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"Imparare dagli errori: gli incidenti nel comparto vinicolo "
fonte www.puntosicuro.it / Sicurezza sul lavoro
30/01/2014 - Sono diverse le
strade intraprese dalla rubrica “Imparare dagli errori” per raccontare gli
incidenti e approfondirne le cause. A volte partiamo dai rischi di un
attrezzatura, come nel caso delle molte puntate dedicate alle macchine
movimento terra, a volte da una misura di protezione, come l’uso di DPI, a
volte dai rischi di un comparto lavorativo specifico.
In questa puntata intendiamo infatti
fare una breve rassegna dei
rischi
relativi al comparto vinicolo, un comparto di notevole rilevanza
socio-economica e culturale, ma poco analizzato dal punto di vista della tutela
della sicurezza del lavoro.
Come sempre gli incidenti
presentati sono tratti dalle schede di INFOR.MO.,
strumento per l'analisi qualitativa dei casi di infortunio collegato al sistema di
sorveglianza degli infortuni mortali e gravi.
I casi
Il
primo caso è relativo ad attività di
convogliamento delle vinacce dalla tramoggia alla coclea.
In una fossa profonda circa 3
metri è posizionata una tramoggia nella quale si scaricavano le vinacce
utilizzate per la distillazione, che vengono convogliate ad un silos interno
alla distilleria mediante una sistema di sollevamento a coclea. Per facilitare
il convogliamento delle vinacce dalla tramoggia alla coclea sono installati due
alberi a pettine. Il sistema si mette in funzione automaticamente quando il silos
rimane vuoto.
Un lavoratore scende nella fossa,
con l'impianto fermo, e solleva una griglia mobile di protezione inserendo il
braccio tre i due alberi a pettine, forse per rimuovere qualche vinaccia,
quando l'impianto si mette automaticamente in funzione, anche se la griglia di
protezione è stata sollevata (assenza di dispositivi di blocco). L'infortunato
rimane incastrato con il braccio destro ed anche con la testa tra i pettini.
Viene liberato dopo aver segato con la mola a disco alcuni pettini. Muore nel
pomeriggio all'ospedale.
Il
secondo caso è relativo ad un
investimento
con una
pala meccanica gommata di
grosse dimensioni.
Un lavoratore con una bicicletta
aziendale sta ritornando al proprio reparto percorrendo una strada, interna
all'azienda, destinata alla viabilità di ogni mezzo aziendale, comprese le
biciclette. La pala meccanica è una delle macchine autorizzate a percorrere la
suddetta strada. La pala si immette sulla strada direttamente dal piazzale -
tettoia prospiciente il reparto vinacce e destinato esclusivamente alla
operatività della pala e di autocarri in fase di scarico. Nel punto di imbocco
del piazzale alla strada non vi sono delimitazioni di corsie e di senso di
marcia, la zona è scarsamente illuminata e in quel periodo non è funzionante un
faro posto ad illuminazione dell’area. Quel giorno piove, sul suolo sono presenti
residui di vinaccia che rendono il manto stradale viscido, inoltre
l’infortunato indossa abiti aziendali di colore verde scuro e la bicicletta da
esso usata è sprovvista di illuminazione ed ha i freni rotti.
L’incidente è avvenuto perché:
- l'autista della pala non vedeva
il ciclista sopraggiungere dalla sua sinistra ed attraversava l'incrocio
investendolo;
- la bicicletta aveva entrambi i
freni rotti ed era sprovvista di illuminazione propria;
- le vie di circolazione non
erano sicure alla viabilità contemporanea dei diversi veicoli e la segnaletica
era insufficiente;
- l'illuminazione ambientale era
insufficiente;
- non erano stati forniti DPI
alta visibilità ai lavoratori che devono percorrere a piedi o in bicicletta le
strade aziendali.
Vediamo un
terzo caso, che PuntoSicuro ha già presentato in passato, relativo
alla presenza di
spazi confinati nel
comparto.
Un lavoratore di aziende vitivinicole
deve selezionare le raspe dagli acini di uva da fermentare. Mentre pulisce
l'orlo della bocca
di accesso della vasca, cade al suo interno e si procura lo sfondamento del
torace. All'interno della vasca è già presente del materiale in fermentazione i
cui vapori hanno generato nel lavoratore, come dimostrato successivamente
dall'esame autoptico, uno
stato di
ipossia associato ad una saturazione ambientale. L'ipossia, che si può
definire come una condizione patologica determinata da una carenza di ossigeno,
porta ad uno stato di confusione, di spaesamento (stati paragonabili a quelli
conseguenti all’assunzione di sostanze alcoliche), uno stato difficilmente
percepibile da chi ne soffre.
L'infortunio è avvenuto per la
“mancanza di idonea ventilazione dell'ambiente in cui erano allocate le vasche”
e per il “mancato utilizzo di idonei DPI ( maschera
di protezione delle vie respiratorie e cinture di sicurezza munite di fune
di trattenuta ancorate a funi di guardia) necessarie per il rischio specifico”.
Infine un breve
quarto caso relativo al
lavaggio di un autoclave.
Il tecnico cantiniere inizia la
giornata lavorativa procedendo al lavaggio di un'autoclave.
Viene tuttavia trovato privo di
sensi poco tempo dopo, da un collega, con il busto introdotto nell'autoclave e
i piedi sul pavimento. La diagnosi 'inalazione di gas asfissianti' ipotizza che
l'operatore abbia introdotto il busto nel vaso vinario quando l'atmosfera
interna dello stesso era ancora satura di azoto probabile residuo delle
precedenti fasi di imbottigliamento del vino.
