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"Compiti e responsabilità antinfortunistiche del lavoratore"
fonte www.puntosicuro.it / Sicurezza
30/01/2014 -
Pubblichiamo alcuni
estratti dal nuovo libro di Rolando Dubini, dal titolo “ Guida alla sicurezza per il Preposto e il Dirigente - I
contenuti della formazione particolare aggiuntiva per il preposto e per il
modulo giuridico per il dirigente”, pubblicato da Punto
Sicuro/Media Italia Media nel maggio del 2013. Ci soffermiamo oggi in
particolare sui compiti e responsabilità antinfortunistiche del lavoratore.
Compiti e
responsabilità del lavoratore
In materia di compiti e responsabilità del lavoratore
è preliminarmente necessario osservare che
“
l'inosservanza delle norme di prevenzione da parte dei datori di
lavoro, dei dirigenti e dei preposti ha valore assorbente rispetto al
comportamento dell'operaio
, la
cui condotta può assumere rilevanza ai fini penalistici solo
dopo che da parte dei soggetti
obbligati siano adempiute le prescrizioni di loro competenza” [Cass. Pen.,
sez. IV, 23.01.2008 n. 3448 ].
La direttiva n. 391/89/CEE, che ha dato origine al D.
Lgs. n. 626/1994 prima e al D.Lgs. n. 81/2008 poi (quale disposizioni
legislative nazionali di recepimento)
ritiene “
indispensabile” che i
lavoratori “
siano in grado di
contribuire, con una partecipazione equilibrata ..., all'adozione delle
necessarie misure di sicurezza” (art. 11 paragrafo 1).
Le norme del “testo unico” sulla sicurezza D.Lgs. n.
81/2008 si applicano a tutti i lavoratori, anche autonomi e parasubordinati che,
a prescindere dal tipo di contratto e dalla retribuzione, svolgono la propria
prestazione all’interno dell’impresa. Sono esclusi i lavoratori domestici e
familiari (articoli 2 e 3).
Rispetto al precedente articolo 5 del D.Lgs. 626/94,
ora abrogato, l’articolo 20 del D.Lgs. 9 aprile 2008 n. 81 sugli obblighi dei
lavoratori non presenta novità sostanziali, fatta salva l’esplicitazione alla
lettera h) dell’obbligo (prima implicito) del lavoratore di partecipare ai
programmi di formazione e di addestramento organizzati dal datore di lavoro
nonché l’introduzione dell’obbligo, derivante dalla legge 123/2007 (ora in gran
parte assorbita dal decreto n. 81/2008),
di esporre la
tessera di riconoscimento
nei casi previsti dall’art. 26.
Devono esporre la tessera di riconoscimento solo i lavoratori di
aziende che svolgono attività in regime di appalto o subappalto e i lavoratori
autonomi che prestano la propria attività in azienda. Se viola questo obbligo,
il lavoratore è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a 200
euro (articolo 20 e 59 D.Lgs. n. 81/2008).
Il lavoratore deve partecipare ai programmi di
formazione organizzati dal datore di lavoro, altrimenti rischia la sanzione
penale dell’arresto fino a un mese dell’ammenda da 300 a 600 euro (articolo 20 e
59 D.Lgs. n. 81/2008)
In termini di “gerarchia” nell’elencazione degli
obblighi, rilievo prioritario assume ora la collaborazione prevenzionale, posto
che i lavoratori devono “contribuire,
insieme al datore di lavoro, ai dirigenti e ai preposti, all’adempimento degli
obblighi previsti a tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro”, art.
20 c. 1 lett. a D.Lgs. n. 81/2008, corrispondente alla lettera h) dell’art. 5
del vecchio D.Lgs. 626/94.
