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"Imparare dagli errori: gli incidenti con i gas freon e halon "
fonte www.puntosicuro.it / Sicurezza Macchine ed Attrezzature
29/05/2014 - Il
freon e l’
halon corrispondono ad una famiglia di gas derivati dal metano e
dall'etano per sostituzione degli atomi di idrogeno con atomi di alogeni
(cloro, fluoro, bromo).
Sono gas incolori, senza odore o
con debole odore di etere, ininfiammabili, chimicamente stabili e, come abbiamo
visto in un recente puntata di “Imparare dagli errori” in relazione al gas argon,
senza alcuna azione tossica. Pur tuttavia, come l’argon, possono essere correlati
ad infortuni e incidenti in ambito lavorativo.
Per questo motivo rientrano a
pieno titolo nel viaggio di “ Imparare
dagli errori” sul rischio chimico, con particolare, ma non esclusivo,
riferimento alle sostanze inquinanti nei luoghi
di lavoro confinati.
Ricordiamo che la guida in questo
viaggio è costituita principalmente da un documento – relativo ad una campagna
di prevenzione del rischio chimico negli ambienti confinati promossa dall’ ULSS 5 dell’Ovest vicentino -
dal titolo “
La valutazione e la
prevenzione del rischio chimico negli ambienti confinati: un caso storico di
rischio chimico per la sicurezza” a cura di Lucio Ros (SPISAL ULSS 9),
Alberto Brocco (SPISAL ULSS 21), Celestino Piz (SPISAL ULSS 6) e Franco Zanin (SPISAL
ULSS 6).
Gli incidenti
Il documento riporta alcuni brevi
casi esemplificativi di incidenti con
il
freon.
Nel
primo caso “dopo avere eseguito la manutenzione periodica di una
unità di condizionamento collocata nell’interrato di un edificio”, due operatori
si allontanano per la pausa pranzo. “Al rientro per la conclusione dei lavori,
l’atmosfera dell’interrato risulta satura di vapori di Freon 22
(clorodifluorometano) a causa di una valvola difettosa. Un operatore sviene
cadendo al suolo, l’altro riesce a risalire le scale di accesso e a chiamare
soccorso in un vicino cantiere edile. Un muratore legato con una fune e in
apnea riesce a portare fuori anche il secondo operatore”.
Il
secondo caso riguarda un
macello
industriale. In alcuni locali “a temperatura controllata (13°C) e con sola
ventilazione artificiale, la rottura di un tubo del fluido refrigerante,
causata da un urto meccanico, provoca la fuoriuscita del freon e la formazione
di un atmosfera sottossigenata con la perdita di conoscenza di quattro addetti
alla pezzatura dei tacchini. Soccorsi tempestivamente si riprendono”.
Sempre riguardo al
freon possiamo fare riferimento alle
dinamiche e analisi presenti in INFOR.MO.,
strumento per l'analisi qualitativa dei casi di infortunio collegato al sistema di
sorveglianza degli infortuni mortali e gravi.
Un incidente, già presentato in
passato da PuntoSicuro con riferimento alle celle
frigorifere, è relativo ad un infortunio in ambienti confinati che ha
interessato il titolare di una
ditta di
manutenzione di impianti frigoriferi e suo figlio, dipendente della ditta.
L' impianto frigorifero è
composto da “3 compressori in serie, posti in un locale interrato di difficile
accesso e privo di qualsiasi ventilazione, di un supermercato”.
Il giorno dell'infortunio il
titolare inizia il lavoro (due compressori non funzionavano) aprendo i
collegamenti dei due compressori da cui fuoriesce “gas residuo (trattasi di gas
Freon R22 più pesante dell'aria)”, un’evenienza frequente.
Il titolare continua il lavoro
senza rendersi conto che l'aria sta diventando irrespirabile, nel frattempo il
figlio risale dal locale interrato perché accusa lievi disturbi.
“Non vedendo risalire il padre,
torna nel locale e lo trova privo di sensi, perdendo conoscenza a sua volta. I
due vengono estratti dai Vigili del Fuoco muniti di autorespiratore, ma mentre
il giovane si riprende prontamente senza conseguenze, il titolare muore senza
riprendere coscienza, dopo un'ora di rianimazione”.
Per l’attività non erano
disponibili DPI (maschere, autorespiratori).
