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"Ambienti confinati: attuazione, novità e criticità del Dpr 177/2011"
fonte www.puntosicuro.it / Formazione ed informazione
17/05/2013 - Una ricerca dell’Inail/ex Ispesl ha mostrato come
tra il 2005 e il 2010 negli ambienti confinati siano avvenuti 29 incidenti che hanno provocato ben 43 morti.
Ad esempio 10 incidenti in cisterne e serbatoi hanno provocati 16 decessi e 7 incidenti in vasche addirittura 14...
A fornirci queste cifre e a tornare a parlare di spazi confinati, è un intervento al seminario “
Attuazione
del DPR 177/2011: lavoro in ambienti sospetti di inquinamento o
confinati. Prime esperienze tra buone prassi e criticità”, realizzato nell’ambito del progetto “ A Modena la sicurezza sul lavoro, in pratica”, un progetto operativo dal settembre 2010 per volontà dell’INAIL locale e del CRIS (Centro di Ricerca Interdipartimentale sulla sicurezza e prevenzione dei rischi) dell’Università di Modena e Reggio Emilia.
Il seminario si è tenuto a Modena il 16 luglio 2012 e gli atti
dell’incontro sono stati pubblicati sul sito del Centro
Interdipartimentale sulla Prevenzione dei Rischi negli Ambienti di
Lavoro ( CIPRAL).
In “
DPR 177/2011 e criticità operative”,
intervento a cura di Adriano Paolo Bacchetta (Docente a.c. Politecnico
di Milano, Facoltà di Ingegneria, Processi Industriali), il relatore si
sofferma in particolare su alcuni punti del Decreto del Presidente della Repubblica 14 settembre 2011, n. 177. Decreto che prevede un sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi che operano nell’ambito degli ambienti confinati e sospetti di inquinamento.
Questo il secondo articolo del Decreto:
Questo il secondo articolo del Decreto:
Art.
2 (Qualificazione nel settore degli ambienti sospetti di inquinamento o
confinati)
1.Qualsiasi
attività lavorativa nel settore degli ambienti sospetti di inquinamento o
confinati può essere svolta unicamente da imprese o lavoratori autonomi
qualificati in ragione del possesso dei seguenti requisiti:
(...)
b)
integrale e vincolante applicazione anche del comma 2 dell'articolo 21 del
decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, nel caso di imprese familiari e
lavoratori autonomi;
c)
presenza di personale, in percentuale non inferiore al 30 per cento della
forza lavoro, con esperienza almeno triennale relativa a lavori in ambienti
sospetti di inquinamento o confinati, assunta con contratto di lavoro
subordinato a tempo indeterminato ovvero anche con altre tipologie
contrattuali o di appalto, a condizione, in questa seconda ipotesi, che i
relativi contratti siano stati preventivamente certificati ai sensi del
Titolo VIII, Capo I, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276. Tale
esperienza deve essere necessariamente in possesso dei lavoratori che
svolgono le funzioni di preposto;
d)
avvenuta effettuazione di attività di informazione e formazione di tutto il
personale, ivi compreso il datore di lavoro ove impiegato per attività
lavorative in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, specificamente
mirato alla conoscenza dei fattori di rischio propri di tali attività,
oggetto di verifica di apprendimento e aggiornamento. I contenuti e le
modalità della formazione di cui al periodo che precede sono individuati,
compatibilmente con le previsioni di cui agli articoli 34 e 37 del decreto
legislativo 9 aprile 2008, n. 81, entro e non oltre 90 giorni dall'entrata in
vigore del presente decreto, con accordo in Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano, sentite le parti sociali;
e)
possesso di dispositivi di protezione individuale, strumentazione e
attrezzature di lavoro idonei alla prevenzione dei rischi propri delle
attività lavorative in ambienti sospetti di inquinamento o confinati e
avvenuta effettuazione di attività di addestramento all'uso corretto di tali
dispositivi, strumentazione e attrezzature, coerentemente con le previsioni
di cui agli articoli 66 e 121 e all'allegato IV, punto 3, del decreto
legislativo 9 aprile 2008, n. 81;
f)
avvenuta effettuazione di attività di addestramento di tutto il personale
impiegato per le attività lavorative in ambienti sospetti di inquinamento o
confinati, ivi compreso il datore di lavoro, relativamente alla applicazione
di procedure di sicurezza coerenti con le previsioni di cui agli articoli 66
e 121 e dell'allegato IV, punto 3, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.
81;
g)
rispetto delle vigenti previsioni, ove applicabili, in materia di Documento
unico di regolarità contributiva;
h)
integrale applicazione della parte economica e normativa della contrattazione
collettiva di settore, compreso il versamento della contribuzione
all'eventuale ente bilaterale di riferimento, ove la prestazione sia di tipo
retributivo, con riferimento ai contratti e accordi collettivi di settore
sottoscritti da organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori
comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale.
