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"Grande distribuzione: prevenzione delle malattie muscolo scheletriche"
fonte www.puntosicuro.it / Salute
12/05/2014 - In questi ultimi anni i Servizi di Prevenzione e Sicurezza
Ambienti di Lavoro (SPSAL) dell’Emilia Romagna hanno rilevato che nelle
strutture della
grande distribuzione organizzata (GDO), site nel territorio regionale, c’è un’incompleta applicazione delle
misure ergonomiche disponibili per
la progettazione dei posti di lavoro e dell’organizzazione del lavoro.
In conseguenza di ciò si assiste a una presenza significativa di
rischi di sovraccarico biomeccanico dell’apparato muscolo scheletrico, dovuti alla movimentazione manuale di carichi ed ai movimenti ripetitivi degli arti superiori.
Per promuovere una più efficace azione preventiva sul territorio
regionale sono state redatte linee d’indirizzo e organizzati convegni e
seminari per fornire un contributo al miglioramento delle misure di
tutela della salute e sicurezza dei lavoratori attualmente adottate.
Uno di questi convegni si
intitola “
Piano regionale della
prevenzione - Grande distribuzione organizzata e prevenzione delle malattie
muscoloscheletriche - Linee operative per la vigilanza” e si è tenuto a
Bologna il 26 settembre 2013.
Dal convegno, i cui atti sono
stati pubblicati sul sito della Società Nazionale degli Operatori della
Prevenzione ( SNOP),
riprendiamo la relazione introduttiva, a cura di Villiam Alberghini ( Ausl Bologna), dal
titolo “
Grande distribuzione organizzata
e prevenzione delle malattie muscolo scheletriche”.
La relazione ricorda innanzitutto
che le malattie muscolo-scheletriche correlate al lavoro “sono attualmente
quelle più denunciate, con una distribuzione trasversale a diversi settori e
comparti lavorativi”.
Vengono presentati, a questo
proposito, diversi dati relativi alle malattie professionali in Emilia Romagna
da cui emerge la
rilevanza delle
malattie muscolo scheletriche: “un quadro epidemiologico che non sorprende,
perché il principio base dell’ergonomia secondo il quale è il lavoro che deve
essere adattato all’uomo, e non il contrario, non è ancora passato”.
Se la normativa italiana da anni
detta regole esplicite sulla
progettazione
ergonomica, in realtà “persistono concezioni arcaiche del lavoro. C’è
ancora ad esempio chi ritiene che lavoro sia sinonimo di fatica e che questa a
sua volta sia la sola condizione che legittima il salario. C’è chi ritiene che
sia inopportuno consentire di sedersi, anche se lo svolgimento della mansione
lo consente, perché non è conforme ad un’immagine di operosità”.
E d’altronde anche le più recenti
trasformazioni dei cicli lavorativi “non nascondono tali concezioni, perché
dove con la tecnologia si riduce il carico fisico, viene spesso incrementato
quello mentale, per saturare tutti gli interstizi del tempo-lavoro”.
In relazione ai dati
epidemiologici e le criticità rilevate nell’attività di vigilanza, la Regione Emilia
Romagna ha inserito “il tema della
prevenzione
delle patologie muscolo scheletriche (PPMS) correlate al lavoro tra i
progetti del
Piano Regionale della
Prevenzione (PRP) 2010-2012, al fine di incrementare e rendere organica
l’azione preventiva”. E l’obiettivo del progetto PPMS è il “miglioramento delle
condizioni tecnico-organizzative riguardanti la movimentazione
dei carichi, i movimenti ripetitivi e le posture
di lavoro nei comparti a maggior rischio, con azioni mirate a promuovere
nelle imprese coinvolte l'eliminazione dei rischi o la loro riduzione al
minimo”. E a tal fine, da gennaio 2011 ad oggi, sono state controllate quasi
1000 aziende, tra le quali ci sono anche quelle della GDO.