Anche in questo caso le cause,
determinanti o peggiorative, sono diverse:
- il titolare “apre i
collegamenti dei due compressori”;
- il luogo di lavoro è un locale
interrato angusto e privo di areazione;
- mancano adeguati dispositivi
di protezione individuale.
Un altro incidente è stato invece
determinato dallo scoppio e dalla “proiezione di un elemento separatore
dell’olio e di parte delle tubazioni in rame ad esso collegate, facenti parte
del
circuito freon del gruppo
frigorifero denominato GF13. Il gruppo frigorifero GF13 viene utilizzato
per raffreddare l’aria ed è inserito sulla linea di produzione azoto gassoso
denominata HPN3 (High Purity Nitrogen)”.
L'esplosione si è verificata
alcuni minuti “dopo l'avviamento del gruppo frigorifero. L'avviamento è stato
effettuato dall'infortunato stesso coadiuvato da un collega. Il separatore
dell’olio che è scoppiato era già stato sostituito due volte perché non
recuperava l’olio che andava ad intasare l’evaporatore. Nella ultima
sostituzione (anno 2000) del recuperatore dell’olio sono state modificate le
tubazioni per adattarle alle dimensioni e alla posizione dei nuovi raccordi”.
La perizia ordinata dal magistrato “ha messo in evidenza che la causa
dell'esplosione è dovuta alla mancanza all'interno del compressore di una
valvola di sicurezza”.
Per parlare di
incidenti con l’halon, per lo meno in
relazione alla gestione della bombola, possiamo fare riferimento ad una
scheda, presente in rete, correlata al programma Safety
and Chemical Engineering Education (SAChE) ed elaborata dal Center
for Chemical Process Safety (CCPS).
Nel caso presentato nella scheda
“si stava ispezionando un
sistema di
protezione antincendio con halon (un agente antincendio gassoso liquefatto).
Come previsto dalla ispezione del sistema, due dipendenti stavano spostando una
bombola di halon per pesarla su una pesa portatile. La bombola è caduta e la
sua valvola superiore ha colpito una piattaforma di cemento. L’impatto della
valvola della bombola sul cemento ha danneggiato la filettatura della
connessione che sostiene la valvola sulla bombola ciò ha comportato il completo
distacco della valvola dalla bombola”. La combinazione della pressione e della
dimensione del foro della bombola “ha fatto sì che la bombola scaricasse
rapidamente il suo contenuto e che volasse in aria come un missile! E’ stata
trovata a circa 0,4 km, sopra un serbatoio e dopo aver oltrepassato due strade,
prima di colpire una recinzione. Fortunatamente non ci sono stati feriti né
danni significativi alle attrezzature e non si è verificata alcuna interruzione
della produzione”.
Le sostanze
Come già detto il freon e l’halon
sono gas derivati dal metano e dall'etano. Sono stati “sintetizzati a partire
dal 1931” e “proibiti dal 1990, se non negli usi per i quali non hanno
sostituti, in quanto responsabili del ‘buco nell'ozono’”.
Pur non tossici essendo più
pesanti dell'aria, “in caso di perdita e fughe tendono ad accumularsi negli
strati inferiori dell'aria e
possono
quindi causare asfissia per l'impoverimento del tenore di ossigeno che può
aver luogo nell'atmosfera. I freon hanno trovato largo impiego come fluidi
refrigeranti, come propellenti, come solventi o come espandenti; gli halon come
estinguenti nell’industria alimentare, chimica e nell’impiantistica frigorifera
e di condizionamento dell’aria”.
La prevenzione
Riguardo alla prevenzione
riprendiamo innanzitutto alcune indicazioni e suggerimenti tratti dalla scheda
del programma SAChE relativi alla gestione delle
bombole:
- “tutte le bombole di gas
compressi hanno il potenziale per diventare missili distruttivi;
-
“le bombole del sistema antincendio ed altre bombole ad alta portata
compresi i gas liquidi quali propilene richiedono attacchi più ampi rispetto
alle bombole della maggior parte dei gas compressi. a causa delle aperture più
ampie, queste bombole ad alta portata hanno un potenziale di spinta superiore a
quello delle bombole standard di gas compressi”;
- “segui le istruzioni per la
manipolazione sicura delle bombole per evitare che cadano ed utilizza, se
possibile, protezioni della valvola superiore, quando esse non sono in uso;
- sii consapevole di tutte le
bombole di gas compresso presenti nel tuo stabilimento che non hanno protezioni
della valvola e movimentale con particolare attenzione”.