L’articolo 4 del Dlgs n. 81/2008 prevede una
particolare
modalità di computo dei
lavoratori in base alla quale, ai fini della determinazione del numero di
lavoratori dal quale la normativa contenuta nel decreto fa discendere
particolari obblighi (ad es.: SPP interno, obbligo di riunione periodica,
numero degli RLS, svolgimento diretto dei
compiti di RSPP da parte del datore di lavoro, etc.), non vengono
computati coloro che appartengono ad alcune categorie di lavoratori che pure
devono essere tutelati in quanto rientranti nella definizione di lavoratore di
cui all’articolo 2 comma 1 lett. a) (ad es. i volontari), o vengono computati
sulla base del numero di ore di lavoro effettivamente prestato nell’arco di un
semestre (come nel caso dei lavoratori somministrati e di quelli assunti con
contratto part time).
Ai sensi dell'
art. 20 comma 1 del D. Lgs. n. 81/2008
i lavoratori sono soggetti a molteplici doveri prevenzionistici, in generale
riassumibili nel principio secondo il quale “
ogni lavoratore deve prendersi cura
della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone
presenti sul luogo di lavoro, su
cui ricadono gli effetti delle sue
azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione, alle istruzioni e ai
mezzi forniti dal datore di lavoro”.
In particolare, ai sensi dell'
art. 20 comma 2 D. Lgs. n. 81/2008, i lavoratori devono:
“a) contribuire, insieme al datore di lavoro, ai
dirigenti e ai preposti, all’adempimento degli obblighi previsti a tutela della
salute e sicurezza sui luoghi di lavoro;
b) osservare le disposizioni e le istruzioni impartite
dal datore di lavoro, dai dirigenti e dai preposti, ai fini della protezione
collettiva ed individuale; (
Arresto fino
a un mese o con l’ammenda da 300 a 600 euro);
c) utilizzare correttamente le
attrezzature di lavoro, le sostanze e i preparati pericolosi, i mezzi di
trasporto e, nonché i dispositivi di sicurezza; (
Arresto fino a un mese o con l’ammenda da 300 a 600 euro);
d) utilizzare in modo appropriato i dispositivi di
protezione messi a loro disposizione; (
Arresto
fino a un mese o con l’ammenda da 300 a 600 euro);
e)
segnalare
immediatamente al datore di lavoro, al dirigente o al preposto
le deficienze dei mezzi e dei dispositivi
di cui alle lettere c) e d),
nonché
qualsiasi eventuale condizione di pericolo di cui vengano a conoscenza,
adoperandosi direttamente, in caso di urgenza, nell’ambito delle proprie
competenze e possibilità e fatto salvo l’obbligo di cui alla lettera f) per
eliminare o ridurre le situazioni di pericolo grave e incombente, dandone
notizia al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (
Arresto fino a un mese o con l’ammenda da 300 a 600 euro);
f) non rimuovere o modificare senza autorizzazione i
dispositivi di sicurezza o di segnalazione o di controllo (
Arresto fino a un mese o con l’ammenda da 300 a 600 euro);
g) non compiere di propria iniziativa operazioni o
manovre che non sono di loro competenza ovvero che possono compromettere la
sicurezza propria o di altri lavoratori (
Arresto
fino a un mese o con l’ammenda da 300 a 600 euro);
h) partecipare ai programmi di formazione e di addestramento organizzati
dal datore di lavoro; (
Arresto fino a un
mese o con l’ammenda da 300 a 600 euro);
i) sottoporsi ai controlli sanitari previsti dal presente
decreto legislativo o comunque disposti dal medico competente (
Arresto fino a un mese o con l’ammenda da
300 a 600 euro)”.
La sentenza di Cassazione, sezione IV penale n. 6187
del 18.05.99, ha messo in luce “
la
maggiore responsabilizzazione del lavoratore rispetto alla sicurezza del
lavoro, configurata dal D.Lgs. 626/94”, prima, e ribadita dal D.Lgs. n.
81/2008 poi, che “
postula la messa in
opera di una diversa organizzazione del lavoro, prevista dalla medesima legge,
attraverso, da un lato, la programmazione e la procedimentalizzazione
dell’obbligo di sicurezza e, dall’altro, la formazione ed informazione, nelle
forme previste, dei lavoratori …”.
