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"La responsabilità del RSPP per un infortunio occorso ad un lavoratore"
fonte www.puntosicuro.it / Sicurezza sul lavoro
03/06/2013 - Viene ribadito in questa sentenza un indirizzo ormai consolidato della
Corte di Cassazione e cioè che in tema di prevenzione degli infortuni
sul lavoro chiunque, in qualsiasi modo, assuma una posizione di
preminenza rispetto ad altri lavoratori, così da poter loro impartire
ordini, istruzioni o direttive sul lavoro da eseguire, deve essere
considerato, ai sensi delle disposizioni di legge in materia di salute e
di sicurezza sul lavoro, tenuto automaticamente ad attuare le
prescritte misure di sicurezza e a disporre e ad esigere che esse siano
rispettate, a nulla rilevando che vi siano altri soggetti
contemporaneamente gravati dallo stesso obbligo per un diverso e
autonomo titolo. In questa circostanza tale principio è stato applicato
nei confronti di un
responsabile del servizio di prevenzione e protezione il quale aveva disposto ad un lavoratore di effettuare la manovra di una gru che si è poi ribaltata per l’eccesso del carico da sollevare.
L’evento infortunistico e l’iter
giudiziario
Il
Tribunale, in composizione monocratica, ha dichiarato il responsabile del
servizio di prevenzione e protezione di una azienda, congiuntamente ad
altri, colpevole del reato di cui all’articolo 590, comma 1 e 3, per aver
cagionato ad un lavoratore una lesione personale, con prognosi di 130 giorni,
per colpa consistente in negligenza, imprudenza ed imperizia ed in violazione
di prescrizioni antinfortunistiche specifiche. In particolare il RSPP aveva
ordinato al lavoratore, gruista, di sollevare e spostare una pala caricatrice
del peso complessivo di 120-130 quintali utilizzando una gru che, a causa del
carico eccessivo, si è ribaltata contro un muro provocando, in conseguenza
dell'impatto, le dette lesioni al lavoratore. Il Tribunale lo ha dichiarato,
altresì, colpevole del reato di cui all'articolo 35, comma 1 e 2, del D. Lgs.
n. 626/1994 (capo a) e dell’articolo 168, commi 1 e 2, del D.P.R. n. 547/1955
(capo b) per aver omesso di adottare le misure organizzative necessarie per
garantire l'integrità fisica dei lavoratori ex articolo 2087 c.c., nonché per
avere messo a disposizione dei lavoratori attrezzature non adeguate al lavoro
da svolgere e con caratteristiche non appropriate ai carichi
da sollevare ed ancora per non avere impedito l'uso di dette attrezzature
per operazioni e secondo condizioni non proprie.
Il
Tribunale ha
condannato l'imputato alla
pena di un mese di reclusione in ordine al capo a) ed euro 1.500,00 di ammenda
in ordine al capo b), concedendo le circostanze attenuanti generiche dichiarate
equivalenti alle contestate aggravanti ed il beneficio della sospensione
condizionale della pena, e lo ha condannato, altresì, al risarcimento dei danni
cagionati alla costituita parte civile, da liquidarsi in separato giudizio. A
seguito del ricorso da parte dell’imputato, la Corte d'Appello di Palermo ha
dichiarata successivamente l'estinzione del reato contravvenzionale, per
intervenuta prescrizione, ha eliminata la relativa pena di euro 1.500,00 di
ammenda ed ha confermato del resto l'impugnata decisione.
La
Corte territoriale ha messo in evidenza, in particolare, che la mattina
dell'infortunio era stato proprio l'imputato, che si occupava personalmente di
gestire il cantiere, ad ordinare al lavoratore di eseguire con la gru il
sollevamento che ha poi causato il sinistro, nonostante le rimostranze
espressegli dallo stesso lavoratore convinto che la gru non avrebbe potuto
sostenere quel carico, rimostranze non tenute in considerazione dall’imputato
che si era assunto personalmente la responsabilità dell'operazione. La
circostanza poi che il gruista aveva dovuto sottostare alle decisioni
dell’imputato, visto il ruolo di fatto svolto dallo stesso ed i suoi legami
parentali con la proprietà, che lo inducevano a temere ritorsioni nella sua
attività lavorativa, se non lo avesse eseguito, era stata pedissequamente
confermata da un altro operaio che aveva assistito alla scena e che aveva
sentito dare l’ordine. Un altro teste, inoltre, aveva riferito che era stato
proprio l'imputato ad organizzare la manovra concordandola nei giorni
precedenti, in piena sintonia logica e fattuale con quanto poi è accaduto.