2.
In relazione alle attività lavorative in ambienti sospetti di inquinamento o
confinati non e' ammesso il ricorso a subappalti, se non autorizzati
espressamente dal datore di lavoro committente e certificati ai sensi del
Titolo VIII, Capo I, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e
successive modificazioni e integrazioni. Le disposizioni del presente
regolamento si applicano anche nei riguardi delle imprese o dei lavoratori
autonomi ai quali le lavorazioni vengano subappaltate.
Riportiamo
ora alcune delle
novità del decreto
e/o riflessioni suggerite dall’autore relativo all’articolo presentato:
-
L’art. 21 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, “prevede che i
componenti dell’impresa familiare di
cui all’articolo 230-bis del codice civile, i
lavoratori autonomi che compiono opere o servizi ai sensi
dell’articolo 2222 del codice civile, i piccoli imprenditori di cui
all’articolo 2083 del codice civile e i soci delle società semplici operanti
nel settore agricolo “debbano utilizzare attrezzature di lavoro in conformità
alle disposizioni di cui al titolo III, munirsi di dispositivi di
protezione individuale ed utilizzarli conformemente alle disposizioni di cui
al titolo III e inoltre munirsi di apposita tessera di riconoscimento corredata
di fotografia, contenente le proprie generalità, qualora effettuino la loro
prestazione in un luogo di lavoro nel quale si svolgano attività in regime di
appalto o subappalto”. E la
facoltà di
beneficiare della sorveglianza sanitaria secondo le previsioni di cui
all’articolo 41, “fermi restando gli obblighi previsti da norme speciali e
partecipare a corsi di formazione specifici in materia di salute e sicurezza
sul lavoro, incentrati sui rischi propri delle attività svolte, secondo le
previsioni di cui all’articolo 37, fermi restando gli obblighi previsti da
norme speciali, per coloro che operano negli ambienti sospetti di inquinamento
o confinati di cui al DPR 177/2011
è invece un obbligo inderogabile. Sarà
quindi compito della committente esigere che tali soggetti dimostrino di aver
ottemperato a quanto previsto da questo articolo del DPR 177”;
-
con riferimento al
punto c) bisogna
prevedere: “un sistema di riconoscimento interno della sussistenza della
esperienza triennale che, in mancanza
di specifici riferimenti, sia predisposto dal Datore di lavoro. Si può
ipotizzare una lettera da fare sottoscrivere al Lavoratore nella quale si
ripercorre brevemente la sua formazione e il suo percorso professionale
evidenziando le attività svolte negli spazi confinati”. Il documento agli atti,
che vi invitiamo a leggere. riporta anche altre indicazioni relative alla
documentazione delle attività formative;
-
anche quanto indicato al
punto d) è
una novità: “il
datore di lavoro non
era mai stato specificatamente obbligato a seguire corsi di formazione e
informazione specifici sull’attività, se non quelli previsti per i datori di
lavoro che vogliono svolgere in proprio le funzioni di RSPP. Il DPR 177,
invece, tenuto conto che i datori di lavoro sono spesso impegnati nelle
operazioni come i propri dipendenti, li considera destinatari dell’obbligo di
informazione e formazione specificatamente mirata alla conoscenza dei fattori
di rischio propri di tali attività, oggetto di verifica di apprendimento e
aggiornamento. Appare peraltro evidente che proprio la figura del datore di
lavoro, sul quale ricade il debito di sicurezza di cui all’art. 2087 CC, non
dovrebbe però limitarsi a questo livello di formazione, bensì dovrebbe
approfondire ulteriormente le proprie conoscenze sull’argomento e le competenze
in termini di analisi dei pericoli e valutazione dei rischi. Questo per
ottemperare allo spirito della norma che tende ad elevare il livello di
sicurezza degli operatori del settore. Resta solo da osservare che l’articolo
parla di ‘tutto il personale’ senza specificare il riferimento al solo
personale addetto all’attività in ambienti sospetti
di inquinamento o confinati”;
-
il
punto d) del comma 1
dell’articolo 2 introduce però un
grave
problema: “rimandando la
definizione
dei contenuti e delle modalità della formazione a un futuro accordo in
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano e sentite le parti sociali, da emanarsi, entro
