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"Mobbing: le responsabilità organizzative"
fonte wwwpuntosicuro.it / Responsabilità sociale
10/01/2014 -
E’ fondamentale rendersi conto
che il Mobbing
è un sintomo, cioè la manifestazione di un conflitto tra individui all’interno
delle organizzazioni; tuttavia questa interpretazione può impedire di cercare
altre possibili cause. E’ dunque di primaria importanza considerare anche gli
aspetti organizzativi dell’azienda.
Una distinzione importante da
fare, ma non sempre attuabile, consiste nell’individuare dove finisce una
gestione manageriale rigida e dove inizia il Mobbing. C’è una discrepanza tra come
le organizzazioni descrivono la loro gestione e cosa effettivamente fanno. In
alcune aziende con elevata competizione interna e forte pressione per
raggiungere i risultati, ed in cui predominano modalità relazionali basate
sull’aggressività, alcuni tipi di comportamento, assimilabili al Mobbing,
vengono accettati dai membri del gruppo lavorativo. Inoltre in altre aziende
vengono tollerati comportamenti normalmente inaccettabili se questi vengono
messi
in atto da persone che occupano
una certa posizione gerarchica al suo interno.
Le cause per cui il Mobbing
può nascere e svilupparsi, anche in un ambiente di lavoro precedentemente
alieno da qualsiasi fenomeno aggressivo costituiscono una materia affascinante
e di importanza cruciale per la comprensione e prevenzione di questo processo.
Il Mobbing può essere
intenzionalmente perseguito dall’azienda datrice di lavoro come strategia
specifica di gestione del personale; tuttavia, nella maggior parte dei casi
esso è causato da colleghi, da capi o da sottoposti per svariate ragioni,
dall’ambizione, alla gelosia,
alla semplice antipatia
personale. In questi casi, il Mobbing si sviluppa completamente all’oscuro
della Direzione aziendale.
Quando il Mobbing è una strategia
d’azione dell’azienda si parla di “Bossing”.
Il Bossing
è una forma di terrorismo psicologico che viene programmato dall’azienda stessa
o dai vertici dirigenziali ai danni di dipendenti divenuti in qualche modo ,
che si vuole eliminare. Il Mobbing dunque si trasforma in una vera e propria
politica aziendale, assumendo caratteri di normalità e di ineluttabilità. Il
dott. Harald Ege nel suo ultimo libro dà la seguente definizione:
“Il Bossing è un tipo di Mobbing
politico in cui la linea politica del mobber coincide con quella aziendale e in
cui il mobber può essere considerato l’organizzazione stessa, il datore di
lavoro o comunque i vertici aziendali in genere”.
Ci sono aziende che perseguono
deliberatamente una politica di Bossing per terrorizzare i dipendenti ed indurli
così ad accettare lavori umilianti, ritmi particolarmente sostenuti o paghe
irrisorie. Altre volte il Bossing viene utilizzato come una vera e propria
strategia di riduzione del personale: si semina il panico e si crea
appositamente un clima
organizzativo pessimo, in modo da spingere i dipendenti alle dimissioni.
“Il Mobbing si dice politico
quando è usato dal mobber per perseguire uno scopo preciso. In
questo senso il Mobbing è una
continuazione della sua linea politica con altri mezzi”. (Ege 2001)
Il Bossing può attuarsi in modi
diversi, ma tutti tendono alla creazione, attorno alla persona
da eliminare, di un clima
insopportabile: atteggiamenti severi, minacce, rimproveri, a volte
anche sabotaggi venuti dall’alto,
difficilmente dimostrabili.
Quasi sempre si gioca ad ogni
livello possibile: si tratta di una vera e propria ricerca finalizzata a
distruggere i dipendenti (o un dipendente specifico). Spesso anche un semplice ed
insignificante errore di distrazione commesso nella compilazione di un modulo
può diventare per il datore di lavoro uno strumento di persecuzione e di
accusa. Siamo di fronte a programmi normalmente difficili da capire, in cui più
o meno tutto è permesso: il mobber, l’aggressore, è l’azienda stessa che,
evidentemente, ha il coltello dalla parte del manico.
Altre volte l’azienda non ha
nemmeno bisogno di ricorrere a mezzi estremi: è sufficiente già togliere al
dipendente scomodo i suoi status-simbol così duramente guadagnati (la macchina
dell’azienda, il telefono
cellulare, etc.), oppure affidargli di punto in bianco dei lavori in cui egli
si trovi non soltanto degradato e dequalificato, ma anche privato di qualsiasi opportunità
di compiere qualcosa di costruttivo.
Ci sono addirittura delle aziende
che giocano si può dire “a carte scoperte”, attuando veri e propri ricatti nei
confronti dei dipendenti da eliminare del tipo: ”Se Lei non vuole andarsene,
allora da oggi in poi può occuparsi dell’archivio, o del magazzino”. Senza parlare
di tutta la serie delle transazioni che possono essere proposte al dipendente
(il più delle volte senza che egli abbia effettivamente nessuna scelta),
giocando sulla sua necessità di mantenere in qualche modo il suo posto di
lavoro.
Il Bossing esiste ed è
documentato in tutta Europa; in Italia trova più che mai condizioni favorevoli
per prosperare grazie alla crisi latente e continuativa che causa
necessariamente un elevato livello di disoccupazione e, conseguentemente,
un’altissima paura da parte dei lavoratori di perdere il proprio posto. In
questa situazione la pressione che il datore di lavoro
ha la possibilità di esercitare
sul dipendente con la minaccia del licenziamento diventa facilmente uno
strumento di Bossing, o Mobbing pianificato.
La facilità con cui sempre più
ditte ricorrono a questi mezzi poco ortodossi per operare rivoluzioni nel
proprio personale è impressionante e direttamente collegata al clima di crisi economica
in cui il mondo industrializzato si dibatte ormai da anni. Tuttavia, chi
pratica il Bossing evidentemente non conosce, o non si rende conto, delle
conseguenze deleterie che alla lunga potrebbero rivelarsi.
Tratto da “ Il Mobbing - Dispensa per il corso di Psicologia di Comunità
a.a. 2007/08 dell’Università degli Studi “G. D’Annunzio” di Chieti e
Pescara - a cura di Graziana Mazzotta” (formato PDF, 380 kB).
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