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"Work stress: caratteristiche, indicatori di malessere e valutazione"
fonte www.puntosicuro.it / Sicurezza sul lavoro
12/05/2014 -
In relazione a “ Insieme per la prevenzione e la gestione dello stress lavoro correlati”, la nuova campagna “ Ambienti di lavoro sani e sicuri”
dedicata ai rischi psicosociali e promossa dall’Agenzia europea per la
sicurezza e la salute sul lavoro per il biennio 2014-2015, PuntoSicuro
si propone di presentare nei prossimi mesi ai propri lettori documenti,
modelli valutativi, spunti di riflessione sulla
gestione dello stress e dei rischi psicosociali.
Da diverso tempo è entrato in
vigore – come previsto dal D. Lgs. 81/2008 - l’obbligo per le aziende di
effettuare la
valutazione del rischio
stress lavoro-correlato, in linea con le indicazioni emanate nel novembre
2010 dalla Commissione
Consultiva permanente per la salute e sicurezza. Indicazioni che definiscono
un percorso metodologico che rappresenta
il livello minimo di attuazione dell’obbligo.
Inoltre l’Art. 32 del Testo Unico
stabilisce che tutti coloro che sono responsabili della sicurezza debbano
ricevere adeguata formazione in materia di stress
da lavoro.
Ed è per questo motivo che il
Dipartimento di Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria (AMPP) dell’ Istituto
Superiore di Sanità (ISS) ha svolto dal 20 al 22 giugno 2011 un corso di
formazione dal titolo “
Gestione del
personale, qualità della vita di lavoro e stress lavoro-correlato”, corso a
cura di Felice Paolo Arcuri (Società di Studi Socio-economici e Organizzativi
S3 Opus, Roma) e Silvana Caciolli (Dipartimento di Ambiente e Connessa
Prevenzione Primaria, Istituto Superiore di Sanità, Roma).
Gli interventi formativi del
corso sono stati poi raccolti nel
Rapporto
Istisan 12/19 e pubblicati nel 2012.
Ci soffermiamo oggi su uno degli
interventi presenti nel rapporto dal titolo “
Gestione dello stress organizzativo” e a cura di Cinzia Ciacia
(Società di Studi Socio-economici e Organizzativi S3 Opus, Roma; Facoltà di
Medicina, Università Tor Vergata, Roma).
L’intervento sottolinea che lo stress
odierno è “causato da un contesto che sta cambiamento e che genera
un’incertezza continua. A differenza che in passato, quando per i nostri
antenati era legato ad una reale minaccia per la sopravvivenza, lo stress è
oggi conseguenza delle situazioni nuove, imprevedibili, che ci troviamo ad
affrontare e che ci mandano in crisi”.
E basta pensare ai continui e
notevoli mutamenti che riguardano il mondo del lavoro per capire l’importanza
di porre al centro dell’attenzione lo stress lavorativo
che, “nei paesi maggiormente industrializzati, rappresenta oggi uno dei
principali problemi sanitari correlati al lavoro”.
E lo stress “viene ormai
affrontato
a livello di organizzazione
del lavoro, implementando programmi che privilegiano l’eliminazione delle
sue cause piuttosto che il trattamento delle sue conseguenze”.
Il
work stress, lo stress lavorativo è definito dal NIOSH (National
Institute of Occupational and Safety Health) come l’insieme di
reazioni fisiche ed emotive dannose che si
manifesta quando le richieste poste dal lavoro non sono commisurate alle
capacità, risorse o esigenze del lavoratore. E il work stress
può influire negativamente sulle condizioni
di salute e provocare perfino infortuni. La Commissione Europea definisce
inoltre lo stress come
insieme di
reazioni emotive, cognitive, comportamentali e fisiologiche ad aspetti avversi
e nocivi del contenuto del lavoro, dell’organizzazione del lavoro e
dell’ambiente del lavoro.
L’intervento ricorda che nelle
prospettive di ricerca sul work stress
è “stata da sempre data importanza alle
caratteristiche
della personalità degli individui – intesa come la più o meno stabile e
durevole organizzazione del carattere, del temperamento, dell’intelletto e del
fisico di una persona, che determina il suo adattamento totale all’ambiente –
le quali possono facilitare o inibire gli effetti negativi dello stress”.
E per indicare la capacità di
“instaurare efficaci meccanismi di difesa dallo stress viene utilizzato il
termine
coping, che significa protezione o adattamento agli stimoli”.
Dove il
coping può essere definito come un “insieme di pensieri e azioni
soggettive per fronteggiare le situazioni di pericolo e può essere focalizzato
sull’evento o sull’emozione che ne deriva. Se la strategia di coping è efficace
il processo
stressogeno viene interrotto e non determina patologie correlate”.
E la teoria socio cognitiva della
Human agency di Albert Bandura dimostra, “attraverso numerosi studi effettuati
sullo stress lavorativo, sia a livello individuale che a livello di gruppo, che
gli individui con un alto livello di autoefficacia (
self-efficacy) in
situazioni di stress tendono a concentrarsi sul problema, sicuri di poter
intervenire per risolverlo, mentre coloro che hanno un basso livello di
autoefficacia si fanno influenzare soprattutto dalle emozioni anziché reagire
agli
stressor che hanno determinato
il problema”.
Invitandovi alla lettura completa
dell’intervento, ci soffermiamo sugli
indicatori
di malessere.
