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"Sovraccarico biomeccanico: cause, prevenzione e idoneità alla mansione"
fonte www.puntosicuro.it / Salute
12/02/2014 - Un nuovo tassello per facilitare la
prevenzione delle patologie muscolo-scheletriche da sovraccarico biomeccanico degli
arti superiori in ambito lavorativo, passa attraverso una raccolta di
informazioni sulle patologie, sulle evidenze di relazione causale con le
attività lavorative e sulla sorveglianza sanitaria.
In relazione alla campagna informativa di PuntoSicuro di
presentazioni di documenti, vecchi e nuovi, sui rischi correlati ai
movimenti ripetitivi e ai disturbi muscoli scheletrici, ci soffermiamo
oggi su un intervento pubblicato dal sito dell’ Azienda USL di Piacenza in riferimento ad incontri organizzati nel 2010 dall’ Unità Operativa di Medicina Legale sul tema dei
disturbi muscolo-scheletrici da sovraccarico biomeccanico degli arti superiori.
In “
Idoneità alla mansione specifica e orientamenti per la denuncia di
malattia professionale”, a cura del Dott. Franco Pugliese e del Dott.
Giampietro Scaglione (Ausl Piacenza - Dipartimento della Sicurezza), si ricorda
innanzitutto che le patologie occupazionali muscoloscheletriche da movimenti
ripetitivi sono “alterazioni delle unità muscolo-tendinee, dei nervi
periferici e del sistema vascolare che possono essere aggravate da ripetuti
movimenti e/o sforzi fisici dell’arto superiore”.
Questi sono alcuni degli
acronimi utilizzati per descrivere in
modo sintetico i disturbi dell’arto superiore e indicare la loro origine
occupazionale:
-
WMSD:
Work Related Musculo Skeletal Disorder;
-
CTD:
Cumulative Trauma Disorder;
-
RSI:
Repetitive Strain Injury;
-
OCD:
Occupational Cervicobrachial Disease;
-
OOS:
Occupational Overuse Syndrome;
-
UEWMSDs:
Upper Extremity Work Related Musculoskeletal Disorders.
In particolare per
sovraccarico biomeccanico “s’intende il
fatto che le strutture delle articolazioni delle braccia (tendini, nervi, vasi
sanguigni ecc.), sono ‘progettate’ per effettuare dei movimenti con una soglia
limite di velocità, di durata, di posture, di applicazione di forza ecc.”. E
riguardo ai movimenti
ripetitivi, i
compiti ciclici
ripetitivi “sono presenti nelle attività in cui il lavoratore effettua la
stessa sequenza d’azione, con un inizio ed una fine, che si ripete in modo
ciclico”.
Dopo aver riportato vari criteri
epidemiologici, l’intervento si sofferma su alcuni elementi utili per
comprendere la problematica del sovraccarico
biodinamico e dei movimenti ripetitivi:
-
fattori di rischio: vi sono (come riportato dal NIOSH, National
Institute of Occupational Safety and Health)
fattori di rischio principali che “possono causare o esacerbare le
patologie dell’arto superiore (forza, postura, ripetitività, vibrazioni)” e
fattori di rischio modificanti che
“possono aggravare il livello ed il tipo del danno sulle strutture articolari,
muscolari, nervose e vascolari dell’arto superiore (intensità, durata, tempi di
recupero e esposizione al freddo)”;
-
forza: vi è “evidenza di relazione causale tra forza e sindrome del
tunnel carpale, tendiniti mano polso, patologia del collo”, ma “scarsa evidenza
della relazione tra forza e patologie del gomito” E per la sindrome del tunnel
carpale “la forza risulta fattore di rischio solamente se associata alla ripetitività,
mentre, da sola, non sembra essere correlata alla sindrome del tunnel carpale”
-
plausibilità biologica (“la conoscenza di un già noto o comunque
ragionevole meccanismo di sviluppo del danno, rinforza il riconoscimento della
causalità”)
in relazione alla forza:
“applicazioni elevate di forza sono in grado di causare lesioni alle strutture
muscolari, tendinee e legamentose”;
-
posture incongrue:
“sono deviazioni articolari estreme rispetto alla posizione neutrale”. Vi è
“correlazione con le patologie della spalla e dei tendini del segmento
mano-polso e forte correlazione con i disturbi del collo. Evidenza di
correlazioni tra posture
incongrue singolarmente considerate e patologie del gomito e sindrome del
tunnel carpale (videoterminalisti). Correlazione forte se le posture incongrue
sono combinate con altri fattori di rischio come la forza e la ripetitività”;
-
ripetitività: “la plausibilità biologica dell’azione della