e non oltre 90 giorni dall'entrata in vigore del presente decreto, ha generato
il proliferare di proposte di formazione dai contenuti e dalla durata più
diversi”. E questo si sarebbe generato per la veloce entrata in vigore del
Decreto e quindi dalla “necessità per le aziende di acquisire il requisito di
formazione richiesto dal DPR 177/2011”. Peraltro – continua l’autore – “appare
evidente che non sia adeguata la scelta di convergere semplicemente verso la
somministrazione ai lavoratori di formazione ‘standard’ e non specifica in
funzione delle particolari caratteristiche operative aziendali, cosa che
peraltro sembra essere la norma visti i contenuti di molti dei programmi di
formazione normalmente offerti. Sarebbe invece più opportuno che le aziende,
oltre a richiedere una formazione personalizzata e acquistare adeguate
attrezzature (es. tripode), si dotassero di procedure di lavoro specificamente
dirette a eliminare o ridurre al minimo i rischi propri di tali attività e
procedure di sicurezza ed emergenza specificamente studiate per essere
applicate in tali ambienti”;
-
anche la il
punto e) è foriero di
novità: il Decreto precisa che il soggetto qualificato "possiede"
dispositivi
di protezione individuale e strumentazione e attrezzature di lavoro "idonei
alla prevenzione dei rischi propri delle attività lavorative in ambienti
sospetti di inquinamento o confinati. Ma cosa deve ‘possedere’ (e utilizzare in
funzione dell’ambito operativo)”? Alcune indicazioni del relatore: Art. 66
(Imbracature di sicurezza e corda di tenuta, Idonei DPI vie respiratorie,
Analizzatori gas, Sistemi di ventilazione), Art. 121 ( Idonei DPI vie
respiratorie,
Imbracature di sicurezza, Sistema di salvataggio, Analizzatori gas, Sistemi di
ventilazione), All. IV (Analizzatori gas, Misuratori di temperatura, Sistemi di
ventilazione, Flange cieche o altri mezzi equivalenti, Idonei DPI vie
respiratorie, Imbracature di sicurezza e corda di tenuta, Attrezzature
antiscintilla, Lampade di sicurezza, Parapetti mobili, Scale portatili a mano
con ganci di trattenuta). Inoltre “deve dimostrare l’avvenuta effettuazione di
attività di addestramento all'uso corretto di tali dispositivi, strumentazione
e attrezzature. Il tutto coerentemente con le previsioni di cui agli articoli
66 e 121 e all'allegato IV, punto 3, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.
81”. Peraltro, su questo tema il relatore propone una
riflessione in materia di appalti (pubblici). Infatti il Codice dei
contratti pubblici D.Lgs. n. 163/2006, prevede che quando i requisiti non sono
sufficienti per la partecipazione alle gare, si può ricorrere alle
A.T.I. (art. 37 - Associazione
Temporanea di Imprese) oppure all’
Avvalimento
(art. 49). L’Avvalimento è “l’istituto per effetto del quale un operatore
economico sprovvisto dei requisiti richiesti dal bando per la partecipazione ad
una gara di appalto può soddisfarli (e perciò concorrere alla gara ed
eventualmente acquisire l'appalto) avvalendosi, a determinate condizioni, dei
requisiti di altra impresa, definita come impresa ausiliaria, che rimane
formalmente estranea al rapporto contrattuale”;
-
altra novità è data dal
punto f). La
lettura comparata di quanto previsto da questo comma, (...) “parrebbe indicare
che il Legislatore abbia utilizzato due formulazioni differenti per esprimere
lo stesso concetto ovvero che il datore di lavoro direttamente coinvolto nelle
operazioni, dev’essere addestrato anche relativamente alla applicazione di
procedure di sicurezza coerenti con le previsioni di cui agli articoli 66 e 121
e dell'allegato IV (ciò come conseguenza della presenza dell’avverbio “ivi”
come sinonimo di “tra i quali”). Peraltro si potrebbe anche leggere come
obbligo del datore di lavoro a prescindere dal suo coinvolgimento diretto nelle
attività. Resta quindi da stabilire cosa s’intenda con questo obbligo, ovvero
quale siano le attività per le quali il datore di lavoro dovrà essere
addestrato. Come pure cosa s’intenda, in generale, per
addestramento sull’applicazione delle procedure di sicurezza.
Riguardo
ai punti g) e h) e alle indicazioni del secondo comma, il relatore riporta
alcune considerazioni contenute nella Relazione illustrativa del decreto e
informazioni sulle
procedure di
certificazione.
