News
"La manutenzione delle misure individuate è parte della valutazione"
fonte www.puntosicuro.it / Normativa
13/02/2014 - Con la
sentenza del 31 gennaio 2014 n.
4961, la Quarta Sezione Penale della Cassazione pone il principio di
diritto secondo cui
“tra le misure che la
valutazione dei rischi deve prevedere rientra anche l’attività di manutenzione
necessaria a preservare nel tempo l’idoneità e l’efficienza delle misure di
prevenzione individuate”.
Inoltre in questa pronuncia la Cassazione, oltre ad analizzare il tema della
manutenzione nell’ambito del decreto 81, affronta alcuni importanti temi
relativi al Documento di Valutazione dei Rischi: la valutazione di “tutti i
rischi”, il nesso di causalità tra le omissioni nel DVR e l’infortunio, il DVR
e la tutela dei terzi. Ma soprattutto, come si diceva, il tema della
manutenzione quale
“specifica misura di
prevenzione e protezione antinfortunistica”, di cui
“si deve tener conto nel documento di valutazione dei rischi”.
Vediamo prima brevemente il
caso.
Il Presidente di un Club del Golf aveva omesso di manutenere
adeguatamente le reti presenti a protezione del “campo approcci” e così una
donna che era in loco perché impegnata in una lezione di ripasso, era stata
colpita all’occhio sinistro dalla pallina da golf che, lanciata da un giocatore
da una vicina buca, non era stata trattenuta dalle reti lacerate e forate poste
tra il campo approcci e la buca.
La Procura torinese aveva individuato quali violazioni delle norme
prevenzionali
“l’omessa valutazione dei
rischi da errori di lancio per lavoratori ed utenti del campo da golf e
l’omessa adozione delle misure di prevenzione contro tali rischi nonché il
mancato mantenimento degli impianti in condizioni di sicurezza per gli utenti”.
Ma il Tribunale di Torino, pur riconoscendo la sussistenza di queste
violazioni, aveva negato che potessero essere la causa dell’evento. E aveva
così dichiarato non doversi procedere nei confronti dell’imputato per il reato
di lesioni personali colpose dal momento che, a suo dire, l’azione penale era
improcedibile per mancanza di querela (in quanto aveva ritenuto che la condotta
dell’imputato fosse stata caratterizzata solo da colpa generica, quale
negligenza, imprudenza o imperizia, a fronte della quale sarebbe stata
necessaria la querela, e non anche da colpa specifica consistente in violazioni
di norme prevenzionistiche).
Questo perché il Tribunale - erroneamente, secondo quanto viene poi
stabilito dalla Cassazione - aveva ritenuto che la lesione fosse stata
determinata non dalla mancata predisposizione delle misure ma dalla loro mancata
corretta manutenzione e, incorrendo qui in errore, aveva scisso concettualmente
la manutenzione degli impianti dalla valutazione dei rischi. Cioè aveva omesso
di considerare che la manutenzione degli impianti è parte del DVR e in
particolare rientra nella
“
indicazione delle misure di prevenzione e di
protezione attuate e dei dispositivi di protezione individuali adottati, a
seguito della valutazione…” (art. 28 c. 1 lett. b) D.lgs. 81/08).
Nel
ragionamento del Tribunale, secondo l’organo dell’accusa e poi anche secondo la
Suprema Corte, mancava un anello della catena: la manutenzione delle misure
quale parte integrante del DVR.
Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Torino ha così
ricorso per Cassazione, facendo presente che
“il Tribunale non ha considerato che la manutenzione è specifica misura
di prevenzione e protezione antinfortunistica” e
“come tale, di essa si deve tener conto nel documento di valutazione
dei rischi”.
E sottolineando anche
“che le
cautele antinfortunistiche si indirizzano anche verso gli estranei al rapporto
di lavoro occasionalmente presenti nell’ambiente di lavoro.”
La Cassazione ha accolto il
ricorso dando ragione alla Procura di Torino e ponendo dei principi di diritto
di grande rilievo.
La Corte ha infatti ricordato
che
“
l’obbligo datoriale di valutare
tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori (art. 28, co. 1
d.lgs. n. 81/2008)
non può che
ricomprendere anche il rischio derivante dall’utilizzo e dalla vetustà delle
cose.
E che l’utilizzo degli
apparecchi, dei macchinari, degli impianti, dei luoghi di lavoro, delle
attrezzature di lavoro, dei DPI determini un
progressivo scadimento degli originari livelli di sicurezza è non
solo evenienza di comune conoscenza ma è evento specificamente preso in
considerazione dal legislatore prevenzionistico.”
Come aveva rilevato il PM, infatti - prosegue la Corte - sono numerose
le norme contenute nel decreto 81 che impongono la manutenzione.
A partire dall’art. 15 (Misure generali di tutela),
che
“al comma 1, lett. z)
menziona “la regolare manutenzione di ambienti, attrezzature, impianti, con
particolare riguardo ai dispositivi di sicurezza in conformità alla indicazione
dei fabbricanti””, passando poi attraverso le norme contenute nei titoli
specifici quali l’art. 64, che elenca gli obblighi
del datore di lavoro rispetto ai luoghi di lavoro [1]
fino ad arrivare alle
“altre disposizioni
[che] prescrivono gli obblighi di manutenzione delle attrezzature di lavoro
(artt. 71 e 72) e dei DPI (art.77).”