Se lo stress da lavoro è spesso
legato a monotonia, impossibilità di determinare il proprio ritmo di lavoro,
ritmi e durata dell’impegno, mancanza di sostegno, questi sono alcuni
indicatori di malessere che devono far
scattare l’allarme circa le condizioni di salute:
- “insofferenza nell’andare a
lavoro/assenteismo;
- disinteresse per il
lavoro/desiderio di cambiare lavoro;
- alto livello di pettegolezzo;
- risentimento per
l’organizzazione;
- aggressività inabituale e
nervosismo;
- disturbi psicosomatici;
- sentimento di
inutilità/irrilevanza;
- sentimento di disconoscimento;
- lentezza nella performance;
- confusione organizzativa in
termini di ruoli, compiti, ecc.;
- venire meno della propositività
a livello cognitivo;
- aderenza formale alle regole e
anaffettività lavorativa”.
Concludiamo dando brevi
informazioni relativi ad un sistema messo a punto da S3 Opus per la
valutazione e gestione dello stress.
Il
modello SVS - Sistema Valutazione Stress - individua, quali
“fattori di rischio psicosociale o organizzativo:
- le caratteristiche del lavoro
(complessità del lavoro; carico di
lavoro, tempi e ritmi di lavoro; autonomia e controllo del lavoro);
- la sicurezza e il comfort;
- i fattori socio-organizzativi
(gestione risorse umane; sicurezza posto di lavoro; comunicazione);
- i fattori relazionali (clima
organizzativo; relazioni interpersonali con i colleghi; relazioni
interpersonali con i capi);
- la conciliazione vita-lavoro”.
Inoltre il modello individua nel
contenuto, nell’organizzazione e nell’ambiente di lavoro le principali fonti di
stressor lavorativo.
Più in dettaglio “si distinguono
i seguenti
fattori dello stress
lavorativo:
- aspetti temporali del lavoro;
- contenuto del lavoro;
- rapporti interpersonali nel
gruppo di lavoro;
- rapporti interpersonali con i supervisori;
- condizioni
dell’organizzazione”.
E in questo modello causa-effetto
il
clima di lavoro - l’insieme delle
opinioni, delle percezioni, dei sentimenti dei membri di un’organizzazione, che
colgono la qualità dell’ambiente di gruppo, la sua atmosfera – è individuato
come uno dei principali fattori di stress lavorativo. Infatti il comportamento
dei singoli è fortemente condizionato dall’ambiente di lavoro e dal clima
emotivo che si sviluppa al suo interno.
Nel modello SVS il
benessere organizzativo “è inteso come
la capacità di un’organizzazione di promuovere e di mantenere il più alto grado
di benessere fisico e psicologico dei lavoratori e costruire ambienti di
lavoro che contribuiscano a migliorare la qualità della vita dei lavoratori
(benessere psico-sociale). L’organizzazione in salute non considera solo la
propria capacità di lavorare efficacemente ma anche le proprie abilità di
crescere e svilupparsi. L’ambiente di lavoro e le relazioni interpersonali
rappresentano infatti le principali variabili in gioco per la salute
organizzativa”.
E infine in questo modello
riveste grande importanza la presenza di un “
servizio di consulenza aziendale in grado di supportare le
organizzazioni nella risoluzione e gestione dei problemi lavorativi”. Un
servizio che miri “alla promozione del benessere delle organizzazioni,
valorizzando le capacità individuali e indirizzando le energie e le motivazioni
dei singoli verso sviluppi coerenti con le esigenze dell’azienda e del
mercato”.
L’
indice del Rapporto ISTISAN 12/19:
Premessa
Gestione dello stress
organizzativo -
Cinzia Ciacia
Valutazione dello stress
lavoro-correlato: modelli teorici e riflessioni sulla norma vigente -
Lucilla Livigni, Andrea Magrini, Carmela
Monteleone, Antonio Bergamaschi
Un modello operativo per la
valutazione dello stress lavoro-correlato, Felice Paolo Arcuri
Un termometro per misurare la
febbre nelle organizzazioni -
Paolo
Gentile
Un modello di ricerca-intervento
per la valutazione dei rischi psicosociali presso l’Azienda Sanitaria Locale di
Lecce -
Emilio De Pascali, Simona Cera
Il medico competente e la
prevenzione del rischio stress lavoro-correlato -
Angelo Sacco
Problematiche inerenti i
lavoratori ad alta scolarizzazione con disabilità in realtà organizzative
complesse -
Giuseppe Di Loreto, Gloria
Felicioli
Normativa in materia di rischi
psicosociali e sua genesi in rapporto alle figure di danno biologico e di danno
esistenziale -
Claudio Venturato
La strategia dell’Istituto
Superiore di Sanità per la prevenzione del rischio stress lavoro-correlato -
Maurizio Pasquali, Francesca La Rosa
Istituto Superiore di Sanità, “ Rapporto
ISTISAN 12/19 – atti del corso “Gestione del personale, qualità della vita di
lavoro e stress lavoro-correlato”, a cura di Felice Paolo Arcuri (Società
di Studi Socio-economici e Organizzativi S3 Opus, Roma) e Silvana Caciolli
(Dipartimento di Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria, Istituto Superiore
di Sanità, Roma), Roma, 20-22 giugno 2011 (formato PDF, 1.96 MB).
Tiziano Menduto
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