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"Conseguenze e tipologie di mobbing: verticale, orizzontale e bossing"

fonte www.puntosicuro.it / Salute

24/01/2013 - Ancora oggi nelle aziende il fenomeno del mobbing nei luoghi di lavoro non è conosciuto correttamente sia per mancanza di formazione specifica, sia per la caratteristica del fenomeno stesso. Un fenomeno non facilmente formalizzabile in specifici atteggiamenti, generalmente correlato alla qualità dell’ambiente relazionale lavorativo e soggetto a continue riletture da parte della letteratura giurisprudenziale.
 
Per aumentare conoscenza e consapevolezza di alcuni aspetti del fenomeno presentiamo alcune parti di una non recente ma corposa tesi di laurea intitolata “ Il Mobbing” e realizzata dalla Dott.ssa Rinalda Berardini nell’Anno Accademico 2000 – 2001 presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’ Università degli studi di Macerata in relazione alla Scuola di Specializzazione in Diritto Sindacale, del Lavoro e della Previdenza.
 
Dopo aver introdotto il tema e ricordato che attraverso la letteratura anglosassone e scandinava è arrivato anche da noi il termine mobbing per descrivere il “fenomeno delle violenze morali, pressioni e molestie psicologiche nei luoghi di lavoro”, l’autrice dedica un intero capitolo alle definizioni, alle caratteristiche del mobber (l’artefice del mobbing), del mobbizzato (vittima di mobbing), degli spettatori (lavoratori non coinvolti direttamente nel mobbing ma che lo percepiscono), dei side-mobber (lavoratori che partecipano al mobbing), ...
Nel capitolo si sofferma anche sulle conseguenze per il mobbizzato e per l’organizzazione. Infatti i due elementi che generalmente subiscono il danno maggiore del mobbing sono “il mobbizzato stesso e l’organizzazione (cioè il datore di lavoro in cui la vittima ha lavorato o attualmente lavora)”.
 
Ricordiamo brevemente, rimandando a precedenti articoli di PuntoSicuro sul tema, che per il mobbizzato il mobbing significa “danni finanziari, spesso di entità considerevole (pensiamo alle costose visite mediche specialistiche e alle sedute psicanalitiche, oltre alla scomparsa della regolare entrata mensile dello stipendio nei casi in cui il mobbing sfocia nella perdita del posto di lavoro) e danni di tipo sociale (cioè il crollo della sua immagine sociale e la perdita dei colleghi, di collaboratori o di amici che non sopportano più l’umore depressivo della vittima o del partner che se ne va convinto che sia un fallito)”.
Senza dimenticare le ancor più dolorose conseguenze sulla salute.
Infatti le iniziative di aggressione psicologica “comportano per le vittime del mobbing una serie di danni alla salute che consistono usualmente in : depressione, ansia, attacchi di panico (sindrome DAP), ipertensione arteriosa, difficoltà di concentrazione, dermatosi, tachicardia, tremori, oppressione immotivata, mal di schiena, mal di testa o sensazione di ‘testa compressa’, sensazioni di ‘nodo alla gola’ e di ‘fame d’aria’, mani sudate, sensazioni di caldo e di freddo agli arti, sensazioni di sbandamento e di difficoltà di deambulazione, debolezza, disturbi gastro intestinali e frequenza urinaria, abbassamento delle difese immunitarie”. Spesso agli individui colpiti da mobbing e giunti all’osservazione di specialisti psichiatri viene posta “una diagnosi di Disturbo dell’Adattamento”. In casi più gravi e rari “i soggetti interessati dal mobbing sviluppano una forma inquadrabile come Disturbo post-traumatico da stress: in tale situazione esiste una maggiore compromissione dell’affettività, maggior disagio nella vita di relazione e soprattutto una cronicizzazione dei disturbi anche al cessare  dell’ evento stressante”. E una “delle sindromi più gravi e che più frequentemente colpisce la vittima del mobbing è la Sindrome DAP o d’attacchi di panico (con o senza agorafobia)”.
 
 
Il mobbing ha tuttavia effetti devastanti anche per l’azienda, principalmente sul piano economico. Se un imprenditore “fosse a conoscenza dei veri danni del mobbing, lo combatterebbe con decisione e rapidità”.
Ci sono poi conseguenze gravi sul piano sociale: “se i dipendenti si dimostrano scontenti delle condizioni di lavoro a cui sono costretti e ne parlano al do fuori, l’immagine della ditta ne risente inevitabilmente e la concorrenza può approfittarne”.
Inoltre è la società stessa che rischia di essere gravemente danneggiata dal mobbing.
Se un mobbizzato è costretto a protratte assenze per malattia è necessario che sia erogato denaro statale all’azienda affinché questa persona sia regolarmente retribuita. Inoltre sempre lo Stato “contribuisce alle spese per le visite mediche, le analisi, le terapie e gli eventuali interventi di altro genere necessari alla stato di salute della vittima del mobbing”. E, al di là dei casi di invalidità professionale permanente, “la vittima può essere costretta al pre-pensionamento in età ancora relativamente giovane”: “anche in questi casi i costi per la società sono enormi”.
 