Qualche
riflessione del relatore in merito all’articolo 3 del decreto 177/2011:
-
riguardo all’informazione che deve dare il
datore
di lavoro committente, l’intervento indica che “non si può che condividere
l’indicazione relativa alla necessità di effettuare una puntuale e dettagliata
informazione di tutti coloro (lavoratori e datore di lavoro se operativo) che
devono operare negli spazi confinati in merito ai
rischi (compresi eventuali precedenti utilizzi) esistenti negli ambienti e
sulle misure di emergenza e soccorso predisposte in merito alla propria
attività. Anche l’indicazione che il trasferimento delle informazioni deve
durare un tempo sufficiente e adeguato all'effettivo completamento del
trasferimento delle informazioni è condivisibile”;
-
riguardo al
rappresentante individuato
dal datore di lavoro committente bisogna “considerare due specifici
requisiti che questo nuovo soggetto
deve possedere:
adeguate competenze in
materia di salute e sicurezza sul lavoro, (...)
conoscenza dei rischi presenti nei luoghi in cui si svolgono le
attività lavorative. Ovvero oltre ad aver svolto le attività di
informazione, formazione e addestramento di cui all'articolo 2, comma 1,
lettere d) ed f), per poter svolgere la sua attività di vigilanza e indirizzo,
deve disporre di specifiche competenze e conoscenze. Inoltre deve essere a
conoscenza delle attività programmate, delle caratteristiche e pericoli/rischi
dei luoghi in cui si svolgono le attività e delle procedure operative e di
emergenza che verranno applicate”;
Riguardo
poi alla
procedura di lavoro
indicata al comma 3 dell’articolo 3, la
Procedura
operativa deve avere queste caratteristiche:
-
“descrivere, in modo organico e non generico le fasi di lavoro, in ordine
temporale e spaziale, elaborate a seguito della individuazione dei pericoli e
valutazione dei rischi condotta per garantire le condizioni di sicurezza
individuale e collettiva (in particolare devono essere indicate le operazioni
da compiere evidenziando ciò che si deve e non si deve fare durante
l’intervento);
-
definire scopo dell’intervento e mezzi tecnici necessari per il lavoro;
-
individuare, in modo puntuale, i ruoli e le responsabilità del personale
coinvolto nei lavori, ovvero ‘chi fa che cosa’.
La
procedura operativa dev’essere resa nota agli addetti e sia la sua elaborazione
sia la sua condivisione dev’essere testimoniata mediante firme di redazione,
controllo e approvazione e presa visione”.
Concludiamo
ricordando che nel D.P.R. 177/2011 invece “
nulla
è precisato in merito alla fondamentale definizione delle procedure di
emergenza e soccorso” (rimandando peraltro alla elaborazione di una futura
buona prassi).
A
questo proposito l’autore riporta infine alcune
considerazioni.
Ne
riprendiamo alcune:
-
“l’affidamento della sicurezza dei lavoratori all’intervento dei soli servizi
di soccorso istituzionali esterni al perimetro dell’area operativa, potrebbe
comportare tempi di risposta molto elevati, spesso incompatibili con la tutela
della vita umana”;
-
“la preparazione del personale designato dal datore di lavoro alle
attività di salvataggio il più delle
volte non prevede specificatamente attività riconducibili al trattamento
d’infortunati all’interno di spazi confinati (BLS, BTLS, BLSD, CRP)”;
-
“nell’Allegato IV al punto 3.1 si prevede che le tubazioni, le canalizzazioni e
i recipienti, quali vasche, serbatoi e simili, in cui debbano entrare
lavoratori per operazioni di controllo, riparazione, manutenzione o per altri
motivi dipendenti dall’esercizio dell’impianto o dell’apparecchio, devono
essere provvisti di aperture di accesso aventi dimensioni tali da poter
consentire l’agevole recupero di un lavoratore privo di sensi”. Ed è evidente
“che una disposizione di questo tipo trova scarsa applicazione nella realtà del
nostro paese, tenuto conto delle caratteristiche dei luoghi e delle rispettive
aperture di accesso attualmente presenti”;
-
alcune
tipologie di intervento
descritte nella normativa (con riferimento alla tipologia denominata
Non-Entry Rescue) possono essere
utilizzate solo se il recupero prevede il sollevamento verticale
dell’infortunato. “Il sistema di salvataggio non può essere utilizzato: se
l’infortunato può trovarsi dietro un angolo o se il suo corpo può essere
trattenuto da ostacoli; se si sospetta un trauma cranico o a carico della
colonna vertebrale”;
-
“ogni spazio confinato ha proprie caratteristiche geometriche/dimensionali e
posizione dell’accesso, quindi in sede di valutazione della
procedura di emergenza è necessario effettuare una specifica valutazione
delle operazioni di salvataggio”.
“ DPR
177/2011 e criticità operative”, Adriano Paolo Bacchetta (Docente a.c.
Politecnico di Milano, Facoltà di Ingegneria, Processi Industriali), intervento
al seminario “Attuazione del DPR 177/2011: lavoro in ambienti sospetti di
inquinamento o confinati. Prime esperienze tra buone prassi e criticità”,
realizzato nell’ambito del progetto “A Modena la sicurezza sul lavoro, in
pratica” (formato PDF, 4.29 MB).
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