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"L’adozione dei modelli organizzativi dopo la contestazione dell’illecito"

fonte www.puntosicuro.it / Normativa

26/07/2013 - Le  misure cautelari previste dagli articoli 45 e ss. del  D. Lgs. n. 231/2001  possono essere sospese (art. 49) ovvero revocate (art. 50) quando ricorrono congiuntamente le condizioni di cui all'art. 17, tra cui rientra [cfr. lettera b)] anche l'eliminazione, successivamente alla contestazione dell'illecito ma comunque entro la dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, delle carenze organizzative che hanno determinato il reato  mediante l'adozione e l'attuazione di un modello di organizzazione, gestione e controllo idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi.
 
Tuttavia, in tale situazione, affinché tale modello  ex post possa dirsi idoneo a scongiurare la commissione di reati della stessa specie di quello verificatosi, occorre formulare una valutazione, non in termini esclusivamente prognostici ed ipotetici, ma che tenga conto del dato fattuale desumibile dalla prospettazione accusatoria.
 
In particolare, prendendo spunto da quanto emerso in sede giurisprudenziale (cfr. G.I.P. presso Tribunale di Roma, ordinanza in data 04.04.2003), la polizia giudiziaria, laddove sia attivata nel merito dall'Autorità giudiziaria (A.G.) procedente, dovrà indirizzare la propria attività in modo tale da verificare che “ i protocolli rivolti a procedimentalizzare la formazione e l’attuazione delle decisioni dell’ente ove vengano adottati non in funzione di prevenzione del rischio [e quindi in via preventiva, a norma dell’art. 6] ma successivamente al verificarsi dell’illecito … (tengano,  ndr)  conto nel concreto della situazione che ha favorito la commissione dell’illecito così da eliminare le carenze organizzative che hanno determinato il reato. … Conseguentemente, in siffatta ipotesi, il contenuto programmatico dell’attività dell’ente, specificato nei modelli … dovrà essere mirato e  calibrato espressamente sulle carenze organizzative che hanno favorito la commissione del reato”.

Le indicazioni fornite dal legislatore nell'art. 6 hanno indubbia valenza anche in relazione ai modelli organizzativi previsti dall'art. 17, ma con una fondamentale differenza: “la valutazione circa l'idoneità del modello organizzativo adottato ex post, andrà fatta non sulla base di semplici prognostiche valutazioni potenziali, ma alla luce di una ben più dettagliata analisi anche “storica”, che tenga conto delle specifiche caratteristiche di fatto che hanno accompagnato la maturazione e il compimento concreto dell'illecito, perché implicante specifici interventi calibrati e mirati sulle carenze organizzative evidenziatesi” [Circolare della Guardia di Finanza n. 83607/2012].
 
Il modello confezionato post factum ai fini della sospensione della misura “non necessariamente dovrà essere strutturalmente diverso da quello eventualmente già predisposto dall'ente ante factum, essendo richiesto, invece, che sia idoneo a ridurre l'area di rischio” [Circolare della Guardia di Finanza n. 83607/2012]. Se senza dubbio la commissione dell'illecito può aver evidenziato l'inadeguatezza del modello precedentemente adottato, non necessariamente la sua efficacia è stata compromessa, potendo lo stesso illecito essere stato agevolato da una cattiva attuazione del modello medesimo e non già da suoi limiti strutturali (G.I.P. presso il Tribunale di Milano, ordinanza in data 20.9.2004).
 
Pertanto, se i modelli organizzativi predisposti ex ante possono legittimamente fondarsi sul criterio di minimizzazione del rischio, quelli adottati successivamente “ dovranno risultare maggiormente incisivi in termini di efficacia dissuasiva e dovranno valutare (ed eliminare, ndr) in concreto le carenze dell’apparato organizzativo e operativo dell’ente, che hanno favorito la perpetrazione dell’illecito” (G.I.P., Sez. XXXIII, presso il Tribunale di Napoli, ordinanza in data 26.06.2007).
 
Infine, occorre sottolineare che l' adozione di un modello organizzativo successiva alla contestazione dell’illecito è rilevante, come già evidenziato in precedenza, anche ai fini della riduzione delle sanzioni pecuniarie (cfr. art. 12, comma 2).
 