Dal controllo è emerso che
“nessun processo lavorativo è apparso essere stato progettato all’origine anche
ai fini ergonomici” e la carenza o
assenza
di progettazione all’origine “riguarda elementi strutturali e
organizzativi: gli edifici, il lay-out, gli impianti, le attrezzature, gli
stoccaggi e l’organizzazione”. Questa è la conferma “del ritardo culturale sul
tema, dal quale consegue che dove vengono fatti interventi per affrontare problemi
ergonomici si tratta in genere di modifiche di situazioni nate disergonomiche”.
E “aggiustare qualcosa che è nato male, non sempre è possibile, spesso è
difficile, ma ciò non consente di giustificare totalmente l’approccio ai
problemi esistenti che abbiamo rilevato in diverse situazioni”.
Inoltre i documenti di valutazione
dei rischi “fotografano poco la realtà, mostrano una conoscenza
superficiale delle problematiche da parte di chi li redige e, anche per tale
ragione, non contengono i programmi di miglioramento. Conoscenza e approccio
superficiali che eufemisticamente fanno pensare a problemi di comunicazione tra
RSPP, MC ed eventuale consulente e non lasciano dubbi sul mancato coinvolgimento
di lavoratori e loro rappresentanti (RLS), sia per l’analisi dei problemi, sia
per la ricerca delle soluzioni”.
Altri
problemi rilevati, anche nelle aziende della GDO:
- “nelle aziende multicentriche
la valutazione dei rischi ed il DVR non sono specifici per le realtà locali, ma
di tipo standard, con evidenti e frequenti incongruenze ed omissioni;
- nel DVR non vengono trattati
rischi importanti, che per altro avrebbero dovuto essere eliminati prima della
valutazione;
- dove c’è l’esternalizzazione di
attività rilevanti, queste non vengono considerate nella valutazione;
- non vengono considerate
operazioni occasionali che potrebbero determinare degli infortuni da sforzo;
- l’uso delle attrezzature è
organizzato con procedure non contestualizzate, formali e non sostanziali;
- anche i lay-out inappropriati o
gli spazi carenti ostacolano l’uso delle attrezzature, fino a renderle
inutilizzabili;
- la formazione ha un carattere
prevalentemente formale (per adempiere all’obbligo) e non crea una autentica
consapevolezza del rischio, non solo tra i lavoratori, ma anche tra i preposti
(nella GDO i capi negozio)”;
- “nella sorveglianza sanitaria
il medico
competente (MC) esprime giudizi di inidoneità (o limitazioni) per
lavoratori adibiti a lavorazioni inidonee, aggiungendo equivoco ad equivoco;
- il MC non verifica l’esito
dell’inserimento di lavoratori con limitazioni”.
Vi rimandiamo alla lettura
all’intervento riguardo ad alcuni
esempi
di azioni di miglioramento attivate (ad esempio azioni sui lay-out,
riprogettazione dei compiti, ridefinizione e adeguamento delle attrezzature ed
ausili, adeguamento della formazione, rifacimento della valutazione, ...) e
concludiamo con le indicazioni relative a
cosa
c’è ancora da fare:
- “sviluppare concretamente
l’ergonomia partecipata;
- migliorare l’ efficacia della
valutazione (strumenti, specificità);
- in particolare per la GDO,
coniugare le esigenze del cliente con quelle del lavoratore;
- promuovere la ricerca e lo
sviluppo tecnologico;
- promuovere l’acquisizione dei
principi ergonomici anche da parte dei produttori, fornitori e costruttori,
curandone l’ interfaccia”.
“ Grande distribuzione organizzata e prevenzione delle malattie
muscolo scheletriche”, a cura di Villiam Alberghini (Ausl Bologna),
relazione introduttiva del convegno “Piano regionale della prevenzione - Grande
distribuzione organizzata e prevenzione delle malattie muscoloscheletriche -
Linee operative per la vigilanza” (formato PDF, 783 kB).
RTM
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