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"Rischio stress: gli strumenti per rilevare la percezione soggettiva"
fonte www.puntosicuro.it / Salute
16/07/2013 - Le indicazioni approvate nel novembre del 2010 dalla Commissione consultiva relative alla
valutazione del rischio stress lavoro correlato (SLC) rappresentano solo il
livello minimo di attuazione dell’obbligo normativo.
Dunque non è preclusa la possibilità di un percorso più articolato e
basato sulle specifiche necessità e complessità delle aziende. Anche con
riferimento a quanto indicato dalla Organizzazione mondiale della
sanità (OMS o WHO, in inglese): la più accurata valutazione dello SLC si ottiene confrontando e integrando i risultati dei metodi osservazionali con la rilevazione della percezione soggettiva dei lavoratori.
Queste sono le premesse di una relazione che è stata presentata al “ Corso di formazione per Medici Competenti: Rischio da stress lavoro correlato” promosso dal SIRS (Servizio Informativo per i Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza) e dall’Ass. Pol. Salute della Regione Emilia-Romagna.
Nell’intervento “
Rischi da stress lavoro correlato.
Principali strumenti di rilevazione della percezione soggettiva”, a cura di
Patrizia Cichella (U.O. PSAL Area Pianura Azienda USL di Bologna) si sottolinea che
una
valutazione approfondita (VA)
dello stress lavoro correlato – benché non possa sostituire la valutazione
preliminare (rilevazione degli eventi sentinella, analisi osservazionale dei
fattori di contesto e di contenuto del lavoro)
- “può essere opportuna in ogni circostanza”.
Ad esempio - con
riferimento anche a quanto segnalato dal Coordinamento
Tecnico Interregionale della Prevenzione nei Luoghi di Lavoro - la valutazione
approfondita è indicata:
- “quando nella
valutazione preliminare vi è incertezza sul livello di rischio da attribuire;
- in caso di forte
disaccordo all’interno del team di valutazione ad es. sull’attribuzione dei
valori degli indicatori oggettivi;
- se non c’è
accordo sugli interventi correttivi da attuare;
- quando vi è
incertezza nella verifica dell’efficacia delle misure correttive
adottate”.
E inoltre:
- “è raccomandabile
procedere alla verifica di efficacia delle azioni correttive pianificate e
attuate entro un anno dalla attivazione anche in caso di particolare
complessità degli interventi;
- in ogni caso, se
entro due anni non si sono evidenziati miglioramenti, è necessario procedere
alla valutazione approfondita (VA);
- la VA va
riservata alle partizioni o ai gruppi omogenei in cui le azioni correttive sono
risultate inefficaci;
- scopo della VA è
quello di meglio definire e individuare, attraverso la partecipazione e il
coinvolgimento diretto dei lavoratori, le azioni correttive;
- è opportuno che
lo strumento scelto possieda dimensioni in grado di studiare le criticità
emerse nella fase preliminare”;
- i dati risultanti
dalla valutazione
preliminare
devono essere integrati con quelli relativi alla percezione soggettiva dei
lavoratori.
Veniamo ad alcuni
strumenti utilizzabili nella valutazione approfondita:
focus group, questionari e interviste semi-strutturate.
Il
focus group è uno “strumento di
indagine psicosociale di natura qualitativa. Si realizza con un’intervista
rivolta ad un gruppo omogeneo di persone per approfondire un tema o particolari
aspetti di un argomento. È finalizzato al raggiungimento di un obiettivo di
miglioramento secondo indicazioni attendibili”.
Generalmente è
guidato da “un moderatore (o meglio da un animatore che conduce la discussione
e un osservatore che esamina le dinamiche di relazione del gruppo) che seguendo
una traccia più o meno strutturata, propone degli ‘stimoli’ ai partecipanti al
fine di stimolare la discussione”.
I partecipanti
devono essere “almeno 6/7 poiché un numero inferiore potrebbe inficiare le dinamiche
di gruppo e non più di 12/13 persone per evitare dinamiche che spesso tendono a
censurare l’intervento delle opinioni contrarie o deboli, non permettendo a
tutti i partecipanti di esprimere al meglio le proprie idee”. Un focus group in
genere dura da un minimo di 60/90 ad un massimo di 120/180 minuti: “è tuttavia
consigliabile pattuire con i partecipanti in via indicativa una durata minima e
una durata massima”.
I
vantaggi del focus group:
- “confronto
diretto con i lavoratori;
- fa emergere gli elementi
di criticità ma anche spunti per le misure di miglioramento;
- strumento
versatile che può essere adattato ad un ampio ventaglio di possibilità;
- l’interazione tra
i partecipanti permette di affrontare direttamente i problemi e approfondirli;
- utile nelle
piccole e medie imprese ma si può adattare anche alle aziende di maggiori
dimensioni (gruppi omogenei)”.
Nelle
interviste semi-strutturate
l’intervistatore non utilizza “domande chiuse”, ad esempio come nell’intervista
classica.
Altre
caratteristiche dell’intervista
semi-strutturata:
- “serie di domande
che seguono una traccia e adeguate al singolo intervistato;
- partecipazione
più attiva dell’intervistato;
- strumento in
grado di far emergere dati più precisi e approfonditi dell’intervista classica;
- permette di
acquisire indicazioni sulle possibili soluzioni delle criticità
riscontrate”.