Nel caso invece della sentenza Trib. Trani (sez. Molfetta, sentenza 26 ottobre 2009), l'adozione tardiva del modello 231 per quanto riguarda i  reati della medesima specie per la quale si procede si è dimostrata del tutto inutile ed infruttuosa, perché neppure a posteriori la società in difetto è riuscita ad ovviare alle proprie carenze organizzative: “Occorre ora fissare l'attenzione sul modello organizzativo che la Fs Logistica-B.U. Cargo Chemical s.p.a. spa ha adottato con la delibera del 18.3.2009 del Consiglio di Amministrazione.
Si deve comprendere quali riverberi possa avere tale atto sulla responsabilità "amministrativa" della medesima società.
E' evidente che la sottoposizione di tale modello è stata effettuata in dibattimento per conseguire solo una riduzione di sanzione, dato che l'adozione è avvenuta in data posteriore alle condotte contestate.
Peraltro dal verbale del Consiglio di Amministrazione del 19.3.2008 (pure depositato dalla difesa della società) risulta che era sorta l'urgenza di dare corso alle attività di predisposizione del modello, ciò evidentemente perché era da poco accaduto l'incidente della Truck Center e si avvertiva già la necessità di approntare il documento in tempi brevi per cercare di circoscrivere gli effetti delle proprie responsabilità "amministrative".
La … spa aveva un proprio modello organizzativo adottato con delibera del 28.2.2007.
E' chiaro che tale modello non potesse abbracciare i reati di cui all'art. 25-septies del DLG n. 231, dal momento che siffatta disposizione fu introdotta solo dalla legge n. 123 del 03.8.2007.
La… spa in data 24.4.2007 incorporò la …, che divenne una sua divisione interna.
Dal 3.10.2007 la … spa assunse la denominazione di Fs Logistica-B.U. Cargo Chemical s.p.a..
Il nodo centrale dell'esame verte allora sulle espressioni usate dal legislatore nell'art. 6 comma primo lettera a) e nell'art. 12 comma secondo lettera b) del D.Lgs. n. 231/01.
In entrambi i passaggi esplicativi si stabilisce limpidamente che l'organo dirigente deve adottare ed efficacemente attuare modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi.
Le fasi di studio attengono principalmente alla predeterminazione dei beni oggetto della tutela giuridica, all'orientamento delle condotte individuali nella direzione della eliminazione del rischio di lesione dei singoli beni protetti ed alla concreta efficacia delle contromisure prescelte. Il compito del giudice non è ovviamente solo quello di prendere atto dell'esistenza di un modello o della sua rispondenza ai codici di comportamento, redatti dalle associazioni rappresentative degli enti ed esaminati dalle autorità pubbliche.
Senza che si possa così giungere a denunciare una intrusione nelle dinamiche interne della società, il giudice deve valutarne in primo luogo l'idoneità, accertando se l'analisi dei rischi sia stata integrale, se le procedure tracciate spieghino la loro utilità sul piano preventivo e se il sistema sia caratterizzato dai meccanismi correttivi, affidati ad un organismo di controllo munito anche di poteri disciplinari efficaci. Il reale pericolo, manifestato chiaramente nelle relazione al decreto legislativo ed anche da autorevoli posizioni dottrinarie, è infatti che il modello organizzativo e gestionale divenga una "operazione di mera facciata", priva di reale efficacia preventiva.
Occorre evitare che il chiaro proposito della legge, che è di ottenere una reale vocazione preventiva dei modelli per minimizzare il rischio di reato nelle organizzazioni a struttura complessa, sia vanificato perché in sostanza interpretato come un rituale di portata meramente burocratica.
Una volta stabilito che il modello adottato sia effettivamente idoneo, la valutazione deve essere spostata sulla fase della implementazione, ossia della attuazione e della verifica della sua concreta efficacia,
Ebbene, leggendo le pagine, a partire da quella n. 76, che si occupano dei reati di cui all'art. 25 septies nel modello adottato dalla Fs Logistica-B.U. Cargo Chemical s.p.a., si apprezza una gravissima lacuna, che attiene proprio a situazioni di rischio come quella verificatasi nella vicenda penale in discussione. Il sistema predisposto nel documento non prende in considerazione i rischi derivanti dai contatti che la società può avere seguendo le stesse modalità decisionali ed esecutive che hanno portato alla verificazione degli eventi letali nel caso in esame.
L'impianto del modello non considera che, allorquando non siano coinvolti soggetti dipendenti della Fs Logistica-B.U. Cargo Chemical s.p.a., sia necessario adottare in ogni modo cautele e regole per evitare che dipendenti di terzi possano subire lesioni o perdere la vita per infrazioni commesse dai loro datori di lavoro nel movimentare, nel gestire o nel trattare mezzi di trasporto contenenti sostanze pericolose, anche se rimaste in via residuale, gestite dalla stessa società di trasporto.