ripetitività come fattore di rischio è stata dimostrata sperimentalmente come
fattore di rischio principale che come fattore di rischio modificante
soprattutto se in combinazione con altri fattori di rischio, quali la forza e
le posture incongrue”;
-
durata: “per gli esposti per più di 20 ore settimanali ad attività
che richiedono il mantenimento del polso in flessione i rapporti di prevalenza
sono risultati 8.7 volte maggiori rispetto ai non esposti e circa 3 volte
maggiori rispetto agli esposti fino a 20 ore settimanali”. E la limitazione
dell’esposizione giornaliera a 4 ore “può ridurre il rischio di sindrome del
tunnel carpale di 2-3 volte (De Krom)”;
-
profilo temporale: “nelle attività lavorative altamente ripetitive
che richiedono un impegno limitato di forza, a causa della loro bassa soglia di
attivazione, vengono reclutate prevalentemente fibre muscolari di tipo I, più
lente e meno affaticabili delle fibre veloci di tipo II. Il loro reclutamento,
con un impiego limitato di forza, permette un’attività prolungata nel tempo,
senza insorgenza di fatica muscolare. La mancata insorgenza di fatica, durante
questo tipo di attività, può invece determinare significativi danni muscolari:
questa ipotesi, nota come ‘Cinderella Hypothesis’ suggerisce una importante
ragione fisiologica della necessità di inserire adeguati periodi di pausa nelle
attività altamente ripetitive” (Knardahl, 2005);
-
intensità: “Punnett in un indagine trasversale condotta su
lavoratori del settore automobilistico ha valutato l’intensità dell’esposizione
ad attività che richiedevano movimenti ripetitivi e posture incongrue dell’arto
superiore per mezzo di una scala da 0 a 25 punti suddivisa in quartili. La
prevalenza dei disturbi dei segmenti spalla-braccio e mano-polso, clinicamente
diagnosticati, mostrano un incremento dose dipendente sino al punteggio di
diciotto”;
-
esposizione al freddo: “sperimentalmente è stato dimostrato che
attività lavorative con esposizione
al freddo determinano una maggiore attivazione muscolare, una ridotta
coordinazione e tempi più lunghi per espletare il compito lavorativo. Tali
modificazioni possono causare o contribuire ad esacerbare le manifestazioni
patologiche a carico degli arti superiori”.
L’intervento riporta anche i
fattori psicologici e sociali lavoro
correlati (S. Knardahl).
Infatti “possono contribuire a
determinare disturbi muscoloscheletrici :
- azione patogena diretta su
meccanismi fisiologici, quali la circolazione sanguigna muscolare e la
secrezione ormonale.
- modifica dei comportamenti
lavorativi con conseguente alterazione del carico biomeccanico mediante
variazioni della postura, dei movimenti e della forza esercitata;
- alterazione della percezione,
degli stati d’animo, della consapevolezza influenzando quindi i sintomi, le
loro conseguenze e il danno funzionale;
- interferenza con i meccanismi
di compenso, riducendo la tolleranza ad altre esposizioni”.
L’intervento si sofferma anche
sul ruolo del medico competente e sulla sorveglianza sanitaria, sottolineando
in particolare che in larga parte dei casi di UEWRMSDs sono presenti: “solo
sintomi; spesso i ‘segni’ consistono nell’evocazione di un sintomo; spesso in
soggetti asintomatici sono presenti reperti strumentali ‘anormali’ e
viceversa”.
E nelle “ Linee
guida per la sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti a rischio da
movimenti ripetuti degli arti superiori” (Regione Veneto, AUSSL 17 Veneto)
si indica che “la sorveglianza sanitaria è necessaria quando si superano i
valori di check list > 11 o OCRA Index > 3,5 in quanto, secondo il
modello previsionale del metodo, è a partire da questi valori che aumentano
progressivamente ed eccessivamente i casi patologici a carico degli arti
superiori”.
Rimandiamo infine alla lettura
integrale delle slide dell’intervento - ricche di immagini, tabelle e
riferimenti a documenti, ricerche e linee guida – che si sofferma anche sul
tema del giudizio
di idoneità e del riconoscimento delle malattie professionali.
Ausl Piacenza, “ Idoneità alla mansione specifica e orientamenti per la denuncia
di malattia professionale”, a cura del Dott. Franco Pugliese e del Dott.
Giampietro Scaglione - Ausl Piacenza - Dipartimento della Sicurezza (formato
PDF, 4.19 MB).
Tiziano Menduto
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