News
"Appalto interno: le responsabilità dell’amministratore condominiale"
fonte www.puntosicuro.it / Normativa
20/01/2014 -
Commento.
Con riferimento al caso di un
amministratore condominiale,
condannato dal Tribunale per non avere adempiuto agli obblighi posti a
carico del committente di cui all’art. 26 del D. Lgs. n. 81/2008 e
s.m.i. relativo alla sicurezza nei lavori affidati in appalto o con
contratto d’opera nell’ambito della propria azienda e che ha fatto
ricorso alla Corte di Cassazione, quest’ultima ha messo in evidenza che
il giudice di merito avrebbe dovuto considerare che l’imputato aveva
agito nella peculiare qualità di amministratore di un condominio e
che l’appalto dei lavori da eseguire nell’ambito del condominio era
stato deciso ed assegnato mediante una delibera dell’assemblea
condominiale alla quale l’amministratore stesso era vincolato ed alla
quale era tenuto a dare concreta attuazione. La suprema Corte pertanto
ha ritenuto di annullare la sentenza con rinvio degli atti al Tribunale
di provenienza affinché rivedesse la posizione dell’imputato e valutasse
sia la effettiva autonomia della quale disponeva che i poteri
decisionali allo stesso concretamente attribuiti.
Non si ritiene di condividere in verità questa volta un paio di
considerazioni che hanno portato la suprema Corte ad annullare la
sentenza del Tribunale. La prima riguarda l’applicazione del citato art.
26 del D. Lgs. n. 81/2008 e s.m.i. che ha fissato degli obblighi non a
carico di qualsiasi committente ma di un committente che è anche datore
di lavoro di un’azienda all’interno della quale devono essere eseguiti i
lavori affidati in appalto e l’altra riguardante la individuazione
della figura del committente in un condominio che, così come anche
sostenuto dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali nella
circolare n. 28 del 5/3/1997 e rispondendo ad alcuni quesiti formulati
in data 19/4/2010 dall’ANACI, è da individuare, indipendentemente da
altri fattori, nell’amministratore condominiale in qualità di
rappresentante del condominio medesimo.
Il caso ed il
ricorso in Cassazione.
Il Tribunale ha condannato un amministratore condominiale
alla pena dell'ammenda ritenendolo responsabile del reato di cui agli artt. 26,
comma 1, lett a) e b) del D. Lgs. n. 81/2008, per avere nella qualità affidato
i lavori di abbattimento di
una pianta di rilevanti dimensioni ubicata
all'interno del giardino condominiale senza verificare l'idoneità tecnico
professionale della ditta appaltatrice e per non avere verificato detta
idoneità, anche mediante l'acquisizione di autocertificazione, in relazione
alla pregressa esperienza lavorativa acquisita ed in relazione alla
disponibilità dei dipendenti e di idonee attrezzature da lavoro nonché per non
aver fornito ai soggetti incaricati dell'esecuzione dell'intervento dettagliate
informazioni sui rischi specifici esistenti nell'ambiente in cui erano chiamati
ad operare e sulle misure di prevenzione ed emergenza adottate dal condominio e
responsabile altresì del reato di cui agli artt. 26 comma 2, lett. a) e b)
dello stesso D. Lgs. n. 81/2008 per avere, nelle medesime qualità, omesso di
provvedere a cooperare con il datore dell’impresa appaltatrice all'attuazione
delle misure di prevenzione e protezione dei rischi sul lavoro incidenti
sull'attività lavorativa oggetto dell'appalto e per avere omesso altresì di
coordinare, attraverso la reciproca informazione, gli interventi di protezione
e prevenzione dai rischi
dovuti alle interferenze tra i lavoratori
coinvolti nell'esecuzione dell'opera appaltata.
Avverso la sentenza di condanna inflitta dal Tribunale
l’amministratore condominiale ha proposto
ricorso
per cassazione adducendo come primo motivo la violazione di legge ponendo
in evidenza di non aver mai preso parte all'esecuzione delle opere né di
essersi in alcun modo ingerito nell'organizzazione, nella direzione e
nell'esecuzione delle stesse, agendo pertanto quale mero committente che ha
concesso l'appalto alla società che poi ha materialmente provveduto,
avvalendosi di terzi, all'abbattimento della pianta senza pertanto assumere la
posizione di «datore di lavoro» erroneamente attribuitagli dal Tribunale. Lo
stesso ha aggiunto che il ruolo da esso svolto non coincideva con la
definizione di «datore di lavoro» di cui all'art. 2 del D. Lgs. 81/2008, che
non poteva neppure aver assunto per il fatto che dal condominio dallo stesso amministrato
dipendesse un portiere che il giudice del merito, attraverso una mera
presunzione, aveva ritenuto un partecipante attivo all'intervento appaltato.
Con un secondo motivo di ricorso l’amministratore
condominiale ha lamentato il vizio di motivazione rilevando che le
considerazioni svolte dal giudice del merito sarebbero risultate illogiche in
quanto frutto di una erronea lettura delle disposizioni applicate e per
avere il Tribunale attribuitogli l'inosservanza di obblighi antinfortunistici
nonostante il suo ruolo di mero committente.
Le decisioni
della Corte di Cassazione.
Il ricorso è stato ritenuto dalla Corte di Cassazione
fondato. La stessa ha ricordato che l’art. 26, comma 1, lett. a) e b) del D.
Lgs. n. 81/2008, prevede specifici obblighi connessi ai contratti
di appalto e prevede, in particolare, quello più
attinente al procedimento in esame, l'obbligo di verifica dell'idoneità tecnico
professionale dell'impresa appaltatrice in relazione ai lavori da affidare
mediante acquisizione del certificato di iscrizione alla camera di commercio,
industria e artigianato e mediante l’acquisizione dell'autocertifìcazione da
parte dell'impresa appaltatrice del possesso dei requisiti di idoneità tecnico
professionale nonché l’obbligo di fornire agli
incaricati dell'esecuzione dei lavori le informazioni sugli specifici rischi
esistenti nell'ambiente di lavoro e sulle misure dei prevenzione e di emergenza
adottate in relazione alla propria attività.