E' chiaro che il controllo dei rischi non può esaurirsi nell'ambito della struttura organizzativa ed aziendale della società in questione, ma deve essere esteso anche all'osservanza delle medesime regole da parte dei soggetti che entrano, direttamente o indirettamente, in contatto con le sostanze chimiche, detenute proprio nei mezzi di trasporto gestiti dalla Fs Logistica-B.U. Cargo Chemical s.p.a..
L'anello debole della catena operativa che ha portato agli eventi tragici non è chiaramente analizzato e di conseguenza la fragilità del sistema manifestatasi in tutta evidenza nel caso in esame non è stata scardinata debitamente nel modello presente in atti.
Nella fattispecie che ci occupa, infatti, l'inosservanza delle regole, tecniche e sociali, di tipo antinfortunistico presso la Truck Center si è sovrapposta alle responsabilità colpose degli operatori della Fs Logistica-B.U. Cargo Chemical s.p.a., che hanno permesso l'affidamento del pericoloso lavoro a quella inidonea società per il tramite della ... di ... .
Vista l'impostazione del depositato modello organizzativo e gestionale verso uno schema essenzialmente ed esclusivamente diretto a prevenire infortuni dei propri dipendenti o di soggetti presenti nel proprio ambiente, deve constatarsi che nel medesimo atto non sia stata prevista alcuna specifica procedura per assicurare il passaggio di informazioni sui rischi dei prodotti pericolosi nelle relazioni commerciali con altre società che potrebbero essere chiamate, anche per il tramite di altri affidatati, ad operare servizi di qualunque genere nell'interesse della medesima società.
Non risulta attivata alcuna procedura standard di tipo decisionale per una corretta individuazione di soggetti giuridici esterni in grado di assicurare, sul piano negoziale, imprenditoriale e legale, tutti i tipi di servizi nel settore specialistico della chimica, al fine di evitare pregiudizi ai dipendenti di tali terzi in luoghi di lavoro non direttamente controllati dalla Fs Logistica-B.U. Cargo Chemical s.p.a..  Non consta nemmeno la basilare previsione di protocolli operativi atti a garantire una attività di controllo preventivo dell'esistenza dei presidi antinfortunistici e del loro corretto uso negli impianti aziendali di terzi, i cui dipendenti possono essere sollecitati a prestare attività rischiose a favore della Fs Logistica-B.U. Cargo Chemical s.p.a. nel settore chimico.
Non risulta neanche la previsione di strumenti atti a garantire simili risultati di generale sicurezza sul lavoro, ad esempio con l'obbligo di inserimento di clausole contenenti sanzioni contrattuali a carico di terzi che potrebbero essere inadempienti rispetto agli obiettivi comuni prefissi oppure con l'adozione negoziale di poteri ispettivi sull'andamento delle attività nelle aziende esterne, onde verificare direttamente l'osservanza delle norme di prevenzione, specificamente concernenti il lavoro affidato.
Difettano, per un verso, una specifica responsabilizzazione per tali importanti profili e, per altro verso, l'identificazione puntuale dei soggetti deputati al rispetto di regole precauzionali e dunque assoggettabili a sanzioni disciplinari da parte dell'organismo di vigilanza.
Non appare ultroneo (superfluo) osservare che la particolare posizione della Fs Logistica-B.U. Cargo Chemical s.p.a. nel settore chimico nazionale imponeva una trattazione approfondita dei temi della prevenzione sul lavoro, dovendosi segnalare che al contenuto tipico di un modello organizzativo e gestionale, finalizzato alla prevenzione del rischio generico, doveva essere affiancata la disamina della gestione del rischio specifico legato al peculiare ramo sensibile d'impresa.
Ciò deve avvenire soprattutto, come accaduto nella specie, allorquando il modello venga adottato sulla base di una esperienza negativa che ha messo in luce le larghe maglie esistenti nella tutela dei beni giuridici in esame.
Da quanto esposto discende l' inidoneità del depositato modello organizzativo e gestionale a prevenire reati della stessa origine di quelli per cui si procede.
Non occorre soffermarsi dunque sulla efficacia del sistema disciplinare, atteso che ogni valutazione al riguardo, peraltro di fatto non consentita al giudicante perché gli allegati del modello non sono stati prodotti (incluso l'allegato 5 inerente proprio al sistema disciplinare), risulta assorbita interamente dal primo profilo esaminato; tanto ha reso superflua una richiesta del giudicante volta a sollecitare l'integrazione della produzione difensiva per l'ulteriore profilo.
La Fs Logistica-B.U. Cargo Chemical s.p.a. spa non può ottenere pertanto la riduzione della sanzione pecuniaria prevista quale conseguenza giuridica della sua responsabilità”.
 

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