Tutti i testi escussi dall'accusa avevano concordemente sostenuto, altresì, che
l'imputato, oltre che risultare formalmente responsabile
del servizio di prevenzione e protezione, così come anche precisato
dall'ispettore del lavoro intervenuto, aveva di fatto nell'ambito dell'azienda
il comando gestionale del cantiere, forte anche del legame familiare che
intercorreva con il legale rappresentante della società. Ed ha sostenuto ancora
la Corte di Appello che dalla perizia d'ufficio, disposta dal Tribunale era
risultato che il gruista non aveva errato nella manovra, che il peso sollevato eccedeva la capacità di sollevamento
della gru e che l'autogrù non era idonea a compiere quella operazione di
sollevamento.
Il ricorso in Cassazione e le
decisioni della suprema Corte
L’imputato ha
ricorso in Cassazione adducendo alcune
motivazioni a propria difesa. Secondo lo stesso non sarebbe stato lui a gestire
l'attività lavorativa ma il dirigente dell’azienda, suo gerarchico superiore,
essendo questi l’unico ad avere compiti direttivi nella stessa. Non sarebbe
stato lui, inoltre, ad organizzare la manovra con la
gru e non avrebbe dato alcun ordine perentorio al lavoratore infortunato di
manovrare la gru stessa per cui l'incidente sarebbe avvenuto per una manovra
errata dello stesso gruista, autonomo nelle sue decisioni e tenuto comunque a
conoscere le caratteristiche dell’apparecchiatura.
Il ricorso è stato
dichiarato inammissibile dalla Corte di
Cassazione che ha confermata quindi la condanna dell’imputato. Per quanto
riguarda la
posizione di garanzia
dell’imputato, la suprema Corte ha sostenuto che “
non possono esservi dubbi al riguardo tenuto conto della sua veste di
‘responsabile del servizio di prevenzione e protezione dell'azienda’. A ciò
aggiungasi che - come incensurabilmente accertato in punto di fatto dai giudici
di merito - fu proprio lui a dare le disposizioni al lavoratore in relazione
all'attività lavorativa nel corso della quale avvenne l'infortunio, così
assumendo anche in concreto una posizione di garanzia”.
“E’ sufficiente al riguardo”, ha proseguito la Sez. IV
,
“richiamare il consolidato indirizzo interpretativo di questa Corte secondo cui
‘in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro chiunque, in qualsiasi modo,
abbia assunto posizione di preminenza rispetto ad altri lavoratori, così da
poter loro impartire ordini, istruzioni o direttive sul lavoro da eseguire,
deve essere considerato automaticamente tenuto, ai sensi del Decreto del
Presidente della Repubblica n. 547 del 1955, articolo 4 ad attuare le
prescritte misure di sicurezza e a disporre e ad esigere che esse siano
rispettate, a nulla rilevando che vi siano altri soggetti contemporaneamente
gravati dallo stesso obbligo per un diverso e autonomo titolo" (in
termini, ‘ex plurimis’, Sez. 4, 19 febbraio 1998, n. 3948)”.
Per quanto riguarda poi l'
assunto difensivo secondo cui sarebbe
stato onere del lavoratore, quale gruista, valutare l'opportunità di effettuare
la manovra con giudizio autonomo ed indipendente, la Corte di Cassazione ha
fatto presente che in base alle testimonianze acquisite era emerso che il
gruista aveva palesato qualche perplessità ad eseguire la manovra richiestagli
ma che aveva poi dovuto sottostare all'ordine perentorio impartitogli dal RSPP
e che inoltre nel caso in esame non sono stati riscontrati nella condotta del
lavoratore profili di anomalia ed abnormità tali da rendere l'infortunio
riconducibile ad esclusiva colpa del lavoratore stesso.
“
Secondo il consolidato indirizzo interpretativo di questa Corte”,
ha proseguito la Sez. IV, “
le norme sulla
prevenzione degli infortuni hanno la funzione primaria di evitare che si
verifichino eventi lesivi della incolumità fisica, intrinsecamente connaturati
all'esercizio di talune attività lavorative, anche nelle ipotesi in cui
siffatti rischi siano conseguenti ad eventuale disaccortezza, imprudenza e
disattenzione degli operai subordinati" ed ha quindi concluso ricordando che “
se è vero, poi, che destinatari delle norme
di prevenzione, contro gli infortuni sul lavoro, sono non solo i datori di
lavoro, i dirigenti e i preposti, ma anche gli stessi operai, giova ricordare,
tuttavia, che l'inosservanza di dette norme da parte dei datori di lavoro, dei
dirigenti e dei preposti ha valore assorbente rispetto al comportamento
dell'operaio, la cui condotta può assumere rilevanza ai fini penalistici solo
dopo che da parte dei soggetti obbligati siano adempiute le prescrizioni di
loro competenza”.
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