Ha posto inoltre in evidenza la suprema Corte che il comma 2 dello stesso articolo 26 ha stabilito ulteriormente, nelle lettere a) e b). che i datori di lavoro, ivi compresi i subappaltatori, devono cooperare all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull'attività lavorativa oggetto dell'appalto e devono coordinare gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori, informandosi reciprocamente anche al fine di eliminare rischi dovuti alle interferenze che possono correre tutti i lavoratori coinvolti nell'esecuzione dell'opera complessiva.
Ha posto inoltre in evidenza la suprema Corte che il comma 2 dello stesso articolo 26 ha stabilito ulteriormente, nelle lettere a) e b). che i datori di lavoro, ivi compresi i subappaltatori, devono cooperare all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull'attività lavorativa oggetto dell'appalto e devono coordinare gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori, informandosi reciprocamente anche al fine di eliminare rischi dovuti alle interferenze che possono correre tutti i lavoratori coinvolti nell'esecuzione dell'opera complessiva.
E proprio l'inosservanza di tali disposizioni che è stata
contestata all’imputato il quale, tuttavia, pur non contestando la natura del
rapporto intervenuto con la ditta appaltatrice, ha negata la propria responsabilità
affermando di non aver avuto alcuna ingerenza nell'esecuzione dei lavori e di
non poter essere considerato «datore di lavoro» ai sensi dell'art. 2 del
medesimo D Lgs.
Secondo quanto sostenuto dalla Sez. III “il committente, nell'affidare i lavori all'appaltatore, non è automaticamente esonerato dell'osservare le norme di sicurezza che avrebbe necessariamente dovuto applicare in caso di diretta esecuzione dell'intervento, continuando a gravare anche sulla sua persona, seppure entro certi limiti, il debito di sicurezza verso i lavoratori impegnati nell'esecuzione delle opere appaltate” e la circostanza della non ingerenza non aveva avuto nessun valore poiché l'oggetto dell'imputazione aveva riguardato l'inosservanza di doveri che esulano dalle concrete modalità di esecuzione dell'intervento quali i doveri di informazione e cooperazione propri di colui che affida i lavori in appalto.
Secondo quanto sostenuto dalla Sez. III “il committente, nell'affidare i lavori all'appaltatore, non è automaticamente esonerato dell'osservare le norme di sicurezza che avrebbe necessariamente dovuto applicare in caso di diretta esecuzione dell'intervento, continuando a gravare anche sulla sua persona, seppure entro certi limiti, il debito di sicurezza verso i lavoratori impegnati nell'esecuzione delle opere appaltate” e la circostanza della non ingerenza non aveva avuto nessun valore poiché l'oggetto dell'imputazione aveva riguardato l'inosservanza di doveri che esulano dalle concrete modalità di esecuzione dell'intervento quali i doveri di informazione e cooperazione propri di colui che affida i lavori in appalto.
In altre parole ha proseguito la suprema Corte “è pacifico
che, in base alla richiamata disciplina, l'amministratore di un condominio
assuma la posizione di garanzia propria del datore di lavoro nel caso in cui
proceda direttamente all'organizzazione e direzione di lavori da eseguirsi
nell'interesse del condominio stesso ma, in caso di affidamento in appalto di
dette opere, tale evenienza non lo esonera completamente da qualsivoglia
obbligo, ben potendo egli assumere, in determinate circostanze, la posizione di
committente ed essere, come tale, tenuto quanto meno all'osservanza di ciò che
è stabilito dall'art. 26 d.lgs. 81\2008”.
In merito poi alla contestazione fatta all’amministratore
condominiale di aver affidato i lavori di abbattimento della pianta senza avere
provveduto ad accertare l' idoneità
tecnico-professionale della ditta appaltatrice
con le modalità previste dall’art. 26 del D. Lgs. n. 81/2008 e di non avere
adempiuto agli obblighi di informazione, collaborazione e cooperazione pure
imposti dalla medesima disposizione, la Corte di Cassazione ha sostenuto che “nell'attribuire
tale posizione di garanzia all'imputato, il giudice del merito avrebbe dovuto
considerare, però, che lo stesso ha agito nella peculiare qualità di
amministratore di un condominio” e che, secondo quanto è risultato dagli
accertamenti, “l'appalto dei lavori era stato deciso ed assegnato mediante
delibera dell'assemblea condominiale alla quale l'amministratore, ad essa
vincolato, era tenuto a dare concreta attuazione”, circostanza considerata di
decisivo rilievo quest’ultima ai fini dell'affermazione della penale
responsabilità dell’imputato “non potendosi prescindere dal ruolo
effettivamente svolto dall'amministratore nella stipulazione del contratto e
nella sua successiva attuazione, considerando anche l'ambito di autonomia di
azione di cui egli eventualmente disponeva ed i poteri decisionali
concretamente attribuiti”.
Nell’annullare quindi la sentenza di condanna emessa dal
Tribunale con rinvio degli atti allo stesso affinché procedesse, attenendosi ai
principi di diritto formulati, ad una ulteriore valutazione della condotta
posta in essere dall'imputato, la suprema Corte ha concluso sostenendo che “il
Tribunale avrebbe dovuto, poi, accertare la effettiva riconducibilità
dell'attività espletata alle fattispecie contemplate dalle disposizioni precedentemente
richiamate”.
Segnala questa news ad un amico
Questa news è stata letta 1237 volte.
Pubblicità