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"L’omissione di ogni cautela da parte del datore di lavoro rende quest’ultimo responsabile in via esclusiva dell’infortunio e non può esservi spazio per un concorso di colpa del lavoratore, anche se anziano ed “esperto”"

fonte Nicola Pignatelli, avvocato in Barletta / Sicurezza sul lavoro

09/03/2014 -

In una causa instaurata in sede civile nei confronti di un datore di lavoro per il risarcimento dei danni subiti a seguito di gravi lesioni riportate da un lavoratore, il Tribunale confermava la piena responsabilità del datore di lavoro, ma la Corte di Appello individuava un concorso di colpa del lavoratore del 30%, poiché quest’ultimo, essendo il lavoratore più esperto “con mansioni di coordinatore degli altri operai”, avrebbe dovuto: 1) prima di salire sul ponteggio, procedere al corretto ancoraggio delle tavole alla struttura; 2) servirsi della scala fornitagli dal datore di lavoro; 3) farsi coadiuvare dagli altri operai nell’esecuzione dei lavori in oggetto visto che si svolgevano all’altezza di sei metri.

In particolare, per quanto attiene all’evento dannoso, questo si era verificato mentre il lavoratore era intento alla realizzazione di un ponteggio per il rifacimento dell’intonaco sottostante ad un viadotto autostradale ed è rimasto accertato che: 1) il lavoratore (caduto da un altezza di ca. 6 metri) non fece uso delle cinture di sicurezza perchè quelle in dotazione, essendo munite di una catena di soli cm. 60, erano inidonee allo svolgimento del lavoro di montaggio del ponteggio, che stava eseguendo; 2) le tavole costituenti il piano di calpestio del ponteggio non erano fissate o comunque tenute ferme onde evitare la caduta del lavoratore; 3) tali tavole non erano in perfetto stato di conservazione; 4) i lavori di realizzazione del ponteggio venivano svolti, in assenza della prescritta vigilanza, dal solo dipendente infortunatosi, nonostante la precarietà delle strutture man mano montate e la pericolosità del lavoro dovuta anche all'altezza in cui veniva svolto.

Il datore di lavoro ha proposto ricorso innanzi alla Corte di Cassazione, sostenendo:

-- che i giudici del II grado avrebbero dovuto riconoscere la totale responsabilità (o comunque una maggiore percentuale di responsabilità) del lavoratore per l’infortunio del quale era rimasto vittima;

-- di aver fornito ai propri dipendenti tutti i presidi di sicurezza necessari per il tipo di lavorazione in oggetto;

-- che il lavoratore infortunato era un “caposquadra”, con maggiore esperienza di tutti gli altri lavoratori del cantiere, avendo nella sostanza la direzione esecutiva del cantiere e degli altri operai;

-- che, non essendovi alcuna responsabilità da addossare al datore di lavoro, la richiesta di rivalsa dell’INAIL non avrebbe dovuto trovare accoglimento.

La Corte di Cassazione (con una sentenza del febbraio 2014) ha respinto le argomentazioni difensive del datore di lavoro, riconoscendo la bontà della ricostruzione dei fatti operata dai giudici di I e II grado e ha puntualizzato quanto segue:

-- in caso di esecuzione di opere di montaggio o smontaggio delle impalcature trovano applicazione sia la norma generale che, in riferimento a qualsiasi opera che esponga i lavoratori a rischi di caduta dall’alto, impone l’utilizzazione della cintura di sicurezza debitamente agganciata qualora non sia possibile disporre di impalcati di protezione o parapetti, sia l’art. 2087 c.c., che impone l’adozione delle opportune misure antinfortunistiche in caso di situazioni non direttamente contemplate dalla normativa antinfortunistica, sia, infine, la norma che impone all’imprenditore o alla persona da lui nominata di provvedere alla diretta sorveglianza dei lavori di montaggio e smontaggio delle opere provvisionali e quindi di impedire, quale destinatario delle norme antinfortunistiche, che i lavoratori operino prima che siano stati predisposti adeguati sistemi per garantire la loro sicurezza;

-- le norme dettate in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro sono dirette a tutelare il lavoratore non solo dagli incidenti derivanti dalla sua disattenzione, ma anche da quelli ascrivibili ad imperizia, negligenza ed imprudenza dello stesso, con la conseguenza che il datore di lavoro è sempre responsabile dell’infortunio occorso al lavoratore, sia quando ometta di adottare le idonee misure protettive, sia quando non accerti e vigili che di queste misure venga fatto effettivamente uso da parte del dipendente, non potendo attribuirsi alcun effetto esimente, per l’imprenditore, all’eventuale concorso di colpa del lavoratore, la cui condotta può comportare l’esonero totale del medesimo imprenditore da ogni responsabilità solo quando presenti i caratteri dell’abnormità, inopinabilità ed esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo ed alle direttive ricevute, così da porsi come causa esclusiva dell’evento.

Orientatasi a riconoscere la esclusiva responsabilità del solo datore di lavoro (senza, quindi, alcun concorso di colpa del lavoratore), la Corte di Cassazione ha aggiunto che:

-- l’intero apparato normativo in materia di prevenzione degli infortuni prevede una distribuzione di responsabilità ripartita in via gerarchica tra datore di lavoro, dirigenti e preposti, figura, quest'ultima, che ricorre nel caso in cui il datore di lavoro, titolare di una attività aziendale complessa ed estesa, operi per deleghe secondo vari gradi di responsabilità, e che presuppone uno specifico addestramento a tale scopo, nonchè il riconoscimento, con mansioni di caposquadra, della direzione esecutiva di un gruppo di lavoratori e dei relativi poteri per l’attribuzione di compiti operativi;

-- essendo, tuttavia, il lavoratore infortunato del tutto privo della qualifica/qualità di “preposto” e della connessa direzione esecutiva dei lavoratori, questi non poteva sostituirsi al datore di lavoro nel dare disposizioni in merito all’ancoraggio delle tavole alla struttura ovvero allo svolgimento delle mansioni impartitegli con la collaborazione degli altri operai (con la precisazione che non può essere considerato “preposto” l’operaio più anziano di una squadra, pur dotato di maggiore esperienza rispetto agli altri, ma privo di uno specifico addestramento al ruolo di capo squadra nonchè dei poteri di direzione esecutiva dei lavori della squadra stessa);

-- in conseguenza di questa attribuzione esclusiva di responsabilità in capo al datore di lavoro, la rivalsa dell’INAIL nei suoi confronti, non deve subire quell’abbattimento del 30% invece disposto dalla Corte di Appello.

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