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"Buone prassi per i lavoratori che operano fuori dalla sede aziendale"

fonte www.puntosicuro.it / Sicurezza sul lavoro

30/01/2013 - Quando i lavoratori contribuiscono attivamente alla gestione della sicurezza, nelle aziende diminuiscono i rischi e gli infortuni sul lavoro. Questo è quanto l’Agenzia Europea per la sicurezza e salute sul lavoro (EU-OSHA) ripete in questi mesi in riferimento alla campagna 2012-2013 “ Lavoriamo insieme per la prevenzione dei rischi”, una campagna che sottolinea l’importanza di una effettiva collaborazione tra datori di lavoro, lavoratori, rappresentanti dei lavoratori e ogni altro attore della sicurezza aziendale.
 
A conferma di queste parole la Commissione Consultiva Permanente per la salute e la sicurezza sul lavoro ha validato il 23 gennaio 2013 una buona prassi relativa ad una valutazione dei rischi con coinvolgimento dei lavoratori.
 
In particolare in “ Valutazione dei rischi per attività di witness svolte presso terzi” viene presentata una buona prassi messa in atto presso l’azienda UL - International Italia srl con il supporto di Lisa Servizi srl.
L’attività di UL International Italia srl è quella di “testare i prodotti, prima della loro immissione in commercio, al fine di garantirne la sicurezza in riferimento agli standard richiesti dalle norme di settore applicabili”. E una fase del processo di certificazione del prodotto comprende “l’effettuazione di una serie di test di laboratorio” che “a seconda delle esigenze tecniche e degli accordi contrattuali con i clienti”, possono essere svolti al di fuori del laboratorio UL direttamente presso i laboratori dei clienti.
Quando un tecnico UL si reca presso il cliente svolge un compito detto di “ witness”, ovvero “sovrintende all’effettuazione della prova per garantire la bontà dei dati e dei risultati ottenuti”.
 
Per lo svolgimento di tale attività i tecnici “non operano direttamente sui macchinari in test durante l’effettuazione della prova, ma possono aiutare gli operatori del cliente nelle fasi di set-up (con i conseguenti rischi meccanici derivanti dallo smontaggio dei macchinari) e comunque sono esposti ai rischi diretti che la prova comporta (come ad esempio elettrocuzione, esplosione), soprattutto nel caso non dovesse andare a buon fine”.
 
Riguardo ai rischi la criticità maggiore della mansione, fortemente sentita dal personale, “consta nel fatto che i locali del cliente non sono sotto la diretta gestione del datore di lavoro di UL: di fatto la sicurezza dei tecnici dipenderà dal livello di sicurezza degli ambienti di lavoro presso il cliente e dalla loro gestione, e dai rischi da interferenza dovuti alla presenza di altre attività nei locali dove gli addetti UL stazionano”.
 
In questa situazione si è deciso di valutare i rischi dell’attività con “ metodi alternativi: efficaci e semplici, sfruttando la buona formazione dei lavoratori in materia di sicurezza e la loro esperienza maturata in anni di attività (l’elevata competenza e livello professionale in possesso dei tecnici UL è stata di fondamentale importanza in merito all’attendibilità dei dati ottenuti)”.
 
In questo senso è stato elaborato, con la partecipazione del servizio di Prevenzione e Protezione e degli RLS, un questionario da somministrare al personale UL coinvolto nell’attività di “witness”.
 
I risultati del questionario hanno fornito la ‘fotografia’ dei livelli di sicurezza dei clienti e della tipologia dei rischi ai quali i tecnici sono esposti. Con la compilazione dei questionari sono stati raccolti anche commenti asincroni “che hanno permesso di comprendere le specifiche dinamiche presenti in un cliente o in una particolare tipologia di clienti (spesso anche esteri)”.
 
L’analisi di questi commenti permette di migliorare alcune valutazioni dei rischi di dettaglio, ad esempio in riferimento al rischio delle lavoratrici madri, e di “affinare i processi di formazione del personale sui temi più critici”.
 
Nel documento sono presentati alcuni miglioramenti della struttura organizzativa successivi all’analisi dei rischi dei tecnici “witness”:
- “raccogliere preventivamente informazioni sensibili già durante la fase di sopralluogo commerciale;
- migliorare la dotazione di DPI del personale;
- migliorare le modalità operative del personale presso i clienti;
- migliorare i vincoli contrattuali con il cliente al fine dei garantire un livello di sicurezza adeguato ai tecnici UL;
 - formulare richieste verso i propri clienti in merito alla tipologia di ambienti, macchinari e personale da fornire per lo svolgimento delle attività di verifica”.
 
Il metodo suggerito per valutare le attività di “witness” è caratterizzato dalle seguenti note positive
- “miglioramento del clima aziendale dovuto al coinvolgimento dei lavoratori nei confronti delle tematiche di sicurezza sul lavoro, focalizzandone l’attenzione anche sulla propria sicurezza;
- i questionari oltre a rilevare rischi ‘noti a priori’ hanno dato ampio spazio all’individuazione di pericoli potenziali ( mancati infortuni, comportamenti pericolosi e in generale altri eventi da segnalare);
- gli obiettivi sono stati raggiunti a costo quasi nullo: costi orari per creare e tarare il questionario ed i costi orari dei singoli lavoratori per compilarlo;
- facilità di realizzazione (di fatto è necessaria solamente dell’esperienza per creare i questionari e tararli);
- estendibilità della metodologia a tutte quelle realtà che hanno dei lavoratori che, recandosi presso terzi, operano fuori dalla sede aziendale: ad esempio commerciali, tecnici e gli stessi dirigenti”.
 
Il documento relativo alla buona prassi, che comprende anche il questionario somministrato ai tecnici e un report dell’analisi statistica dei risultati, si sofferma sui costi/benefici del metodo. 
 
In particolare si sottolinea che “i tempi ed i costi di un approccio classico alla valutazione dei rischi (raccolta di informazioni, sopralluogo dei componenti del servizio di prevenzione e protezione presso i clienti con sedi in Italia e all’estero) sarebbero stati molto alti: trasferimenti, pernottamenti, tempo, rapporti e scambio di materiale, lettura documenti (anche in lingue differenti dall’italiano)”. Un’altra criticità è rappresentata “dalle norme a tutela del segreto industriale che difficilmente consentono ad un estraneo alle attività tecniche, quale è l’RSPP, di recarsi presso i clienti”.
 
L’ approccio alternativo utilizzato ha invece comportato “il raggiungimento degli obiettivi a costo quasi nullo” ed è stato possibile coinvolgere il personale, “il quale è diventato partecipe della propria sicurezza e tutela”.
 
In definitiva la metodologia adottata non è di difficile realizzazione, richiede solo dell’esperienza per creare i questionari e tararli. È una soluzione “esportabile a tutte quelle realtà che hanno dei lavoratori che, recandosi presso terzi, operano fuori dalla sede aziendale”.
 
 
 

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