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"Thyssenkrupp: le motivazioni della sentenza d’appello"

fonte www.puntosicuro.it / Responsabilità sociale

29/05/2013 - Gli imputati “ agirono nella convinzione che gli eventi sarebbero stati evitati”. Questo è un breve ma significativo passaggio delle  motivazioni, depositate il 27 maggio, della  sentenza del 28 febbraio 2013 con cui la Corte d'assise d'appello di Torino illustra i motivi  in fatto e in diritto che hanno portato alla riduzione delle condanne per i fatti relativi all’ incidente alla Thyssenkrupp del 6 dicembre 2007.
 
Nelle corpose motivazioni - 346 pagine curate dal giudice estensore Paola Perrone - si motiva il giudizio che ha cambiato radicalmente la sentenza di primo grado, sentenza che prevedeva una condanna per omicidio volontario - con “ dolo eventuale” - dell’amministratore delegato della Thyssenkrupp Harald Espenhahn, novità assoluta nella prassi della responsabilità penale in materia di infortuni sul lavoro. Novità che è stata cancellata dalla sentenza d’appello.
 
La Corte d'assise d'appello di Torino è partita dal presupposto che per un imputato “ come Espenhahn, imprenditore esperto, abituato a ponderare le proprie decisioni nel tempo, anche confrontandosi con altri collaboratori specializzati,  è impensabile che egli abbia agito in maniera tanto irrazionale”.
Il fatto che l’amministratore abbia valutato la possibilità di un incidente " non significa affatto che Espenhahn (e anche gli altri imputati) non previdero gli eventi come possibili, ma solo che essi  fecero prevalere le loro personali valutazioni che essi non si sarebbero verificati, nonostante tutti gli avvisi, gli allarmi che avevano ricevuto e che avevano loro indicato chiaramente il contrario".

La convinzione che gli imputati agirono dunque “ nella convinzione che gli eventi sarebbero stati evitati” porta dunque alla derubricazione del reato da omicidio volontario con dolo eventuale a omicidio colposo con colpa cosciente, con le conseguenti riduzioni di pena: per Harald Espenhahn, da 16 anni e mezzo di carcere a 10 anni.
Senza dimenticare la riduzione delle pene per gli altri imputati.
Invece di 13 anni e 6 mesi i consiglieri del Consiglio di amministrazione e membri del Comitato esecutivo Gerald Priegnitz e Marco Pucci sono stati condannati a 7 anni. Inoltre 8 anni e 6 mesi per il direttore dello stabilimento Raffaele Salerno, 8 anni per il responsabile del servizio di prevenzione e protezione dello stabilimento Cosimo Cafueri e 9 anni al dirigente con competenze nella pianificazione degli investimenti in materia di sicurezza antincendio Daniele Moroni (invece di 10 anni e 10 mesi).
 
Tuttavia, malgrado le riduzioni di pena, la sentenza rimarca la “ pesantezza della colpa da parte degli imputati”.
 
Secondo le motivazioni “ la loro colpa si accompagnò a comportamenti reiterati e protratti nel tempo; tali comportamenti ebbero il risultato di elevare a potenza, sommandosi fra di loro, i rischi cui gli operai furono esposti”. Gli operai vennero incaricati di “ affrontare le fiamme senza essere stati avvertiti del rischio specifico di cedimento dei flessibili che era invece ben noto a tutti gli imputati e che essi deliberatamente occultarono”.
 
Inoltre non bisogna dimenticare che “ gli obiettivi perseguiti da Espenhahn avevano un contenuto economico” e, accantonando l’omicidio volontario con dolo eventuale (e l’idea che si fosse preliminarmente accettato il rischio di morte degli operai), rimane comunque - per Espenhahn e gli altri imputati - il delitto colposo aggravato dalla previsione del disastro.
 
Le motivazioni si soffermano poi sul “ funzionamento patologico” dell’impianto in cui è avvenuto l’incendio.
Gli estintori non erano “ né idonei né funzionanti”, c’era una “ presenza massiva e abituale di carta e olio sulla linea”, il telefono per chiamare i soccorsi era rotto. Per non dimenticare poi le numerose “ violazioni antinfortunistiche dello stabilimento”.
Ricordiamo a questo proposito che la sentenza di febbraio aveva confermato la condanna di primo grado per tutti gli imputati per omissione dolosa di cautele antinfortunistiche prevista dall’articolo 437 del codice penale (Rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro).
 
Nelle motivazioni si indica inoltre perché gli operai morti nell’ incendio della ThyssenKrupp non ebbero alcuna colpa nel disastro, a differenza di quanto invece sostenuto dai difensori degli imputati sia durante il processo di primo grado che in quello di appello: " aver ricostruito che gli operai non fecero che dare attuazione al piano di emergenza che era stato loro imposto (senza alcuna formazione e informazione dei rischi specifici) esclude totalmente che il loro comportamento possa essere qualificato imprudente, imprevedibile, imprevisto: esso era proprio quello che ci si aspettava che essi facessero, ignari che il vero pericolo per loro non era costituito dalle fiamme cui si avvicinavano ma dall'innescarsi improvviso di una nuvola incandescente che li avrebbe avviluppati senza scampo".
 
E per la Corte d'assise d'appello di Torino, gli imputati non solo non hanno colmato le evidenti lacune in termini di sicurezza, ma hanno violato " l'obbligo di ordinare ai dipendenti di mettersi al sicuro abbandonando immediatamente il luogo di lavoro".
Anzi hanno ordinato agli operai l'intervento “ privi di qualunque formazione antincendio e adibiti a tali mansioni sconosciute, non dotati di mezzi di protezione individuali ne di estintori efficienti che li avrebbero tenuti lontani dalle fiamme né di un sistema idraulico efficiente”. Inoltre era stato impartito l'ordine di non chiamare i vigili del fuoco " ma di risalire una gerarchia di segnalazioni attraverso telefoni da tempo rotti e anelli mancati per sovrapposizione di mansioni".
 
Il sostituto procuratore Raffaele Guariniello - coordinatore del pool di magistrati della Procura di Torino che ha portato a importanti sentenze nel mondo della sicurezza sul lavoro (ThyssenKrupp, Eternit, ...) - dopo aver annunciato il ricorso per Cassazione ha comunque sottolineato alcuni aspetti positivi emersi dalle motivazioni, ad esempio la  caratterizzazione della sicurezza del lavoro come risvolto delle politiche economiche aziendali.

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