Si badi comunque che “
le norme di sicurezza dettate a
tutela dell'integrità fisica del lavoratore vanno attuate anche contro la
volontà del lavoratore stesso
,
sicché risponde della loro violazione il datore di lavoro che non esplichi la
sorveglianza necessaria alla rigorosa osservanza delle norme medesime”
(Cass. Pen., sez. V, 10.10.1978, Perani
e altro).
Ciò in base al “
più
generale dovere di diligenza che il prestatore di lavoro deve osservare nello
svolgimento delle mansioni, adeguandosi alle disposizioni per l'esecuzione e
per la disciplina del lavoro impartite dall'imprenditore e dai suoi collaboratori
(art. 2104 c.c.)” (cfr. Dubini-Molfese, Salute e sicurezza dei lavoratori
sui luoghi di lavoro, edizioni Simone
1998, pag. 179).
E difatti “
in
caso di mancata osservanza delle misure di sicurezza da parte di uno o più
lavoratori, il capo reparto non può limitarsi a rivolgere benevoli richiami, ma
deve informare senza indugio il datore di lavoro o il dirigente legittimato a
infliggere
richiami formali e sanzioni a
carico dei dipendenti riottosi” (Cass. Pen. sez. IV, 13.07.1990 n.
10272, Baiguini, in Guariniello,
Sicurezza del Lavoro e Corte di Cassazione, Il Repertorio p. 43).
La Cassazione ha stabilito più volte che “
perché
l’imprenditore possa considerarsi esonerato da responsabilità per l'infortunio
occorso all’operaio dipendente è necessario che questi agisca di propria
iniziativa, senza necessità, all'insaputa del datore di lavoro, che l’attività
compiuta sia del tutto estranea alle modalità di svolgimento dei compiti
affidatigli” (Cass. sez. IV, ud. 5.2.79, Pirrotta) , nel senso che "
solo quando la condotta del lavoratore sia
del tutto anormale,
esorbitante dal procedimento di lavoro
cui egli è addetto, oppure si traduca nell’inosservanza
da parte sua di precise disposizioni antinfortunistiche e di ordini esecutivi,
è configurabile la colpa dell' infortunato nella produzione dell’evento, con
esclusione in tutto o in parte della responsabilità degli imprenditori" (Cass. sez. VI,
1.03.1978,Motti).
L'art. 6 comma 1 lettere b) e c) del d.P.R. n. 547 del
1955 (cui corrisponde, con identico contenuto, l'articolo 5 del d.P.R. 19 marzo
1956 n. 303, nonché l'art. 5 del D. Lgs. n. 626/94 e ora l'articolo 20 del
D.Lgs. n. 81/2008) impone al lavoratore di “
usare con cura i ... mezzi di protezione ... forniti dal datore di
lavoro”, e di segnalare
al datore di
lavoro deficienze di dispositivi e di mezzi
di sicurezza e protezione,
ma tale obbligo ha significato solo in quanto si riferisca
esclusivamente “
a situazioni di deficienza che si manifestino
improvvisamente e, per tale motivo,
non siano note al datore
di lavoro” [Cass. Pen., sez. IV, 20.05.1987, Cass. Pen. 1988, 1250 (s.m.), conforme:
Cass. Pen., sez. IV, 11.10.1984, Cass.
Pen. 1986, 816 (s.m.)]: “
il lavoratore ha
l’obbligo – il cui adempimento non esonera, comunque da eventuale
responsabilità il datore di lavoro - di intervenire sulle carenze, in tema di
sicurezza, che si manifestino improvvisamente durante il lavoro” (Cass.
Pen. sez. IV sent. 20145 18.3.2001).
Dunque l’art. 6 DPR 547/55 prima, l'art. 5 del D. Lgs.
n. 626/94 poi, l'art. 20 del D.Lgs. n. 81/2008 ora, impone ai lavoratori non
solo “
l’obbligo di segnalare
immediatamente le deficienze dei dispositivi e dei mezzi di sicurezza e di
protezione,
ma anche di adoperarsi
direttamente, nell’ambito delle loro competenze e possibilità per eliminare
o ridurre dette deficienze o pericoli” (Cass. Pen 10.6.1969): “
la norma dell'art. 5 del D.Lgs. n. 626/1994
[sostituita dall'art. 20 del D.Lgs.n.81/2008], che ha abrogato tacitamente per
incompatibilità i corrispondenti artt. 5 del d.P.R. n. 303/1956 e 6 del d.P.R.
n. 547/1955, ha un contenuto precettivo analogo a quello di queste due ultime
norme, le quali, se prevedevano, come lo prevede l'art. 5 del D.Lgs. n.
