulteriori attività assolutamente distinte
da quelle in oggetto.
L’esclusione della presunzione opera, altresì, con
riferimento a prestazioni lavorative che siano svolte nell’ambito di attività
professionali per le quali è richiesta l’iscrizione a ordini professionali,
albi, registri o ruoli, subordinatamente a specifici requisiti e condizioni (professioni
che saranno individuate da decreto del Ministero del Lavoro, da emanarsi, in prima
applicazione, entro tre mesi dall’entrata in vigore della legge).
L’ultima presunzione si applica da subito soltanto ai
rapporti instaurati dopo l’entrata in vigore della Riforma, mentre per gli
altri è previsto un periodo transitorio di 12 mesi prima di essere che le disposizioni producano effetto.
Le nuove
disposizioni si applicano quindi ai contratti stipulati dal
18 luglio 2012.
Per i contratti in corso si applicano a decorrere dal
18 luglio 2013.
Va poi tenuta ben presente la norma di interpretazione autentica, che chiarisce
il primo periodo del co. 3 dell’art.61 del D.Lgs. n.276/06, nel senso che
l’esclusione dalla normativa sul lavoro a
progetto e sulle collaborazioni, opera esclusivamente per le
prestazioni professionali il cui contenuto concreto sia riconducibile alle
attività professionali specificate. In caso contrario, la mera iscrizione di un
soggetto agli albi professionali non determina l’automatica esclusione delle
prestazioni dall’applicazione delle norme.
Il tema tuttavia che rimane sul tappeto è che sul lavoro autonomo e
professionale, in costante ed irrefrenabile crescita, le inadeguate norme del
Codice Civile, comprese negli artt. da 2222 a 2238 non riescono a dar conto della pluralità
di forme in cui le attività autonome si sono manifestate e della necessità di regolamentazione
che esse hanno, non solo sul versante antielusivo, ma anche rispetto agli inquadramenti
contributivi e assicurativi, alle condizioni di esercizio delle attività, alla regolamentazione
e uniformità sotto il profilo fiscale.
La strada
imboccata dal legislatore di prevedere in prospettiva una aliquota del 33%
nella Gestione Separata entro il 2018 denota per la verità ad oggi
prevalentemente l’intendimento di produrre un deterrente oneroso all’utilizzo
di questa fattispecie come alternativa al lavoro subordinato. Ciò senza tenere
in considerazione che gli effetti si scaricheranno soprattutto su reali e non
fasulli lavoratori autonomi (come le professioni non regolamentate e prive di
una propria Cassa previdenziale).
Lavoratori autonomi nei cantieri
Sul fronte invece della elusione della norma di grande interesse è la Circolare
del Ministero del Lavoro n. 16 del 4 luglio 2012 relativa alla presenza dei
lavori autonomi nei cantieri.
La Circolare partendo da una anomalia rilevata da uno studio dell’ANCE-ISTAT,
ovvero che nei cantieri oggetto di analisi risultavano impiegati più autonomi
(1.039.000) che dipendenti (986.000), ha impartito per il personale ispettivo
indicazioni definite “presunzioni oggettive”.
La Circolare invita ad osservare come elementi “problematici”:
1. la mancata disponibilità giuridica o il possesso dell’attrezzatura
necessaria per l’esecuzione dei lavori rilevabile dal registro dei beni
ammortizzabili (ponteggi, macchine edili, motocarri, escavatori, apparecchi di
sollevamento);
Questo anche sulla scorta della definizione della “idoneità
tecnico-professionale” che si evince dal D.Lgs. n. 81/2008 (Allegato VII) ove
si fa esplicito riferimento a “disponibilità di macchine, attrezzature e opere
provvisionali la cui conformità deve essere documentata.
2. la condizione di monocommitenza in capo al lavoratore autonomo;
3. affidamento al lavoratore autonomo di “realizzazione di opere
strutturali del manufatto, legate allo sbancamento, costruzione fondamenta,
opere di cemento armato e strutture di elevazioni in genere”. Infatti lo
svolgimento di queste mansioni sono difficilmente compatibili con prestazione
dotata di carattere di autonomia, a differenza di altre con oggetto finitura o
realizzazione impiantistica.
In conclusione la
Circolare invita a contestare il profilo di autonomia ai
prestatori d’opera la cui attività sia assimilata a: mera manovalanza;
muratura; carpenteria; rimozione amianto; posizionamento di ferri e ponti;
gestione di macchine edili fornite dall’impresa committente o dall’appaltatore.
In relazione ai provvedimenti sanzionatori da irrogare, il personale
ispettivo in caso di contestazione non deve fermarsi all’inquadramento
giuslavoristico, ma deve contestare anche “quegli illeciti riscontrabili in
materia di salute e sicurezza sul lavoro in materia di sorveglianza sanitaria e
mancata formazione ed informazione” di cui al D.Lgs. n. 81/2008.
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