E a nulla secondo la Cassazione può valere un’obiezione che si basi in
senso stretto - e restrittivo - sulla lettera dell’art. 28, perché
“se nel dettare i contenuti della
valutazione dei rischi l’art. 28 non utilizza il termine manutenzione, espressa
menzione ne viene fatta diffusamente all’interno del “Codice della sicurezza”
[nel senso del Testo Unico di Salute e Sicurezza sul Lavoro, n.d.r.].
Di talché la stessa
valutazione dei rischi
deve avere riguardo alle attività di
manutenzione necessaria a preservare l’efficienza delle misure di prevenzione
individuate.”
Oltretutto la Corte sottolinea che, con riferimento all’art. 28 lett. d) [2],
“anche sul piano testuale,
il concetto di realizzazione (di
“attuazione delle misure da realizzare” si legge appunto nell’art. 28) reca in
sé tanto il concetto di attività “creatrice”, ovvero che produce per la
prima volta un determinato risultato,
sia
il concetto di attività di conservazione di quanto prodotto:
la realizzazione è insomma anche l’attività
permanente che consente il mantenimento nel tempo di quanto realizzato.”
Nella giurisprudenza della Cassazione vi è un precedente cui si
ricollega l’interpretazione contenuta in questa sentenza e che viene richiamato
dalla stessa: nel 1998 la Corte, infatti,
“a
proposito dell’obbligo di manutenere un impianto anche nel caso in cui del
medesimo siano previste revisioni periodiche predeterminate, ha affermato che
nel concetto di realizzazione rientra anche quello di
manutenzione ordinaria e straordinaria dell’apparecchio per renderlo
conforme alle norme della buona tecnica (Sez. 4, n. 12809 del 01/10/1998 - dep.
05/12/1998, Marchetti D, Rv. 212402)”.
In conclusione, nel caso di specie,
“l’
omessa manutenzione
delle reti poste a protezione dei
lavoratori e degli utenti del campo da golf rispetto al rischio determinato dal
lancio di palle da gioco nel corso dell’attività sportiva non contravviene ad
una regola di generica prudenza e/o di diligenza, ma va ricondotta - come
correttamente fatto dall’ufficio del p.m. - alla violazione degli artt. 17 e 28
d.lgs. n. 81/2008”.
Infatti,
“ove la valutazione del
rischio fosse stata compiuta, sarebbero state identificate
le metodiche di rilevamento dei difetti delle reti e degli altri
impianti, i turni di manutenzione, le misure da adottare in occasione delle
riparazioni o delle sostituzioni delle reti e così seguitando. Il mancato
compimento di tale fondamentale attività di analisi e progettazione ha
determinato l’assenza o l’inefficienza della manutenzione affermata nella
sentenza; con l’esito rappresentato dall’infortunio occorso”.
Riguardo poi al fatto che l’infortunata fosse un terzo soggetto,
estranea ad un qualsiasi rapporto di lavoro con l’imputato, la Cassazione
ricorda che
“le norme antinfortunistiche
non sono dettate soltanto per la tutela dei lavoratori nell’esercizio della
loro attività, ma sono dettate anche a
tutela dei terzi
che si trovino nell’ambiente di lavoro, indipendentemente
dall’esistenza di un rapporto di dipendenza con il titolare dell’impresa. Ne
consegue che ove in tali luoghi vi siano macchine non munite dei presidi
antinfortunistici e si verifichino a danno del terzo i reati di lesioni o di
omicidio colposi, perché possa ravvisarsi l’ipotesi del fatto commesso con
violazione delle norme dirette a prevenire gli infortuni sul lavoro, di cui agli
artt. 589, comma secondo, e 590, comma terzo, cod. pen., nonché la
perseguibilità d’ufficio delle lesioni gravi e gravissime, ex art. 590. u.c.,
cod. pen., è necessario e sufficiente che sussista tra siffatta violazione e
l’evento dannoso un legame causale”. [3]
Anna Guardavilla
[1]
La sentenza riporta la norma per esteso, che prevede che il datore di lavoro provvede
affinché
“e) i luoghi di lavoro, gli
impianti e i dispositivi vengano sottoposti a regolare manutenzione tecnica e
vengano eliminati, quanto più rapidamente possibile, i difetti rilevati che
possano pregiudicare la sicurezza e la salute dei lavoratori” e che
“e) gli impianti e i dispositivi di
sicurezza, destinati alla prevenzione o all'eliminazione dei pericoli, vengano
sottoposti a regolare manutenzione e al controllo del loro funzionamento”.
[2] Art. 28 c. 2 lett. d): Il Documento
deve contenere
“l’individuazione delle
procedure per l’attuazione delle misure da realizzare nonché dei ruoli
dell’organizzazione aziendale che vi debbono provvedere, a cui devono essere
assegnati unicamente soggetti in possesso di adeguate competenze e poteri”.
[3] Su questo punto la Cassazione
richiama i seguenti precedenti giurisprudenziali: Sez. 4, n. 23147 del
17/04/2012 - dep. 12/06/2012, De Lucchi, Rv. 253322; Sez. 4, n. 43966 del
06/11/2009 - dep. 17/11/2009, Morelli, Rv. 245527, in motivazione; Sez. 3,
29/11/2007, Sava; Sez. 4, 10/11/2005, Proc Trento in proc. Sartori.
Segnala questa news ad un amico
Questa news è stata letta 1198 volte.
Pubblicità