626/1994, l'obbligo del lavoratore di segnalare tempestivamente le deficienze
dei dispositivi e dei mezzi di sicurezza e di protezione, nonché le altre
eventuali condizioni di pericolo di cui fosse venuto a conoscenza durante
l'espletamento della propria attività lavorativa, lo prevedevano, però, secondo
la costante giurisprudenza, unicamente riguardo alle carenze che si
manifestassero improvvisamente durante il lavoro e non riguardo alle carenze
preesistenti che il datore di lavoro avrebbe dovuto conoscere ed eliminare di
propria iniziativa, indipendentemente dalla noncuranza o dalla relativa inerzia
dei dipendenti” ( Cass.
sez. pen. 18.05.2001, n. 20145).
Come detto,
il
lavoratore è tenuto a usare con
diligenza i mezzi di protezione
personale ricevuti in dotazione, gli
stessi devono però essere “
concretamente
muniti delle necessarie qualità” e devono inserirsi “
in un
contesto contraddistinto dall'attuazione dei mezzi
tecnici e organizzativi”,
“
altrimenti non
sorge l'obbligo di
impiego del presidio personale
e semmai può
scattare il mero
obbligo di segnalare le deficienze
qualora il datore di
lavoro ignori, per causa a
lui non imputabile,
le deficienze e
le conseguenti situazioni di
pericolo” [Pretura Torino 9.06.1984,
Riv. giur. lav. 1985, IV,648, conforme a
Cass. Pen., sez. IV, 28.01.1981,
Cass. Pen. 1982, 1061] (V. Casi e Questioni, Ispoa, aggiornamento
II-1998).
Sono considerati del tutto assimilati ai lavoratori
dipendenti,
anche per quanto riguarda il rispetto delle disposizioni regolamentari e di
prevenzione impartite: il personale appartenente ad altre aziende, sia
pubbliche che private, che, a norma di convenzione opera nei locali del datore
di lavoro (salvo diverse specifiche previsioni degli atti convenzionali); i
lavoratori non organicamente strutturati ma dei quali l’istituto si avvale in
virtù di appositi e regolari contratti stipulati con gli stessi; gli studenti
dei corsi universitari, i dottorandi, gli specializzandi,
i tirocinanti,
i borsisti ed i soggetti ad essi equiparati che frequentano l'azienda per ragioni didattiche e di ricerca; i
volontari frequentatori che operano sotto la responsabilità di un dirigente di
unità operativa, ecc..
L'obbligo
di correttezza e di buona fede
contrattuale del lavoratore
Il principio della correttezza e della buona fede
contrattuale ex art. 1375 cod. civ., esige che, quando per la tutela
(dell'integrità fisica e della personalità morale) del prestatore è necessario
anche un suo comportamento, questi, dando la propria collaborazione (diretta
alla propria stessa tutela), effettui tale comportamento.
L'omissione della dovuta collaborazione da parte del prestatore
costituisce pertanto violazione dell'obbligo di correttezza e buona fede
(ex artt. 1175 e 1375 cod. civ.). Poiché la collaborazione del lavoratore è
diretta ad evitare l'evento, la violazione del predetto obbligo costituisce
comportamento colpevole che concorre (potenzialmente) alla determinazione
dell'evento stesso. L'obbligo del dipendente a tale comportamento presuppone
l'adempimento dell'obbligo datorile. L'indicata violazione da parte del
dipendente esclude la responsabilità del datore solo ove sia stata (ex art. 41
cod. pen.) causa di per sé sola sufficiente a determinare l'evento. Ed è onere
del datore dare di ciò la prova [Cassazione civile, sez. lavoro, 3.07.2008 n. 18376].