La prevenzione
In questa brevissima rassegna si
può comprendere come i rischi a cui sono soggetti i lavoratori nel comparto
vinicolo siano numerosi.
Riguardo a questi rischi
segnaliamo che la CONTARP dell’Inail ha prodotto ben
tre volumi dedicati al comparto vinicolo e oleario. E nel volume dal
titolo “
Il comparto vinicolo e oleario:
Le cantine” viene approfondito in particolare il rischio di infortuni nella
produzione vinicola con particolare riferimento a:
-
conferimento uve;
-
scarico uve;
-
pigiatura-diraspatura;
-
lavoro in prossimità di aperture nel pavimento;
-
lavoro in postazioni sopraelevate;
-
fermentazione nei tini;
-
pressatura delle vinacce;
-
maturazione del vino e conservazione nelle botti;
-
imbottigliamento e inscatolamento delle bottiglie;
-
pulizia e manutenzione dei vasi vinari;
-
movimentazione meccanica, magazzino, spedizione.
Ricordiamo ad esempio che il
conferimento
uve
avviene
principalmente “per mezzo di trattori gommati o cingolati con rimorchi, che dai
campi trasportano l’uva nel sito produttivo, dove viene effettuato lo scarico
nella tramoggia previa pesatura”. Durante la fase di carico delle casse sul
rimorchio, “le stesse, per scivolamento o ribaltamento, potrebbero investire
sia l’operatore a terra sia quello sul rimorchio; in quest’ultimo caso è
opportuno che l’operatore svolga tale attività solo con il mezzo fermo”.
Inoltre bisogna assicurare “le casse in modo stabile, anche con l’ausilio di
dispositivi di ancoraggio (corde, traverse, fermi); il guidatore inoltre dovrà
condurre
il mezzo con particolare attenzione e a velocità prudenziale,
al fine di non investire gli operatori che si trovano tra i filari; inoltre,
terminata la fase di carico, il conducente dovrà mantenere comunque una
velocità prudenziale, minore di 5 Km/h, specie in prossimità della tramoggia,
al fine di prevenire incidenti dovuti alla presenza di altri mezzi meccanici e
di persone a piedi”. È evidente poi la necessità di prestare particolare
attenzione al rischio
di ribaltamento del trattore ed è bene prima dell’inizio di ogni turno di
lavoro “verificare l’efficienza del mezzo e soprattutto dei dispositivi di
sicurezza come la barra antiribaltamento e l’impianto frenante”.
E riguardo allo
scarico
uve una misura per evitare incidenti “consiste nell’installare
parapetti fissi di altezza adeguata ai lati della tramoggia, dove lo scarico
dell’uva avviene manualmente dalle ceste. Sul lato ove lo scarico avviene per
ribaltamento del rimorchio, si dovrà ovviamente prevedere una balaustra mobile
che andrà riposizionata a scarico compiuto”. Poiché la
tramoggia
sul fondo è provvista di organo meccanico per sospingere l’uva verso la
successiva macchina di lavorazione, si possono “prevedere dispositivi elettrici
ed elettronici che blocchino detti organi quando il parapetto risulta alzato”.
Diamo infine qualche indicazione
relativa al rischio chimico con riferimento al volume CONTARP “ Il comparto
vinicolo e oleario: Cicli produttivi e rischi professionali”.
Sono numerosi gli
agenti chimici “che traggono origine
dai prodotti residui dei vari stadi di vinificazione. In aggiunta all'alcool
etilico e all'alcol metilico essi possono comprendere: formaldeide e
butilaldeide, acetone, acido formico, acetico e tartarico, tartrati di potassio
e di calcio, i resti di sostanze che intervengono nella lavorazione del vino
come il carbone attivo, i vari coadiuvanti di filtrazione, il ferrocianuro di
potassio, l'anidride solforosa, e infine le soluzioni alcaline e i tensioattivi
impiegati nei lavaggi”. i fini dell'insorgenza di patologie professionali,
problematiche particolari possono “derivare dal deterioramento della qualità
dell'aria indoor negli ambienti in cui avviene la vinificazione a causa delle
emissioni gassose ad essa imputabili”.
Inoltre, “nonostante lo sviluppo
di tecnologie alternative, assai diffusa risulta ancora nella cantine la
pratica delle fumigazioni con anidride solforosa (SO2) per le sue
proprietà antisettiche ed antiossidanti e per il suo effetto miglioratore delle
proprietà organolettiche del prodotto finito”. Nelle attività di cantina è
anche frequente “l'impiego di azoto, gas
inerte in grado di proteggere il vino dall'ossidazione e di compensare la
sovrapressione di CO2 in alcune tipologie di vino tra cui gli
spumanti”.
Altre fonti di pericolo sono
correlate, ad esempio, all'utilizzo e allo stoccaggio di bombole contenenti gas
a pressione (anidride solforosa, anidride carbonica, azoto), allo stoccaggio,
“nelle cantine o in aree non idonee ad esse adiacenti, di prodotti
antiparassitari”.
Pagina introduttiva del sito web di
INFOR.MO.: nell’articolo abbiamo presentato le schede numero
3061,
1256,
1766 e
2172 (archivio incidenti 2002/2010).
Tiziano Menduto
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