La relazione si
sofferma anche sullo
strumento dei
questionari, offrendo diverse indicazioni:
- “devono essere
validati;
- devono indagare
lo stato di benessere o di disagio dei lavoratori ma anche l’organizzazione del
lavoro percepita;
- devono essere
dedicati nello specifico all’ambiente lavorativo;
- le dimensioni
indagate devono essere in grado di coprire tutte le criticità emerse nella
valutazione preliminare;
- i questionari
utilizzati per la rilevazione dello stress/ disagio lavorativo a livello
individuale e/o di gruppo, devono essere in grado di rispondere ai più basilari
criteri psicometrici: di validità (misurare effettivamente ciò che si prefigge
di misurare); di affidabilità (ripetitività della misura e capacità di letture
diversificate in base alle differenze individuali dei rispondenti)”. E
devono essere
“provvisti di manuali d’uso e istruzioni per la lettura dei risultati”.
Queste le
garanzie di validità del processo
valutativo:
- “preliminare
informazione dei lavoratori su scopo e modalità di raccolta;
- somministrazione
del questionario privilegiando la compilazione supportata;
- garanzia della
privacy dei lavoratori;
- non
discriminazione dei lavoratori svantaggiati (es. stranieri per problemi
linguistici);
- discussione di un
report finale riportante dati anonimi collettivi con i gruppi interessati e gli
RLS”.
In Italia –
continua la relazione - sono diffusi “numerosi strumenti di valutazione,
ciascuno costruito sulla base di modelli teorici specifici, validati su
campioni diversi e, generalmente, tendenti a privilegiare alcune dimensioni
organizzative rispetto ad altre”.
Per questo motivo è
necessario “scegliere uno
strumento
adeguato agli obiettivi che ci si prefigge”.
La relatrice si
sofferma nel dettaglio su
diversi
strumenti:
-
MOHQ-Questionario Multidimensionale della
Salute Organizzativa (F. Avallone, A. Paplomatas): “utilizzo consigliato
nell’ambito della Pubblica Amministrazione. Consente di
monitorare le dimensioni della salute organizzativa nel contesto lavorativo
evidenziando le aree di maggior benessere e quelle di criticità. Fa quindi
emergere aspetti organizzativi sui quali è auspicabile un intervento di miglioramento
e sviluppo”;
-
ERI-Effort Reward Imbalance (J.
Siegrist): “secondo il modello teorico di Siegrist, lo stress origina dalla
discrepanza tra l’impegno investito nel lavoro e le ricompense, materiali e
immateriali, ricevute dal lavoratore. Parte dal presupposto che un contesto di
lavoro dovrebbe fornire alla persona una ‘ricompensa’ (reward), in termini di
stima, prospettive di carriera, sicurezza lavorativa e stipendio adeguato, in
maniera ‘bilanciata’ rispetto agli sforzi prodotti (effort)”. Il concetto “che
sottintende questo modello teorico sembra maggiormente indicato a cogliere le
condizioni di tensione che si verificano nelle attività intellettuali e
dirigenziali”;
-
JCQ-Job Content Questionnaire (R. A.
Karasek): “il modello teorico di Karasek definisce lo stress lavorativo
percepito (Job Strain) come la relazione tra elevata domanda lavorativa (Job
Demand) e bassa libertà decisionale (Decision Latidune)”;
-
OSI-Occupational Stress Indicator (C.L.
Cooper et al.): “il modello di stress, che è alla base del disegno dell’OSI fa
riferimento all’interazione di quattro elementi chiave: le fonti di stress, le
caratteristiche dell’individuo che può provare l’esperienza di stress, le
strategie di coping (modalità di affrontare lo stress)”, gli effetti dello
stress a livello individuale e organizzativo. Lo strumento “prevede
l’autosomministrazione collettiva ma permette anche l’elaborazione individuale
dei dati dei singoli partecipanti”. È l’unico strumento “che tiene conto
dell’interfaccia famiglia/lavoro oltre alle strategie di coping”.
La relazione, che
vi invitiamo a leggere integralmente, presenta inoltre il documento Inail “ Valutazione e
gestione del rischio da stress lavoro-correlato. Manuale ad uso delle aziende
in attuazione del D.Lgs. 81/08 e s.m.i.”, un documento che è una proposta di
“percorso metodologico integrato per la valutazione del rischio SLC, valido sia
in ambito pubblico che privato”.
Infine vengono
riportati i dati relativi ad un indagine sui rischi da SLC in tre call center
di Bologna, dati che evidenziano “una realtà piuttosto positiva se paragonata a
quanto emerge dall’analisi di alcuni recenti studi inerenti le condizioni
lavorative nei call center”.
“ Rischi
da stress lavoro correlato. Principali strumenti di rilevazione della
percezione soggettiva”,
a cura di Patrizia Cichella (U.O. PSAL Area Pianura Azienda USL di Bologna),
intervento al “Corso di formazione per Medici Competenti: Rischio da stress
lavoro correlato” (formato PDF, 2.38 MB).
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