Nel secondo capitolo vengono affrontate diverse tipologie di mobbing.
Ad esempio il mobbing dal basso che si verifica “quando l’autorità di un capo viene messa in discussione dai sottoposti in una sorta di ‘ammutinamento professionale’ generalizzato. In effetti, nelle situazioni di mobbing dal basso i mobber sono solitamente più di uno, a volte anche tutti gli operai o i colleghi di un certo reparto, che attuano una vera e propria ribellione contro il capo che non accettano. La vittima si trova quindi quanto mai isolata”.
I casi di mobbing dal basso verso il capo, “seppure attestati, sono comunque abbastanza rari”.

Più frequente e conosciuto il mobbing dall’alto o cosiddetto mobbing verticale. Un mobbing che “può essere esercitato da un singolo superiore che per diversi motivi oltrepassa i limiti della propria supremazia professionale fino ad esercitare atteggiamenti particolarmente aggressivi e punitivi nei confronti della propria vittima. Tali atteggiamenti di norma vengono poi assunti da altri dipendenti, determinando un progressivo isolamento della vittima”.
 
Non bisogna poi dimenticare  il mobbing tra pari o mobbing orizzontale. In questo fenomeno  “troviamo un lavoratore vittima degli stessi colleghi” e di norma questo può essere letto attraverso più chiavi di lettura: “la prima riguarda più strettamente l’ organizzazione del lavoro. In tal senso un dipendente, o neo assunto o trasferito o promosso, con il suo arrivo scardina in qualche modo un gruppo già collaudato e dotato di propri equilibri interni che tendono spesso ad appiattire la personalità e la professionalità dei singoli”.
A volte è proprio l’organizzazione gerarchica che causa in chi vi è inquadrato “un modo di pensare ugualmente gerarchico, per cui anche tra colleghi dello stesso livello si possono creare dissensi e gelosie. Ciò non dovrebbe teoricamente accadere, perché la netta definizione dei ruoli e delle mansioni dovrebbe garantire ad ognuno il suo spazio e le sue competenze, e stabilire un trattamento assolutamente identico per i dipendenti di uno stesso livello, tuttavia ciò non si verifica in realtà se non in qualche sporadico ed idillico caso. La normalità sono le piccole invidie, i pettegolezzi, i conflitti che serpeggiano sotto la superficie, a volte le vere e proprie guerre a colpi di boicottaggi e di umiliazioni che divampano tra colleghi per emergere dalla massa a scapito dell’altro”.
 
Concludiamo questa breve presentazione del documento parlando di bossing.
Il bossing è “un tipo di mobbing che assume i contorni di una vera e propria strategia aziendale di riduzione, ringiovanimento o razionalizzazione del personale, oppure di semplice eliminazione di una persona indesiderata. Essa viene compiuta dai quadri o dai dirigenti dell’azienda con lo scopo preciso di indurre il dipendente divenuto ‘scomodo’ alle dimissioni, al riparo da qualsiasi problema di tipo sindacale”.
Chiaramente il bossing può essere attuato in modi diversi, ma “tutti tendono alla creazione attorno alla persona da eliminare di un clima di tensione insopportabile: atteggiamenti severi, minacce, rimproveri, a volte anche sabotaggi venuti dall’alto difficilmente dimostrabili”.
 
  
L’ indice della tesi:
 
Introduzione
 
CAPITOLO I
Definizione del fenomeno “Mobbing”
1 Il mobbizzato
1.1. Una tipologia di vittime
1.2. La reazione del mobbizzato
2 Il mobber
2.1. Una tipologia di aggressori
2.2. I metodi di aggressione
3 Gli spettatori
3.1. Il side-mobber
3.2. Una tipologia di spettatori
4 Conseguenze per il mobbizzato e per l’organizzazione
5 Mobbing, come uscirne
 
CAPITOLO II
Le caratteristiche culturali del mobber
1 Il mobbing dal basso
2 Il mobbing dall’alto
3 Il mobbing tra pari
4 Il Bossing
5 Il ruolo della famiglia e il doppio mobbing
6 Il mobbing in Italia e le esperienze degli altri Paesi
7 Il mobbing nelle proposte di legge
7.1. Il disegno di legge Senato 4265
7.2. Il progetto di legge Camera 6410
 
CAPITOLO III
Il mobbing nella giurisprudenza italiana
1 La responsabilità del datore di lavoro
2 Danni risarcibili e profili problematici dell’accertamento del danno
3 Il mobbing come causa di danno esistenziale
4 Mobbing e INAIL
4.1. In particolare l’indennizzo nel diritto previdenziale
5 Le principali tipologie di mobbing
5.1. Comportamenti di molestia sessuale
5.2. Dequalificazione e mancato riconoscimento dei diritti derivanti dalla qualifica del lavoratore
5.3. Esercizio illegittimo reiterato del potere autoritativo del datore di lavoro, comportamenti persecutori e atti ritorsivi o discriminatori .
5.4. Pretese sproporzionate poste nei confronti del lavoratore .
5.5. Comportamenti ingiuriosi
6 Tutela del lavoratore e dimissioni
7 Il mobbing nella sentenza del Tribunale di Torino
 
APPENDICE A
Storie di mobbing
APPENDICE B
Progetti di legge
APPENDICE C
La legge svedese
BIBLIOGRAFIA
 
 
Il Mobbing”, tesi di laurea realizzata dalla Dott.ssa Rinalda Berardini nell’Anno Accademico 2000 – 2001 presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli studi di Macerata in relazione alla Scuola di Specializzazione in Diritto Sindacale, del Lavoro e della Previdenza (formato PDF, 484 kB).

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