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"Inail: il rischio biologico da endotossine aerodisperse"
fonte www.puntosicuro.it / Salute
17/09/2013 - Il Dipartimento Igiene del Lavoro dell’Inail ha pubblicato diversi documenti di semplice consultazione, i
factsheet, per sensibilizzare lavoratori e aziende sul tema degli effetti correlati all’ inalazione di inquinanti biologici, con particolare riferimento all’ esposizione a legionella. E si è soffermato anche su uno dei rischi biologici che l’Agenzia Europea per la Sicurezza e la Salute sul Lavoro ( OSHA-EU) considera, dopo una specifica indagine sul tema, uno dei
principali rischi emergenti nel mondo del lavoro: il rischio correlato all’
esposizione a endotossine.
Tale esposizione è considerata come
uno dei primi 10 rischi biologici emergenti principalmente per
due ragioni:
- ampliamento della popolazione a rischio: elevate concentrazioni di endotossine sono state riscontrate anche in ambienti indoor adibiti ad uso ufficio,
scuole ed abitazioni private, a seguito della contaminazione dei
sistemi di ventilazione ed umidificatori da parte di batteri
gram-negativi;
- recentemente sono stati segnalati effetti clinici più severi
(bronchiti croniche, allergie, crisi asmatiche, sindrome da polvere
organica tossica, shock settico e insufficienza di alcuni organi).
Questo è quanto riportato sul
factsheet del Dipartimento Igiene del
Lavoro dell’Inail dal titolo “
Esposizione
occupazionale ad endotossine aerodisperse: un rischio biologico emergente”.
Semplificando si potrebbero
definire le
endotossine come dei
composti tossici che si sviluppano all’interno di batteri. Più precisamente,
usando la definizione utilizzata dall’Inail, si possono definire come
“componenti integrali della membrana esterna dei batteri gram-negativi
(Enterobacteriaceae, Pseudomonadaceae e Rhodospirillaceae)”. Sono
“lipopolisaccaridi (LPS) costituiti da una catena polisaccaridica variabile che
fornisce la specificità sierologica ai diversi siero-tipi di gramnegativi
(immunogenicità), da una regione polisaccaridica strutturalmente simile tra le
varie specie batteriche (core region) e da regione glicolipidica altamente
conservata (lipide A), responsabile della tossicità del complesso”. Le
endotossine vengono rilasciate in piccole quantità nell’ambiente “durante la normale
crescita batterica ma, nella maggioranza dei casi, vi rimangono associate fino
alla morte del microrganismo (lisi) e per tale ragione risultano essere
frequenti contaminanti ambientali”.
Quali sono gli effetti sulla salute?
Come riscontrato anche dalle
indagini dell’OSHA-EU le endotossine “giocano un ruolo importante nello
sviluppo di patologie
respiratorie correlate alla presenza di polveri organiche nell’ambiente
lavorativo. La loro inalazione può indurre reazioni infiammatorie e tossiche
causando febbre, alterazioni cardio-vascolari e, soprattutto, alterazioni delle
funzioni polmonari con conseguenti complicanze respiratorie quali tosse,
respiro affannoso e insufficienza toracica”. Senza dimenticare che
un’esposizione prolungata può anche determinare una “diminuzione cronica delle
funzioni polmonari”.
Quali sono le attività a maggior rischio?
L’esposizione ad endotossine è
comune in diversi settori occupazionali, ma risulta maggiore negli ambienti
lavorativi dove “la manipolazione di materiale organico contribuisce, in
maniera marcata, allo sviluppo di polveri organiche di cui le endotossine
risultano essere una componente biologicamente attiva”.
Ad esempio il rischio correlato
all’esposizione a endotossine è generalmente più elevato in questi luoghi di
lavoro:
- “industrie agricole e
zootecniche;
- industrie tessili;
- impianti di macellazione;
- impianti di trattamento di
acque reflue, rifiuti
solidi urbani e rifiuti vegetali;
- falegnamerie”.
Purtroppo “attualmente
non sono disponibili procedure
standardizzate ed universalmente riconosciute in merito alla misurazione
delle endotossine ambientali”. Tuttavia l’European Committee for
Standardization (CEN) ha elaborato “specifiche linee guida che, pur fornendo
indicazioni importanti, lasciano spazio per alcuni aspetti a libere
interpretazioni individuali”.
La
metodica di campionamento “prevede il prelievo, durante l’attività
lavorativa, della frazione inalabile di bioaerosol (taglio particellare 100μm)
su membrane filtranti utilizzando pompe di aspirazione e frazionatori di
particelle posizionati in prossimità dell’area respiratoria del lavoratore
(naso-bocca)”. E la “rilevazione quali-quantitativa viene comunemente
effettuata mediante LAL test”, un test normalmente utilizzato per il
rilevamento di endotossine e che si basa sull’attivazione di un enzima della
coagulazione presente nel lisato dell’emolinfa del
Limulus poliphemus, un artropode chelicerato. Tale metodica –
continua il factsheet - è “suscettibile, tuttavia, a fenomeni di inibizione e/o
attivazione da parte di peptidoglicani (altri componenti della parete
batterica) e ß-glucani (di origine fungina) che possono interferire con la
reazione enzimatica del LAL”. In questo senso vi sono
metodiche analitiche alternative che “si sono rivelate in grado di
determinare la presenza degli acidi grassi ß-idrossilati del lipide A, quali
indicatori ambientali di esposizione ad
endotossine, anche a bassi dosi”.
Oltre a non essere disponibili
procedure standardizzate riconosciute per misurare le endotossine,
non sono ad oggi ancora disponibili limiti
di esposizione internazionalmente riconosciuti, ma solo “valori indicativi
citati in letteratura poiché causa di effetti sulla salute dei lavoratori”.
Il DECOS (Dutch Expert Committee
on Occupational Health Standard) ha “recentemente proposto un limite di
esposizione pari a 90 EU/m3 (unità di endotossine/metro cubo di aria
campionata, ndr) nelle 8 ore lavorative”. Infatti concentrazioni superiori a
100 EU/m3 “possono determinare infiammazioni delle vie aeree, mentre
concentrazioni superiori a 1.000 EU/m3 sono in grado di provocare
effetti sanitari acuti con sintomi respiratori e sistemici (ODTS - Organic Dust
Toxic Syndrome)”.
Il factsheet fornisce infine
alcune
misure di prevenzione e controllo.
L’esposizione ad endotossine
aerodisperse “è un evento strettamente connesso con la tipologia lavorativa”.
Tuttavia alcune misure di prevenzione e controllo “possono essere messe in atto
per ridurne significativamente il livello di esposizione, soprattutto in
ambienti confinati (indoor):
- misure igieniche generali (es.
accurata igiene delle mani);
- misure specifiche: manutenzione
periodica degli impianti di trattamento aria, adeguato sistema di filtrazione,
idoneo ricambio aria dei locali e di aspirazione dell’aria esausta, sistemi di
aspirazione localizzati in punti ‘critici’;
- misure organizzative:
riduzione, ove possibile, dei tempi di permanenza in aree ad alto rischio di
esposizione;
- adozione di mezzi di protezione
individuale delle vie respiratorie (facciali filtranti);
- informazione e formazione del
personale addetto”.
Dipartimento Igiene del Lavoro
dell’INAIL, “ Esposizione occupazionale ad endotossine aerodisperse: un
rischio biologico emergente”, factsheet, edizione 2012 (formato PDF, 2.24
MB).
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a endotossine”.
RTM
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