Torniamo infine al documento “
La valutazione e la prevenzione del rischio
chimico negli ambienti confinati: un caso storico di rischio chimico per la
sicurezza”e riportiamo alcune brevi indicazioni sulla valutazione
del rischio e sulla prevenzione negli ambienti confinati.
Il punto di partenza di ogni
prevenzione è rappresentato dalla
consapevolezza
piena dei rischi che “può conseguire da una adeguata valutazione del
rischio che il datore di lavoro è tenuto ad effettuare prima di qualsiasi
intervento all’interno di un ambiente confinato”.
Infatti prevenire possibili
eventi dannosi per i lavoratori “significa innanzitutto saper riconoscere
l'esistenza di un pericolo” e prima di organizzare “una qualsivoglia attività
all'interno di un ambiente o locale, sia esso totalmente o parzialmente chiuso,
il datore di lavoro deve domandarsi:
- Lo spazio in questione è stato
progettato e costruito per essere occupato in modo continuativo da persone?
- È dotato di accessi/uscite di
larghezza e conformazione adeguate al passaggio di persone?
- È assicurato un normale
ricambio naturale d'aria?
- È possibile escludere con
certezza la presenza e/o la formazione di gas pericolosi?
Anche una sola risposta negativa
fa capire che siamo di fronte ad un luogo di lavoro con caratteristiche
peculiari, in cui possono verificarsi condizioni estremamente pericolose per i
lavoratori. Pertanto, al fine di garantire l’esecuzione in sicurezza degli
interventi previsti, occorre procedere su un secondo livello di analisi, più
specifico e preciso”.
Il documento sottolinea che
questo
controllo preliminare deve
essere “effettuato sul posto, prendendo in considerazione anche la situazione
lavorativa ed impiantistica limitrofa (condutture di gas, depositi di sostanze
chimiche, stoccaggi di materiale organico, ecc…)”.
Se il datore di lavoro è tenuto
in via prioritaria ad eliminare il rischio, “deve verificare se gli interventi
di manutenzione, riparazione, controllo degli spazi confinati con atmosfera
potenzialmente pericolosa, possano essere realizzati senza dover entrare negli
spazi medesimi.
Un approccio differente, anche
nella progettazione a monte dal punto di vista strutturale, e una migliore
pianificazione delle attività possono ridurre/eliminare la necessità di lavorare
all’interno di uno spazio confinato”.
Ad esempio quest’ultimo obiettivo
può essere perseguito tramite:
- “progettazione o modifica di
uno spazio confinato in modo che
non sia necessario entrarci;
-
effettuazione dell’attività o del processo fuori dello spazio per
esempio eseguendo la misura o la lettura portando fuori gli strumenti, il
quadro, ecc.;
- uso di utensili con prolunghe
per recuperare oggetti caduti all'interno dell'ambiente confinato o per
attivare dispositivi;
- la collocazione delle aperture
lateralmente e alla sommità per la pulizia periodica delle pareti; - uso di
vibratori interni per ridurre il costipamento e eliminare ‘ponti’ o
incrostazioni all’interno dei silos di materiali di pezzatura minuta
(granaglie, sabbia, ghiaia, ecc...);
- impiego di telecamere per
l'ispezione di condotte, cavità, cunicoli, ecc.;
- apposite attrezzature e
utensili per l'effettuazione di pulizia, ispezione e campionamento
dall'esterno.
In presenza di alternative
praticabili esse devono essere prioritariamente attuate; l’ambiente confinato
andrà comunque segnalato e dovrà esserne vietato l’accesso”.
Nel caso invece in cui, a seguito
della valutazione preliminare, l’entrata in un ambiente confinato non può
essere evitata, “va condotto un adeguato approfondimento di
valutazione di tutti i rischi presenti
e deve essere già preventivata l’esigenza di sviluppare e predisporre:
- un piano di sicurezza scritto,
con misure, procedure, permessi di lavoro, istruzioni operative per eliminare o
ridurre i rischi;
- un piano di emergenza, con
azioni atte a mitigare gli effetti in caso di incidente/infortunio”.
Link relativo allo spazio web dell’ULSS 5 con i materiali per la prevenzione negli
ambienti confinati.
SAChE, “ La bombola di halon diventa un missile!”, giugno 2008 (formato
PDF, 129 kB).
Pagina introduttiva del sito web di
INFOR.MO.: nell’articolo abbiamo presentato le schede numero
303 e
378a (archivio incidenti 2002/2010).
Tiziano Menduto
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