Aspetti
penali
La condotta del lavoratore realizzata in violazione
delle disposizioni prevenzionistiche che lo riguardano ha particolare rilievo
pertanto sotto un duplice profilo:
1)
fonte possibile
di responsabilità penale per l'infortunio occorso ad un altro lavoratore;
2)
esonero
della responsabilità del datore di lavoro nel caso che sia egli stesso
l'infortunato.
In tal senso la Suprema Corte ha affermato che “
... in tema di evento colposo per infortunio
sul lavoro, il giudice penale è tenuto a valutare sia la condotta del datore di
lavoro, il quale deve attuare in modo efficiente tutte le misure stabilite
dalle apposite norme, sia quella del lavoratore, che
deve collaborare alla tutela della propria incolumità, evitando di
esporsi senza necessità a situazioni di evidente pericolo, e mantenendo un
atteggiamento prudente di fronte a
impreviste evenienze
...”(Cass.
Pen. sez. IV, ud. 30.1.1979, Rettondini).
La giurisprudenza della Cassazione ritiene da tempo
che “
l'imprudenza del lavoratore, di per
se, non determina l’esclusione della responsabilità dell'imprenditore, a meno
che non possa considerarsi una causa sopravvenuta, sufficiente da sola a
determinare l'evento” (vedi Cass., sez. IV, 7.11.1977 in causa Legnazzi); e
ciò in considerazione del fatto che : “
...le
norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro mirano ad eliminare i
rischi.... compresi quelli conseguenti ad una eventuale imprudenza,
disattenzione o imperizia dei lavoratori, la cui incolumità è da tutelarsi
sempre e in ogni caso...” (Cass. sez. III, 21.6.1983, in causa Cordioli).
Secondo la giurisprudenza consolidata della
Cassazione, vige la regola secondo cui "
in materia di normativa antinfortunistica e, in particolare, ai fini
della responsabilità del datore di lavoro, deve ritenersi che la condotta del
lavoratore volontariamente violatrice delle disposizioni impartite dal datore
di lavoro ai fini della sicurezza, eziologicamente collegata all'evento, elide
il collegamento causale tra l'eventuale inosservanza di disposizioni da parte
del datore di lavoro e l'evento stesso, proprio perché questo è da riferirsi
alla prima e immediata condotta" (Cass. Pen. sez. IV, 10.12.2001, n.
44206).
La responsabilità dei superiori del lavoratore viene
meno quando siano allo stesso forniti strumenti idonei ed adeguati: “
non può ravvisarsi una colpa specifica a
carico del legale rappresentante e del capo reparto della ditta, nel caso in
cui siano messi a disposizione dell’operaio gli strumenti idonei ed adeguati
per eseguire correttamente l’operazione, quando la stessa venga eseguita in
modo improprio da quest’ultimo” ( Corte App. Milano, sez. II,
05.06.97 n. 2422).
La
professionalità del lavoratore e la chiara segnalazione del rischio possono
liberare da responsabilità i superiori gerarchici: “
un operaio, in presenza di cartelli che indicavano le modalità per
l’esecuzione delle operazioni in sicurezza, aveva subito lo schiacciamento del
piede per la caduta di una pompa dallo stesso non correttamente imbracata (…).
Il lavoratore sapeva (o era tenuto a sapere in ragione della sua professione)
che per evitare sinistri l’area entro la quale la macchina operava doveva
essere delimitata e che nell’impossibilità di segnalare la mancanza di tale
delimitazione al datore di lavoro o al suo preposto doveva astenersi dal lavoro
per prevenire infortuni” (Cass. Pen. sez. III, n. 5893, 13.2.2001).
Rolando Dubini, avvocato in
Milano
In merito alle recenti modifiche apportate al Testo Unico dal
Decreto del Fare-Legge n. 98/2013
, segnaliamo in particolare un articolo di
Rolando Dubini che affronta il tema del volontariato: “
Modifiche al D.Lgs. 81: i volontari,
l’incaricato e l’esonero dal DUVRI
”.
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